pianisti di Eastwooc suonano e se ne vanno

pianisti di Eastwooc suonano e se ne vanno PRESENTATO AL FILMFESTIVAL DI TORINO «PIANO BLUES» pianisti di Eastwooc suonano e se ne vanno Glint: «Proprio come i pistoieros di un western, i grandi del jazz, Charles, Brubeck, Dr. John, Me Shann, Marcia Ball, entrano, si siedono alla tastiera, eseguono pezzi di successo ed escono» Alessandra Levantesi TORINO Un appuntamento molto particolare del FilmFestival è stata la presentazione di «Piano Blues», un film di Glint Eastwood finora uscito soltanto nelle scorse settimane sulla rete televisiva PBS e ora in vendita negli Stati Uniti in dvd. A differenza di altre manifestazioni cinematografiche, questa torinese dà ampio spazio ai film che non sono di fiction come documentari e inchieste, pescando nell'attualità e in cineteca. Vedi gli interessanti saggi del russo Aleksandr Sokurov, vedi certe prove ignorate di William Friedkin maestro del cinema Usa clamorosamente e doverosamente rivalutato («Il braccio violento deDa legge» è davvero un capolavoro). Vedi perfino certi reperti curiosi del cineasta greco Stavros Tomes, che mai in vita avrebbe pensato di poter essere oggetto di un omaggio tanto qualificato. Insomma c'è da scegliere nel vasto programma articolato sulle numerose sale del Lingotto dove spesso si è costretti a far la coda per entrare. Ultimo in ordine di uscita dei sette capitoli della serie «The Blues» prodotta da Martin Scorsese, che ne ha assegnato la realizzazione ad altrettanti cineasti (incluso se stesso), «Piano Blues» era tra i più attesi perché il settantatreenne Eastwood, attore e regista amatissimo dal pubblico dei cinefili, è nel pieno di una straordinaria estate di San Martino: basta vedere l'entusiasmo che va suscitando il suo «Mystic Biver», il quale pur ignorato dalla giuria di Cannes sta incassando molto bene anche da noi. Con soddisfazione dell'autore, sempre legato all'Italia dove assurse alla celebrità come pistolero senza nome nei film di Sergio Leone. Questo particolare è stato confermato dal produttore esecutivo Bruce Ricker, che Glint ha mandato al suo posto jer accompagnare il film. Riccer, che lavora da anni con il grande cineasta proprio alle colonne sonore, in primo luogo ha tenuto a precisare che, dopo aver preso atto di come intendevano svolgere il tema Scorsese e gli altri colleghi, Eastwood ha chiesto e ottenuto di fare una cosa molto libera e alla sua maniera. Sullo schermo appare subito il divo, con la sua bella faccia all'antica americana vestito casual in maglietta e scarpe da ginnastica. L'ambiente è uno stu¬ dio di registrazione e il padrone di casa, seduto al piano, accenna un motivo in attesa che entri il mitico Bay Charles, in nero ed elegantissimo. I due parlano da vecchi amici dell'influenza dei maestri del blues sulla loro formazione: si conoscono da molto tempo e, nati entrambi nel 1930, a dispetto di aver seguito strade diversissime condividono gli stessi gusti. Il musicista cieco è solo il primo di una schiera di artisti eccellenti (Dave Brubeck, Jay McShann, Dr. John, Pinetop Perkins, Pete Jolly, Marcia Ball) che siedono l'uno dopo l'altro alla tastiera accanto a Glint: per rievocare i grandi del passato, da Art Tatum a Duke Ellington, da Fats Domino a Oscar Peterson, da Count Basie a Nat King Gole (tutti presenti in rari brani molto faticosamente reperiti da Ricker), ma soprattutto per eseguire loro stessi dei fantastici assolo. Perché, secondo Glint, il blues e il jazz che ne è l'erede diretto (mentre il rock and roll sarebbe «un cugino di terzo o quarto grado») non hanno bisogno di tante spiegazioni: è la musica che parla da sé. E' chiaro che questa scelta radicale di regia fa di «Piano Blues» un film elitario, tuttavia per gli intenditori è una vera festa. Le esibizioni dal vivo e registrate si susseguono una più emozionante dell'altra (favoloso il duetto Brubeck/McShann) e, abile uomo di spettacolo qual è, Eastwood sa sottolineare con appropriati primi piani la passione e la gioia che si rispecchiano nei volti dei suoi ospiti mentre suonano. Sì, il blues è davvero «la musica dell'anima»; ed è pure, insieme al genere western, l'unico autentico caposaldo della cultura americana. A questo proposito Glint afferma di aver concepito «Piano Blues» proprio sul modello di un western di John Ford dove i gunfighters arrivano, sparano e ripartono. Non serve nient'altro. unpoa tloteinlintepeunnecodedeniriatununseanflcoddoBCdTpU Glint Eastwood incontra i grandi del jazz e del blues di tutti i tempi

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