Davanti alle bare una nuova unità nazionale

Davanti alle bare una nuova unità nazionale I protagonisti di tante risse della Seconda Repubblica fianco a fianco in rispettoso atteggiamento E, al di là delle divisioni, finalmente si parlano: a bassa voce, come si conviene a una cerimonia funebre Davanti alle bare una nuova unità nazionale Niente polemiche, soltanto solidarietà reportage Pierluigi Battista ROMA LA scritta scolpita sul muro, in alto, ha necessariamente un che di bellicoso, perfettamente consono altro, al carattere del luc^ 'Altare della Patria, simbolo aell'Itaha unita e sepolcro del Milite Ignoto. La scritta, in latino, recita: «Italiae hmina sacra armis restituta». Ma nell'atrio in cui compare quella scritta, la mesta cerimonia funebre, in attesa del presidente Ciampi oramai in arrivo, sancisce simbolicamente il sopraggiungere di una tregua nell'universo rissoso della politica italiana, la Seconda Repubblica al gran completo che sussurra parole di pace, smorza i toni quando ancora le telecamere sono spente, celebra un momento (effimero?) di unità mentre a pochi metri di lì, giusto la distanza di una rampa di scale, sulla parte sinistra del Vittoriano, la camera ardente accoghe in silenzio i parenti delle vittime del terrorismo in Iraq. La Seconda Repubblica, proprio sotto la scritta in latino, è disposta a semicerchio secondo un ordine militarmente dettato dal cerimoniale. Sono tutti in piedi, vestiti di scuro, i volti affranti. In senso orario, c'è Marcello Pera, accanto a lui Pierferdinando Casini, a fianco di Silvio Berlusconi che è vicino a Gianfranco Fini e poi, come se l'accordo fosse quello di distribuire i posti secondo un criterio decrescente di voti parlamentari, Sandro Rondi gomito a gomito con Massimo D'Alema, Piero Fassino, Francesco Rutelli, Ignazio La Russa, Umberto Bossi, Marco FoUini, Fausto Bertinotti, Enrico Boselli, Armando Cossutta, Alfonso Pecoraro Scanio, Clemente Mastella, e poi Francesco Storace, governatore del Lazio, Paolo Bonaiuti, Giorgio La Malfa, Maurizio Gasparri, Gianni Letta, Gianni De Michehs, Antonio Di Pietro, il presidente della Provincia romana Enrico Gasbarra e il sindaco di Roma Walter Veltroni. La novità è che in quella scena, aspettando Ciampi e la signora Franca, i vari pezzi della Seconda Repubblica, che ordinariamente si guardano in cagnesco, strepitano, litigano, si man- dano messaggi aggressivi, appaiono divisi, spaccati, dilaniati, quei vari pezzi, straordinariamente come è straordinario il momento che sta vivendo in quel preciso istante l'Italia, si parlano tra eh loro. A bassa voce, come si conviene a una cerimonia funebre, ma si parlano. Si parlano Marco Follini e Umberto Bossi, che il protocollo beffardo ha collocato l'uno accanto ah'altro proprio in un momento in cui l'Udo e la Lega sembrano giocare alla reciproca distruzione. FoUini parla anche con Bertinotti, a sua volta diviso da Cossutta da Boselli. Non si parlano, ma se ne stanno fianco a fianco in rispettoso e silenzioso atteggiamento Sandro Bondi e Massimo D'Alema. Si parlano, sia pur brevemente, Berlusconi e Casini, che le cronache e le indiscrezioni indicano un po' in freddo, negli ultimi tempi. Persino De Miche¬ hs e Di Pietro, che in circostanze meno solenni, avrebbero da scambiarsi argomenti non proprio improntati alla pacificazione degh animi, sembrano avvolti, uno a pochi centimetri daU'altro, nel vapore virtuoso della tregua. Se non fosse per la massiccia presenza di un numero elevatissimo di generali di ogni arma e specialità che attende il presidente della Repubblica, quel vestibolo sormontato da ima scritta patriottica e irredentista potrebbe sembrare la scena ideale per la photo-opportunity di una Seconda Repubblica immortalata in un raro momento di pace. Ma poi arriva Ciampi, il tempo di muoversi al suo seguito secondo l'ordine istituzionale imposto dall'etichetta. Di là ci sono le bare, i parenti in lacrime ma composti, le telecamere. E la ritrovata unità nazionale, davanti ai resti di itahani caduti in missione mentre la folla, per strada, si incolonna silenziosa, sancisce la tregua nelle risse quotidiane che tormentano la politica consueta. Non durerà, certo che non durerà. Ma fa una certa impressione constatare che, forse soltanto per pochi minuti, gli angoh appaiono smussati, gli spigoh attutiti, i diverbi appianati. Sarà per la presenza di tanti soldati intabarrati nella divisa dei momenti solenni, di parenti addolorati. Sarà per le tantissime corone di fiori, l'atmosfera satura di commozione, la tragica e ragionevole consapevolezza che con la morte non si scherza, fatto sta che la Seconda Repubblica sembra materializzarsi, nel tempo concentrato di una manciata di minuti, in comportamenti insoliti e imprevisti. Sarà per l'angoscia che trasfigura anche i dettagh più insignificanti, ma i pohti- ci itahani appaiono addirittura composti e discreti. Gasparri e Storace, per esempio, incarnano due anime di Alleanza nazionale che non si sono mai molto amate. Eppure fanno il loro ingresso dal lato sinistro dell'Altare della Patria come se i loro rapporti fossero miracolosamente appianati. All'uscita, arrivano insieme, non fisicamente a braccetto beninteso, ma come se fossero amici carissimi e di lunga data Mastella e Bossi. Confabulano distesi, non c'è Nord e non c'è Sud che tenga. E Bossi, come preso da un gesto per lui assolutamente atipico di cordialità per Roma e per i romani, decide di farsi una breve passeggiata a Tidoseo delle transenne che contengono la fila già interminabile di romani in attesa di raggiungere la camera ardente. (Solo curiosità, nemmeno un fischio o un'imprecazione contro il fustigatore di «Roma ladrona». Saranno stati contagiati dal clima di union sacreé che regna in questa giornata di lutto? Addirittura i pohtici che escono sulla piazza dopo aver reso omaggio alle salme dei militari caduti in Iraq, davanti a microfoni e telecamere non sono prodighi di dichiarazioni torrenziali, come è loro consuetudine. Sembrano addirittura parchi di parole, si limitano a qualche frase di circostanza o poco di più. C'è Fausto Bertinotti, per dire, che elogia sottovoce la «compostezza» dei parenti delle vittime che non hanno mostrato risentimento o rabbia contro lo Stato nel cui nome i loro figli o i loro mariti sono andati a morire. E Di Pietro non è in imbarazzo quando esce con De Michehs. E Cossutta evita di tuonare contro la «guerra coloniale». E La Russa e Veltroni, separatamente ma uniti neUe finalità, esortano romani e itahani a esporre il tricolore dai loro balconi e dalle loro finestre. E Gianni Letta saluta tutti con la consueta cordialità. La cerimonia, quella dove la politica si presenta in forze, finisce e la camera ardente diventa meta della gente comune che arriva a Piazza Venezia a frotte. Se la tregua non finisce è solo perché è la vigilia del grande funerale. Ma oggi è il giorno in cui l'imita nazionale celebra se stessa nella rappresentazione (un po' sacra e un po' profana) deh'armonia ritrovata e della concordia patriottica. Le insegne della Seconda Repubblica sono listate a lutto. Dimenticati i contrasti Uno accanto all'altro Bondi e D'Alema, Di Pietro e De Michelis Anche la sinistra evita critiche all'intervento in Iraq. Bertinotti si limita a elogiare sottovoce la «compostezza» dei parenti delle vittime che non hanno mostrato risentimento o rabbia contro lo Stato Bossi esce confabulando con Mastella: i contrasti Nord-Sud sono dimenticati Hìeaderdella Lega poi decide di farsi una breve passeggiata a ridosso delle transenne che contengono la fila già interminabile di romani in attesa: neppure un fischio o un'imprecazione contro il fustigatore di «Roma ladrona» Il sindaco dì Roma Walter Veltroni all'arrivo al Vittoriano I presidente del Consiglio Silvio Berlusconi Il presidente del Ds Massimo D'Alema Il leader della Margherita Francesco Rutelli Il leader della Lega Nord Umberto Bossi