«Ma adesso lasciateci tranquilli»

«Ma adesso lasciateci tranquilli» «Ma adesso lasciateci tranquilli» Madri e vedove: giusto far vedere tutto, però basta con foto e tv Mara Montanari ROMA Mentre parla, il signor Trincone, alza gh occhi dalla bara. Racconta e, per un attimo, si rivede davanti il suo Alfonso. E' ancora piccolo, con la tunichetta bianca da chierichetto. Il prete della parrocchia di San Gennaro alla Solfatara, a Pozzuoli, gh regge il microfono e Alfonso dice: «Preghiamo». Se lo rivede davanti bambino, quando era il «grande» di casa, il primogenito maschio, e il signor Trincone accenna un sorriso a quel ricordo eoa dolce. Poi, gh occhi tornano al tricolore che avvolge la bara, alle altre due fighe che piangono chine sul feretro del fratello Alfonso, morto nell'attentato di Nassiriya. Aveva 44 anni ed era specializzato nell'individuare la presenza di materiali radioattivi. Allora il ricordo svanisce. C'è la realtà nella sua evidenza crudele. E il signor Trincone abbassa il capo candido e si copre il volto e gh occhi con le mani. I cittadini che vengono a rendere omaggio alle salme osservano al di là del cordone rosso che li separa dalle bare e dai parenti. Sguardi partecipi, commossi, discreti. Una signora allunga una mano sulla spalla scossa dai singhiozzi del signor Trincone. «Si faccia...». Coraggio, voleva dire la signora. Ma le parole le muoiono in bocca. Dietro di lei, c'è Carlo Taormina di Forza Italia: «Mamma mia. che roba», commenta tra sé e sé. Miriam, la giovane vedova Ghione, ha i capelli con i riflessi ramati. L'elastico con cui li tiene legati, si è allentato e alcune ciocche gh cadono, scomposte, sul legno della bara su cui poggia il capo. Sono ore che sta così. Abbraccia il feretro, seduta in ginocchio, per terra. Tiene la testa appoggiata di lato, sul legno, e con ima mano continua ad accarezzare la bara. Ancora e ancora. Con delicatezza, come fosse il volto di suo marito Daniele Ghione, maresciallo dei carabinieri. «Poverina», commenta una giovane donna in divisa. Il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, rallenta il passo nel! a drammatica passarella davanti alle salme. Osserva muto, raggelato la vedova Ghione e prosegue. La moglie del generale Ficuciello chiede a un prete di essere accompagnata fuori per un attimo. «E' giusto che la gente veda tutto questo, ma non ce la faccio più a vedere telecamere che filmano, fotografi che scattano». Il marito, il generale Ficuciello, resta in piedi al suo posto. Basta appoggiato alla spalliera della sedia, di fronte alla bara del figho Massimiliano, tenente dell'Esercito e analista finanziario con una specializzazione alla London School of Economics. «Cosa mi ha detto il presidente Ciampi? Ci ha fatto coraggio. La sua presenza per me è stata un grande conforto». Il generale si mette sull'attenti. Bisponde al saluto di un gruppo di ufficiah dell'Esercito. Battere di tacchi nel frusciare deUe sottane di preti qhe si muovono leggeri tra i parenti da confortare. Il ministro Bocco Buttiglione sfila lento, con le mani giunte, senza indugiare troppo sui volti dei famihari. Lancia sguardi discreti e accenna sobri saluti con beve cenno del capo. «Un dottore, presto». Il medico militare con la barba e la valigetta pronta sotto braccio si fa strada tra la folla dei visitatori della camera ardente. Lo chiamano dalla famiglia del carabiniere scelto Andrea Filippa, 31 anni, nato a Tetti Francesi di Rivalta, frazione alle porte di Torino. La mamma del militare ha bisogno di aiuto. E' stesa a terra più bianca del manno della Sala delle Bandiere. Un cordone di carabinieri corre a farle da scudo, a coprire la privacy del dolore. H velo blu dei copricapo delle crocerossine svolazza tra le divise. «Un bicchiere d'acqua, presto». Si sente male anche la sorellina di Filippa. La portano fuori a prendere aria. Stringe tra le braccia un orsacchiotto vestito da carabiniere. Willer Bordon della Margherita si dirige anche lui, a passo veloce, verso la porta d'uscita. L'unica famiglia ad aver imposto il divieto alla telecamere e macchine fotografiche, è quella del maresciallo Filippo Merlino, 46 anni, originario di Sant'Arcangelo di Potenza, ma ormai da anni di casa a Viadana, in provincia di Mantova, sulle rive del Po. I parenti del maresciallo sono stretti da un cordone di carabinieri. Anche Fabio, il figho dodicenne di Filippo Merlino, che è venuto alla camera ardente con addosso il giubbotto del padre con la fascia rossa deUe Msu, le Unità Speciali Multinazionali. Fabio ha dodici anni ed è costretto su una sedia a rotelle da una grave malattia muscolare congenita. Quando è ormai mezzogiorno, il ragazzino chiede di andare via. «L'ho fatto accompagnare in albergo dallo zio. Non ce la faceva più a stare qui», dice la mamma. Ma prima di andare via, Fabio chiede che lo lascino per un istante a tu per tu davanti al grande pannello, proprio all'ingresso della camera ardente. Ci sono attaccate le foto delle vittime di Nassiriya. Fabio si ferma a guardare quella del suo papà, Filippo. Resta fermo, immobile per alcuni minuti. Molti cittadini, in coda per entrare, se ne accorgono. Quasi tutti si mettono a piangere. Il generale Ficuciello, in piedi, ringrazia il capo dello Stato: «Ha fatto coraggio a tutti noi» La commozione del piccolo Fabio, dodicenne su una sedia a rotelle, davanti all'immagine del papà

Luoghi citati: Mantova, Potenza, Pozzuoli, Rivalta, Roma, Sant'arcangelo, Torino, Viadana