Nei rapporti anche il nome deirìmam Bouchta di M. Mi.

Nei rapporti anche il nome deirìmam Bouchta Nei rapporti anche il nome deirìmam Bouchta «A Milano le menti dell'organizzazione, a Torino il braccio operativo» Un'organizzazione efficiente, quella di questi tour operator dellajihad. Bastava che un «fratello», contattato dagli Imam integralisti manifestasse il desiderio di partire per il fronte afghano, iracheno o ceceno e via, si va rapidi verso il sospirato «martirio». Magari, il centro di reclutamento poteva essere anche in moschea. Come quella di via Cottolengo dell'Imam Bouriqui Bouchta, coinvolto anche lui nell'indagine. Un lungo viag¬ gio attraverso un complesso percorso a zig-zag, tra gli stati arabi, superando i controlli degli aeroporti, mostrando documenti abilmente flasificati nelle stamperie clandestina disseminate ovunque. Da via Catania, sul lungodora, sino al fronte di Konduz, via Iran. Aerei, auto e camion. Sino ai bunker nascosti nelle montagne afghane. Gli inquirenti hanno ricostruito attimo dopo attimo il viaggio del muhajeddin Mohamed Aou¬ zar, 23 anni, marocchino di origine berbera, che per imbracciare il Kalashnikov, s'è lasciato alle spalle i genitori (papà operaio, mamma casalinga, due fratelli completamente estranei al fondamentalismo) e una vita tranquilla, divisa fra un bar-gastronomia e la moschea. Era un giorno del luglio 2001, quando all'alba - Mohamed si ritrovò in viale Jenner a Milano. Ad attenderlo c'erano altri giovani «arruolati». Due settimane dopo stavano già completando il primo ciclo di addestramento e spediti al fronte, contro le milizie dell'Alleanza. Di lui tutti perdono le tracce. In famiglia aveva detto che voleva iscriversi a una madrassa, un'università coranica: «Troppo care quelle marocchine, vado in Pakistan». I genitori ci avevano creduto. Nel frattempo i marines entrano a Kabul e il regime dei Talebani si dissolve. Mohamed, catturato a Konduz, finisce con altri centinaia di muhajeddin nell'inferno della fortezza di Mazar-i-sharif. Ferito, viene arrestato dai miliziani e consegnato ai soldati americani. Ultima destinazione, l'X-Ray Camp di Guantanamo. Nel febbraio 2002 inizia a scrivere lettere ai genitori. «Sto bene grazie ad Allah, scusatemi per quello che ho fatto, vi chiedo perdono». La famiglia si chiude nel silenzio e spera che, prima o poi, Mohamed se ne torni, libero e guarito, nel piccolo alloggio al primo piano di un'ex palazzina operaia, via Catania, Torino, Italy. Il viaggio di Mohamed è il filo d'arianna che seguono gli investigatori della Digos per ricostruire l'intera rete terroristiche. Da qui, le indagini si spostano e si allargano in altre città italiane. Ogni mese un passo in più, un nuovo corridoio di un labirinto per molti versi ancora sconosciuto, per ricostruire la nomenclature deir«esercito» dei seguaci di Osama bin Laden in Italia, con Torino a svolgere un ruolo di primissimo piano. E molte sorprese. Il ruolo ambiguo di elementi considerati moderati, oppure la sorprendente destinazione dei fondi raccolti da alcuni fra gli indagati nel corso delle collette in moschea. [m. mi.]

Persone citate: Osama Bin Laden

Luoghi citati: Italia, Kabul, Milano, Pakistan, Torino