E ora l'Europa deve intervenire

E ora l'Europa deve intervenire UN'ANALISI COMPLESSA E DOCUMENTATA CONTRO LA «DOTTRINA BUSH» E ora l'Europa deve intervenire Aldo Rizzo CI ERA una volta il bipolarismo simmetrico. Era quello della Guerra fredda. Da una parte gli Stati Uniti, dall'altra l'Unione Sovietica, con i rispettivi alleati. Il bipolarismo era simmetrico perché si fondava su un sostanziale equilibrio di potenza, i due poh, pur contrastandosi sulla scena mondiale, rispettavano certe regole comuni, prima fra tutte quella della sopravvivenza, la loro strategia, pur antagonistica, era tutto sommato prevedibile. Ora si delinea un bipolarismo asimmetrico, che vede da una parte la potenza vincitrice della Guerra fredda, con i suoi più stretti alleati, e dall'altra organizzazioni terroristiche trasversali di matrice islamica, spesso prive di un radicamento territoriale, con una strategia dichiaratamente offensiva e tuttavia imprevedibile nei tempi e nei modi, oltre che nei luoghi. Il pericolo, grave, è che il contrasto si radicalizzi e vada fuori controllo: l'ttasse del Male» contro il «Grande Satana», con i Paesi intermedi (quelli europei e quelli islamici moderati) co¬ stretti alla fine a schierarsi al di là delle loro intenzioni. Come scongiurare o attenuare tale pericolo? Questo è, in sintesi, il tema di un saggio di Luciano Violante, da oggi in libreria ( Un mondo asimmetrico. Europa, Stati Uniti, Islam, editore Einaudi, 168 pagine, 14 euro). Un libro in un certo senso sorprendente, perché di Violante, da anni uno dei protagonisti della politica italiana, si conoscevano altri interessi prioritari, e invece ecco un'analisi complessa a assai documentata.della realtà intemazionale (del resto sperimentata da vicino nei vari viaggi come presidente della Camera). Un'analisi di taglio anche polemico, ma di una polemica pacata, attenta alle ragioni contrarie. Per Violante, la vera svolta mondiale, dopo la fine della Guerra fredda e delle illusioni di un «nuovo ordine intemazionale», è la guerra all'Iraq, decisa dall'America di Bush fuori dall'Onu e dalla stessa Nato. E' la prova decisiva dell'unilateralismo dei neoconservatori che ispirano e condizionano la Casa Bianca. Dopo l'I! settembre, l'attacco al regime talebano di Kabul, che dava ospitalità ai terroristi di Al Qaeda, era condivisibile, non così l'occupazione di uno Stato sovrano, retto sì da un feroce dittatore, ma le cui connivenze col terrorismo e il cui possesso di armi di distruzione di massa non erano dimostrabih e non sono stati dimostrati. Violante contesta il principio della guerra preventiva e, più generalmente, il principio della «guerra» al terrorismo, dovendosi invece condurre una «lotta», che pur senza escludere in casi estremi l'uso della forza militare, deve mirare all'isolamento pohtico del terrorismo e alla rimozione delle sue cause sociali (anche se ammette che non c'è un rapporto automatico tra il fenomeno terroristico e la povertà o la disperazione sociale, essendo invece influente il senso di frustrazione politico-religiosa, legato a un lungo declino dell' Islam di fronte a un trionfante Occidente). E' un libro anti-Bush, ma non un libro antiamericano. Violante pensa che la democrazia americana, sempre forte al suo intemo, debba essere aiutata a ritrovare la strada di una strategia multilatera¬ le e di dialogo intemazionale, e che questo non possa essere fatto che dall'Europa, storico e necessario alleato. Un'Europa «potenza civile», nel senso di una maggiore propensione alle soluzioni politiche, anche come memoria della tragicità del suo passato, ma non per questo militarmente imbelle. Un'Europa capace di darsi un'unità effettiva e in conseguenza, una capacità di muoversi come «attore globale». Non in contrapposizione agli Stati Uniti, ma complementare ad/P^si, e 4*^,9 ad essi,, ppr esempio sviluppando la sua antica possibilità di parlare ai popoli del Mediterraneo e dell'Islam, per una maggiore comprensione e cooperazione reciproca, contro la prospettiva di uno «scontro globale». In quest'analisi, sempre molto razionale, manca forse una percezione adeguata di quello che ha rappresentato psicologicamente per tutti gli americani, conservatori o meno, lo shock dell'I 1 settembre. Ma è anche vero che a superare lo shock non servono reazioni controproducenti, come vediamo nel drammatico e asimmetrico «dopoguerra» iracheno.

Persone citate: Aldo Rizzo, Bush, Einaudi, Luciano Violante