I big del «made in Italy» alle grandi manovre di Ugo Bertone

I big del «made in Italy» alle grandi manovre PRADA RIPENSA ALLA QUOTAZIONE IN BORSA. VIA ALLA CORSA PER LA CONQUISTA DI VERSACE I big del «made in Italy» alle grandi manovre Il dopo Gucci riapre i giochi, il superdollaro rida fiato al settore Ugo Bertone Ma che cos'hanno i francesi che noi non abbiamo? «La capacità di accedere alle risorse finanziarie che li fanno grandi», risponde Patrizio Bertelli, il patron di Luna Rossa, anima assieme a Miuccia della maison Prada. Per lui, dopo due tentativi falliti per la tempesta sui mercati, sta per arrivare l'ora di salpare, nel 2004, verso la Borsa. I debiti del gruppo, finalmente, sembrano sulla via di tornare sotto controllo: grazie anche alla vendita di una quota del 550Zo di Church's al fondo Equinox («ma avremo ancora - assicura Bertelli - la maggioranza in consiglio») entro l'anno si scenderà dal miliardo abbondante di esposizione a 650 circa. E i profitti tornano a sahre, nonostante il fatturato nella prima parte dell'anno, causa Sars e guerra, abbia stentato non poco. Ci sono le premesse, insomma, per uno sbarco in Piazza Affari brillante come vuole Bertelh. Anche per questo l'uscita di scena dal palcoscenico Gucci del rivale Domenico De Sole non lo colpisce più di tanto. «Se Pinault ha deciso di fare a meno di quei due - si limita a dir e - avrà fatto i suoi conti...». Probabile, ma sono conti dav-,. vero salati, GUcci, infatti, secondo gli analisti, senza la coppia De Sole - Tom Ford perde all'incanto dal 15 al 200Zo del proprio valore, oltre a rischiare un pericoloso immobilismo fino alla prossima primavera. Diventa perciò impensabile che il prezzo del titolo tomi sopra il valore dell'Opa lanciata da Pinault (85,52 doDari) che perciò dovrà prepararsi a sborsare altri 2,5 miliardi (oltre ai 6 e rotti già pagati per arrivare vicino al 700Zo della maison fiorentina). «Non ci spaventa» ha detto il presidente di Ppr, Serge Weinberg. Spaventa il mercato, visto che Ppr ha bruciato solo martedì circa mezzo miliardo di capitalizzazione, più altri 200 abbondanti nella seduta successiva. «De Sole e Ford erano una delle mighori squadre del settore lusso - commenta Sagra Maceira de Bosen, analista di Jp Morgan - e il cambio al timone è ima perdita enorme per la società fiorentina». Ancor più drastica Claire Kent, la sacerdotessa della moda di Morgan Stanley. «Dopo le doppie dimissioni dell'amministratore delegato e del direttore creativo della società - osserva Claire Kent - abbiamo retrocesso Gucci da overweight a equal weight, abbassando in target price da 94 euro a 74 euro». Sono cifre che possono impressionare anche Frangois Pinault, uno degli uomini più ricchi di Francia, proprietario di grandi magazzini, della rete della Fnac, di assicurazioni ma anche di Yves Saint Laurent e di Gucci, le due griffe da cui intende partire per regolare i conti con il nemico di sempre, Bernard Arnault. E' un bretone testardo, fighe di contadini, che ha saputo costruire un impero collezionando sfide impossibili. E si è già mosso. pare, per colmare i vuoti lasciati dal divorzio. Si sono fatti tanti nomi, da Alexander Me Queen, talentuoso ma poco commerciale, fino a quello di Brian Blake, oggi responsabile della divisione orologi. Ma l'oggetto dei desideri era un altro: Rose Marie Bravo, figlia di banchiere, vulcano di idee e protagonista del boom di Burberry's. Ma il contratto che la lega con la griffe londinese è a prova di bomba. Perciò Pinault ha scelto Pamela Harper, ex ad di Hermes, braccio destro della Bravo. La stessa Harper, del resto, segue già le linee di accessori di Burberry's. E le scarpe, guarda caso, le fornisce proprio Gucci. Intanto i grandi del made in Italy noji piangono di fronte all'invasione della griffe francese. Anzi, la punizione che i grandi gestori hanno inflitto a Ppr («senza i due manager - sintetizza Jean Frank Dossin, anali sta di Goldman Sachs - per me le azioni di Gucci valgono 55 euro, ovvero circa un terzo in meno rispetto all'offerta di Ppr») ha dirottato un fiume di quattrini su altri titoli delle griffes. Brilla Luxottica, sale Bulgari, toma a risalire Tod's. Non è giusto, però, attribuire alle disavventure di monsieur Pinault la ripresa dei grandi del lusso. Dopo un semestre terribile, infatti, le «griffe» hanno potuto riprendere un cammino di crescita grazie alla ripresa economica del Giappone e dei consumi del Far East. Oggi; grafie ài bollettini della Federai Reserve, il testimone della crescita toma all'economia americana. Certo, i' turisti giapponesi non sono quelli di ima volta. Ma alla ripresa dello yen si aggiunge oggi quella, a sorpresa, del dollaro. Per questo motivo, nonostante la ripresa europea stenti ad arrivare e le ferite di questi anni di bassa congiuntura abbiano lasciato tracce profonde nei bilanci, l'orizzonte sembra meno agitato di pochi mesi fa. L'importante, ammoniscono gli esperti, e puntare su quei gruppi che hanno saputo sviluppare una strategia mondiale, sfruttando i problemi dei mercati per conquistare piazze importanti: Luxottica, innanzitutto, il marchio che vanta onnai la distribuzione più equilibrata, e che ha approfittato del calo dei prezzi per fare shopping in Oceania; oppure Tod's, che sta intensificando gli sforzi per accrescere la parte asiatica del fatturato. Oppure, per chi punta a prodotti di largo consumo, c'è sempre la possibilità di puntare sulla riscossa di Benetton, che sta cercando di reagire al boom dello spagnolo Zara e degli scandinavi dì H&M. O su quella di Valentino, al centro degli sforzi del gruppo Marzotto che si accinge a irrobustire il patrimonio della maison con la quota in Zucchi posseduta dalla casa madre. I temi operativi non mancano, insomma. Ma non è il caso di farsi troppe illusioni. «Alla fine del profondo, inevitabile riassetto del settore - commenta De Febee - sul terreno resteranno morti e feriti». Molti sono convinti, in proposito, che tra poco si scatenerà la corsa alla conquista di Versuce. Non a caso molti sono convinti che De Sole punti ' proprio a riaprire il dialogo cóHil' marchio della Medusa, anche se la pista più probabile per l'ex ad di Gucci è quella di una nuova iniziativa da sviluppare assieme a Tom Ford (il nome, «DomSTom», sembra già pronto...). Per ora, l'unica cosa certa sono i 25 milioni versati da Leonardo Del Vecchio come diritto di opzione per il contratto di licenza sugli occhiali valido dieci anni e rinnovabile per altri dieci. Meno male che, tra Bernard Amault e Pinault, c'è almeno un italiano che compra. [Borsa&Finanza] Per sostituire Ford Pinault punta su Pamela Harper ex amministratore delegato di Hermes In seguito alle doppie dimissioni Morgan Stanley abbassa il target price da 94 a 74 euro Tom Ford, ex direttore creativo Gucci Patrizio Bertelli, ad dì Prada Domenico De Sole divorzia da Gucci, una grande perdita per la maison

Luoghi citati: Francia, Giappone, Oceania, Ppr, Zara