L'America ha imparato a parare gli attentati ma la guerra continua di Paolo Mastrolilli

L'America ha imparato a parare gli attentati ma la guerra continua PIÙ' DIFFICILE PER I TERRORISTI COLPIRE OBIETTIVI OCCIDENTALI L'America ha imparato a parare gli attentati ma la guerra continua Gli ultimi attacchi rischiano di essere controproducenti per Al Qaeda e i suoi alleati perché le vittime sono per lo più arabe o musulmane Paolo Mastrolilli NEW YORK L'America sta vincendo o perdendo la guerra contro il terrorismo? Pochi giorni fa il capo del Pentagono Donald Rumsfeld si era posto questa domanda in un documento riservato, finito sulle prime pagine dei giornali con grande scandalo dei suoi critici. L'attentato di Riad ora obbliga tutto il paese a cercare una risposta. Gli elementi di giudizio offerti dalla nuova strage sono contraddittori. Il fatto più evidente è che Al Qaeda è ancora attiva, nonostante i colpi suhiti dopo l'I! settembre. Pochi giorni fa Osama bin Laden aveva recapitato alla tv al Jazeera il suo ultimo messaggio, in cuiincitavaiseguaci a colpire in Iraq, Medio Oriente, Stati Uniti e nei paesi alleati. I primi due desideri sono stati subito realizzati, mentre gli altri due restano una minaccia sospesa. L'intelligence stavolta ha dimostrato di funzionare meglio che in passato, perché ha intercettato l'imminenza dell'attacco. Venerdì il dipartimento di Stato ha chiuso l'ambasciata americana a Riad e i consolati di Jeddah e Daharan, dicendo che «i terroristi sono passati dalla pianificazione alla fase operativa dei loro attacchi». Ouesta precauzione, unita alle difese alzate intorno ai quartieri abitati dai diplomatici, ha evitato vittime occidentah. Ma basta a credere che la guerra sta andando per il verso giusto? Il presidente Bush ha telefonato al principe Abdullah per fare le condoghanze, però non ha commentato in pubblico l'attentato. Un silenzio che forse dipende dalla necessità di aspettare informazioni più precise, o forse dall' imbarazzo di dover parlare ancora di notizie negative. L'amministrazione difende la sua linea dicendo che ha portato la guerra sul terreno dei nemici, e in effetti negli ultimi mesi le violenze sono avvenute tutte in Iraq, Medio Oriente, o paesi musulmani come l'Indonesia. Al Qaeda, secondo l'analista dell'American Enterprise Institue Michael Ledeen, «sceglie gli obiettivi più facili a patata di mano, perché i colpi subiti e le difese alzate dall'Occidente impediscono operazioni pi" ambiziose. Questo non esclude che attacheranno altrove, perché ci stanno provando, e per ragioni statistiche prima o poi ci riusciranno. Però il loro comportamento è controproducente e dimostra che sono in difficoltà: ora bisognerebbe finirli facendo i conti con gli stati che ancora li appoggiano, a cominciare dall'Iran». Poco prima di candidarsi alla presidenza, però, il generale Clark aveva avvertito; «Questa è una teoria che può crollare con una sola azione, e nessuno può dire con certezza che i terroristi impegnati a combatterci in Iraq sono gli stessi che altrimenti avrebbero organizzato attentati in America. Chi può essere sicuro che al Qaeda non abbia infiltrato da tempo un piccolo gruppo come quello dell'I 1 settembre, per tornare a colpire sul nostro territorio?». Gli attacchi in Arabia Saudita e Medio Oriente possono essere controproducenti per Bin Laden, soprattutto quando le vittime sono solo arabi e musulmani. Gh ultimi attentati, poi, hanno anche mobilitato il governo di Riad. Fino a sei mesi fa, le autorità del regno negavano ogni attivi- tà di Al Qaeda sul proprio territorio, mentre ora hanno lanciato una campagna contro i terroristi che avrebbe già portato a circa 600 arresti. Anche questo sviluppo positivo, però, ha un rovescio della medaglia. Sul suo sito internet, infatti, il commentatore di Al Jazeera Shaheen Chughtai ha notato che la repressione avviata da Riad potrebbe ritorcersi contro il governo, alimentando l'opposizione. Con gh attentati degli ultimi mesi, anche se uccidono arabi e musulmani, Osama sta dimostrando che le autorità locali non sono in controllo della sicurezza. Questo da una parte indebolisce un governo che resta fra gli alleati principali di Washington, e dall'altra intacca ili interessi economici occidentali nel paese, accelerando la resa dei conti con la casa di Saud che è da sempre un obiettivo fondamentale di Bin Laden. Il dipartimento di Stato, poi, ha ammesso di recente che anche la situazione in Afghanistan resta instabile. Per esempio ha lanciato un allarme a tutti i giornalisti, awerten- doli che gli elementi sopravvissuti dei taleban stanno cercando di rapire cittadini occidentali, allo scopo di usarli come mezzo di scambio per i loro colleghi imprigionati. Un simile passo indietro dimostrerebbe che anche Kabul, quasi due anni dopo la sua caduta, non ha smesso di essere un terreno ospitale per i terroristi, proprio mentre resta ancora aperto il fronte iracheno. In vista delle elezioni presidenziali dell'anno prossimo, Bush vorrebbe ritirare un po' di soldati e trasferire più responsabilità alle forze locali. Un sondaggio pubblicato ieri da Newsweek dice che il 550Zo degli americani è d'accordo, ma persino due senatori repubblicani come John McCain e Chuck Hagel hanno messo in guardia da un ritiro affrettato per motivi politici, e hanno chiesto invece di mandare un'altra divisione sul terreno per garantire la vittoria nel conflitto ancora in corso. Il problema, come ha scritto sul Washington Post l'ex consigliere per la sicurezza nazionale Zbigniew Brzezinski, è che forse non esiste una soluzione esclusivamente militare alla sfida: «La frase 'guerra al terrorismo' riflette una visione piuttosto ristretta ed estremistica, per la politica estera di una superpotenza e una grande democrazia con tradizioni genuinamente idealistiche. Quella definizione semplifica troppo una complessa serie di sfide che vanno affrontate. Parla di un fenomeno, il terrorismo, come fosse il nemico, trascurando il fatto che il terrorismo è una tecnica per uccidere la gente. Non ci dice chi è il nemico». L'intelligence stavolta ha dimostrato di saper funzionare meglio che in passato tuttavia in paesi come l'Afghanistan la rete del terrore si riorganizza Un poliziotto saudita si aggira tra le macerie di una palazzina distrutta dall'attentato dell'altro ieri a Riad