Castelli: «La lobby dei magistrati non cede Vuole condizionarmi»

Castelli: «La lobby dei magistrati non cede Vuole condizionarmi» LA DOMENICA PIÙ LUNGA DEL GUARDASIGILLI Castelli: «La lobby dei magistrati non cede Vuole condizionarmi» Prima di uscire di casa: Bossi mi ha fatto, solo lui può distruggermi Al ritorno da Milano: Umberto ha trovato la quadratura del cerchio Rinfrancato soprattutto dai 19 applausi che lo hanno interrotto colloquio Gigi Padovani inviato a CISANO BERGAMASCO (Bg) NIENTE dimissioni. Dopo la bocciatura della riforma dei tribunali per i minorenni, tutto è congelato in attesa del federalismo che verrà. Stamattina, come ogni lunedì, il convoglio di auto con il fungo blu lampeggiante scenderà dai tornanti della frazione tra i boschi sopra Cisano Bergamasco, pochi chilometri da Pontida, per portare il ministro della Giustizia Roberto Castelli all'aeroporto. Destinazione; Roma, via Arenula. Si toma in trincea, «perché restando al governo siamo una speranza». Per il popolo leghista, che in mezz' ora di intervento a cuore aperto lo ha interrotto 19 volte con le sue ovazioni. Per quel Vincenzo Spavone, che da presidente del Gisef (Genitori dei figli separati) implora il Guardasigilli di non tirarsi indietro. Per Bossi, «perché lui mi ha fatto e lui mi può distruggere». E' un Castelli amareggiato dal ((tradimento», dal ((partito dei garanti della conservazione» guidato dai magistrati - che ha «radici nella Casa delle libertà» -, ma è un ministro deciso a continuare le battaglie, contro il mandato di cattura europeo («da leghista voterei no»), contro «quelli che rubano i bambini», con l'obiettivo di avviare le riforme della giustizia che finora il Parlamento gli ha bloccato. Sono le sette di sera, le ombre del tramonto sono scese da un po', intomo alla bella casa attomiata da un piccolo parco. La giornata più lunga di Castelli, da quando è ministro della Repubblica, sta per finire. Davanti al caminetto, seduto sul divano in un ambiente raffinato dai toni bianchi e blu -, dove l'unica nota di verde spunta dal taschino della sua giacca - l'ingegnere più amato dal popolo leghista finalmente si rilassa, mette via le carte con la copertina del ministero e chiede al portavoce Lorenzo Colombo; «Lo so che il Milan non è più in testa alla classifica, ma mi interessa sapere cosa ha fatto il Free Opera, la squadra del carcere milanese che gioca in terza categoria...». Il Guardasigilli ha una soddisfazione; aver incassato dal catino del PalaMazda «la carica per andare avanti», perché «c'è un lato umano», ammette, «non posso nascondere che il "fattore campo" esiste». E c'è il dato politico, che più lo gratifica; ((Alla nostra gente abbiamo fatto capire che non eravamo là a governare l'esistente, bensì a guidare il cambiamento». E se Bossi, con il nuovo ultimatum spostato al 31 gennaio, ((ha trovato la quadratura del cerchio», dando così una nuova «apertura di credito al governo», per Castelli il leader del Carroccio ((ha saputo dimostrare die la Lega non è una tigre di carta». Unico cruccio, alla fine di questa «giomata che forse ricorderemo come storica», l'incomprensione con il presidente della Camera, Casini, «Mi dicono che è arrabbiato con me, per quelle dichiarazioni attribuitemi da un giornale. Ma io, nel comizio a Dubino avevo attaccato solo i franchi tiratori. Oltre tutto, io sto al Senato, non conosco bene il regolamento della Camera, mai avrei potuto definire "vergognoso" l'uso del voto segreto,..». Il «moderato» Castelli è un uomo che i suoi amici definiscono calmo ma fermo. Uno che non molla mai. E' un leghista della prima ora, entrato nel partito nel 1986; durante un viaggio in camper nel Sud, dopo il terremoto, scoprì gh sprechi di «Roma ladrone» e decise - pur continuando a gestire la sua attività di imprenditore e tecnico di abbattimento elettronico del rumore - di entrare in pohtica. Fu in un paesino di queste valli, a Monte Marenzo, che incontrò una giovane segretaria di sezio¬ ne, Sara Fumagalli, poco più che ventenne; super attiva, carina, combattiva. Divenne prima la sua assistente parlamentare, poi la sua compagna dal 1997. E' orgoghosa di aver portato tanti aiuti in Iraq, nei viaggi come volontaria dell' Umanitaria Padana Onlus. Nel '99 hanno ristrutturato insieme quel casolare di Cisano; «Ho visto la formella in marmo della Serenissima sulla facciata, e ho capito che doveva essere mia...», racconta. Qui il ministro della Giustizia toma soltanto nei weekend, ma è il ((buon ritiro» dove ha studiato i libroni dei codici, perché da ingegnere vuole conoscere, sapere, e laccusa che gh dà più fastidio, lui che ancora quest'anno ha mantenuto il suo corso al Politecnico di Milano, è di essere considerato come «ignorante, retrivo, razzista, xenofobo» soltanto perché «avanzo qualche dubbio nei confronti degli euroburocrati». Sono le nove del mattino, quando Sara porta i caffè nel salone dove campeggia la foto di Castelli con il Papa accanto a quella con Bossi. Sta per incominciare la battaglia. La «vestizione» è accurata, gUet e pantaloni blu, giacca di taglio inglese. Tutto è già cadenzato. Si parte alle 9,30. L'auto blindata porta il ministro nel paesino più sotto, ad una manifestazione di karaté (passaggio previsto, ore 9,45). Dieci minuti con i bambini, poi al PalaMazda (arrivo, fissato e reale, ore 10,30). Quindi, alle 12, l'intervento; mezz'ora a braccio, concluso con la mano levata nel segno della vittoria. Ovazioni, applausi, come s'immaginava. Una pausa dietro al palco alle 15,15 per sapere quanta gente ha sfilato alla manifestazione di Fini. Alle 17 si riparte, difilato verso Lecco. C'è il tempo per passare a premiare i ragazzini delle arti marziali, e per ragionare a mente fredda sul futuro, su questi mesi di lavoro che Bossi ha concesso agh uomini del Carroccio nel governo. Castelli ha un sogno, che ha dovuto lasciare nel cassetto perché in Finanziaria non c'erano le risorse; far nascere, «come nelle Asl, il manager degh uffici giudiziari)), cioè un direttore che abbia «un preciso budget di spesa)) per far funzionare bene la macchina della giustizia. «Oggi è affidata al presidente del tribunale e al procuratore generale, magistrati che per la loro stessa formazione, di tipo accademico, non hanno l'abitudine a gestire con efficienza i fondi. Oggi grazie ad un cavillo possono decidere spese senza limiti)). Ma ci sono alcune tappe certe, nel futuro del ministero. Primo; entro Natale la riforma del diritto fallimentare sarà pronta. Secondo, «non è vero che della commissione Nordio sul codice penale si sono perse le tracce; sta finendo i suoi lavori e porterà alla modifica di tanti reati, in primo luogo di quelli di opinione». Terzo; la legge sulla pedofilia è passata in Consigho dei ministri, mentre la riforma dei tribunah peri minorenni sarà ripresentata, con alcune modifiche, come ddl della Lega. Quarto; sono in arrivo gh ispettori ministeriah contro i ladri di bambini. «Mi ha colpito l'intervento all'assemblea dell'avvocato Aurora Lusardi. Non sapevo che fossero addirittura 15 mila i figh divisi dai genitori. Chi deve controllare? I pm. Ma noi controlleremo i controllori». Poi, è vero, ci sono le riforme difficili. Quelle per le quah «non c'è una maggioranza in Parlamento, come ci hanno fatto capire An e Udc, con i loro dubbi sulla separazione delle carriere», o per la modifica dell'articolo 68 della Costituzione, con il ripristino dell'immunità parlamentare. C'è amarezza, in Castelli, perché «laprima verarifonnadella giustizia è stata bocciata dal Parlamento», grazie a quel partito della conservazione che ha nelTAnm il suo puntello principale. «La fiducia chiesta da Bossi?», ragiona ancora il ministro, «non è questo il problema; non ci siamo inventati niente, basta che la maggioranza della Casa delle libertà tenga». Dal palco, aveva definito i ((traditori» come «piccoli sorci dallo sguardo furtivo e dalle mani sudate che hanno girato l'Italia garantendo all'Anm che la mia riforma sulla giustizia minorile sarebbe stata bocciata». Confemia? E' stato un complotto? «Sì, quella è la metafora del traditore, cnme me l'immagino io...». Il giudizio sul rapporto tra magistrati e pohtica è durissimo. «C'è una minoranza di magistrati, la lobby ideologica, che vuole incidere sulla realtà e si salda con la maggioranza corporativa; sono gelosi delle loro prerogative. Si sentono soddisfatti del loro status, salvo per gli stipendi (e forse hanno anche ragione); perciò non vogliono le riforme. Sono un coipo avulso dalla società, compattamente contro il governo. E pensare che avevo trovato un buon rapporto con l'ex presidente dell'Anm Patrono. Avete visto, è stato spazzato via. Adesso Bruti Liberati un giorno sì e l'altro anche mi attacca». E' l'ora in cui Giacomo, il fighe undicenne di Sara, reclama un po' di attenzione. Ultima domanda, ministro: la grazia a Sofri? ((Ho già detto tutto». Poi Castelli ammette che dopo aver avviato la pratica per far uscire dalla galera Vito De Rosa, 67 anni, dimenticato in una cella da oltre mezzo secolo, sta facendo ricercare al ministero tutti i casi analoghi. «E' una strada, non possiamo occuparci di Sofri solo perché è un intellettuale...». Forse, per l'ex capo di Lotta Continua si apre una speranza. Ifa.&i Si sentono "" soddisfatti del loro status, salvo che per gli stipendi, e su questo hanno ragione, e quindi non vogliono nessuna innovazione Un corpo avulso dalla società w dk^ Come nelle Asl ww io vorrei che ci fosse un manager in ogni tribunale. Infatti i giudici non hanno l'abitudine a gestire il denaro, e le spese grazie ai cavilli sono illimitate w Il «giorno del giudizio» inizia alle 9, con un caffè nel salotto dove campeggiano le foto dell'ingegnere col Papa e col Senato r Poi c'è il tempo per un salto dai bambini al karaté, per chiedere quanta gente c'era da Fini e per i risultati del Milan edel Free Opera, la squadra del carcere iWV ::i-;: Il ministro della Giustizia Roberto Castelli