«Riciclava ì soldi di Provenzano»

«Riciclava ì soldi di Provenzano» PALERMO, L'IMPRENDITORE HA CONFERMATO I CONTATTI CON I DUE SOTTUFFICIALI DELLA DIA E DEL ROS «Riciclava ì soldi di Provenzano» Aiello si difende: ero vittima di Cosa nostra Lìrio Abbate corrispondente da PALERMO Si definisce una vittima della mafia, sostiene di essere stato costretto a pagare il pizzo, ma un collaboratore di giustizia rivela che Bernardo Provenzano in persona sarebbe intervenuto per ordinare la restituzione di una tangente versata ai boss. Sono le due verità sull'imprenditore Michele Aiello, il re della sanità privata in Sicilia, accusato di associazione mafiosa. E non solo. Gli inquirenti ipotizzano che l'imprenditore può essere il riciclatore di soldi dei due boss latitanti: Bernardo Provenzano e il trapanese Matteo Messina Denaro, entrambi al vertice di Cosa nostra in Siciha. Interrogato in una cella dell'Ucciardone, Aiello ieri ha risposto alle domande del gip Giacomo Montalbano, facendo mezze ammissioni. Ha confermato ad esempio i contatti con i due sottufficiali della Dia e del Ros, Giuseppe Giuro e Giorgio Riolo, arrestati per concorso in associazione mafiosa e sospettati di essere le talpe che fornivano informazioni riservate sulle indagini della Dda. Al magistrato ha detto di aver chiesto il loro aiuto perché legato ai due investigatori da rapporti di amicizia. L'imprenditore, titolare di un centro clinico di alta specializzazione nelle cure oncologiche, ha anche ammesso di avere realizzato una rete occulta di telefonini, scoperta dai carabinieri, utilizzata dagli indagati per comunicare fra di loro. E ha giustificato questo «sbaglio» con la convinzione di sentirsi vittima di un complotto. Ma il pentito Salvatore Barbagallo rivela che Aiello avrebbe avuto contatti, forse mediati da un altro boss, con il superlatitante Provenzano. L'imprenditore si sarebbe rivolto al capo di Cosa nostra dopo aver pagato il pizzo per la protezione di un cantiere al boss Nino Giuffré, oggi collaboratore di giustizia. Barbagallo sostiene che Provenzano avrebbe ordinato di riconsegnare immediatamente la somma versata da Aiello alla cosca di Caccamo, con tanto di scuse. Le domande del gip hanno sfiorato anche le frequentazioni politiche dell'indagato che, secondo quanto si legge nell'ordinanza di custodia cautelare, aveva «rapporti documentati» con il presidente della Regione Totò Cuffaro. Aiello ha fornito solo qualche vaga risposta sull'argomento, che sarà approfondito la settimana prossima in un interrogatorio condotto dai pm Michele Prestipino, Maurizio de Lucia e Nino Di Matteo. I carabinieri del nucleo operativo stanno intanto esaminando il materiale sequestrato negli uffici delle imprese e delle società che fanno capo ad Aiello. Tra i documenti anche la bozza del tariffario regionale della sanità che fissa i rimborsi per i centri clinici privati. Dall'inchiesta emerge che nella maggioranza alla Regione ci sarebbe stato uno scontro politico: da una parte l'Udo e il Presidente della regione avrebbero sostenuto Aiello; dall'altra gli esponenti di Forza Italia che avrebbero sponsorizzato un altro big della sanità privata. Guido Filosto. Oggi e domani saranno interrogati dal gip anche i due marescialli Giuro e Riolo, rinchiusi nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere. Emerge che Riolo ha lavorato in passato a diverse inchieste sulle cosche mafiose. Il sottufficiale, esperto di tecnologie, é stato fra i militari che hanno contribuito all'arresto del boss latitante di Trabia. Salvatore Rinella, indicato come il braccio destro di Nino Giuffré. Ed è anche il tecnico che ha installato tre anni fa le microspie nell'abitazione del capomafia Giuseppe Guttadauro. Si tratta dell'inchiesta su mafia e politica che ha portato all'arresto dell'ex assessore comunale alla Sanità Domenico Miceli e all'emissione di un avviso di garanzia per concorso in associazione mafiosa nei confronti del presidente della Regione, Salvatore Cuffaro. Gli indagati sarebbero stati a conoscenza di informazioni riservate, tanto che i carabinieri del Ros furono costretti a sospendere le intercettazioni dopo che una talpa aveva rivelato la presenza deUe microspie in casa di Guttadauro. A mettere sull'avviso il boss fu il medico Salvatore Aragona, anche lui arrestato per associazione mafiosa: informò Guttadauro che la procura indagava su di lui il 12 giugno 2001. Una notizia riservata appresa in diretta dagli investigatori, mentre ascoltavano la conversazione. Adesso la procura è certa di avere messo le mani su quella talpa. Il centro clinico dell'imprenditore Michele Aiello

Luoghi citati: Palermo, Santa Maria Capua Vetere, Sicilia, Trabia