Giustizia e minori, queste le regole da cambiare
Giustizia e minori, queste le regole da cambiare LA RIFORMA DEL MINISTRO CASTELLI CONTESTATA DAGLI ADDETTI Al LAVORI Giustizia e minori, queste le regole da cambiare \lo dai Tribunali all'abolizione dei magistrati onorari e alla chiusura delle comunità Mara Montanari ROMA C'è un fatto di cronaca dietro alla «battaglia» del ministro Castelli sull'abolizione del Tribunale per i minorenni. Quello di un padre accusato di aver violentato la figlioletta. L'uomo risultò innocente e venne assolto, ma impossibilitato a rivedere la bambina perché, nel frattempo, la piccola era stata dichiarata «adottabile». Sull'onda di polemiche suscitata dal caso, il Guardasigilli annunciò la presentazione di un disegno di legge per riformare il comparto giustizia dedicato ai minori. Lo stesso ddl che, due giomi fa, è stato bocciato dall'aula di Montecitorio. Il senso della riforma leghista si basava essenzialmente su due capi d'accusa come spiegava, a caldo, il senato¬ re Calderoli subito dopo l'affondamento del disegno di legge: «Ora ibambinipossono continuare a essere rapiti alle loro famiglie per mezzo del Tribunale per i minori». E questa è la prima accusa, rivolta alla presunta «leggerezza» con cui i magistrati toglierebbero i figli ai genitori. La seconda riguarda invece le comupità, a cui i giudici minorili affidano i bimbi allontanati dalle famiglie: «Ha vinto chi vuole continuare a riempire i collegi con dei poveri orfanelli e garantire i relativi ricavati economici agli amici caritatevoli». Un punto di vista contestato da magistrati, avvocati, assistenti sociali, associazioni, studiosi che sebbene concordino sull'esigenza di una riforma del settore giustizia dedicato ai minori, sono assolutamente contrari alla proposta del ministro Castel¬ li. Per diversi motivi. Attualmente, i Tribunali per i minorenni sono ventinove. Istituiti nel 1934, hanno una competenza territoriale più o meno regionale. In tutto, ci lavorano 846 magistrati, di cui 182 togati e 644 onorari. I primi sono dei giudici ordinari. I secondi sono per la maggior parte psicologi e neuropsichiatri infantUi, che si autocandidano a ricoprire il ruolo di onorari. Le domande arrivano ai Tribunali, poi la lista passa al vaghe del Consiglio Superiore della Magistratura che, ogni tre anni, nomina i nuovi giudici. La riforma Castelli prevede che il Tribunale per i minorenni venga accorpato a quello ordinario e che a lavorarci siano solo i giudici togati. Questo è uno dei motivi di contestazione. «La scomparsa dei giudici onorari porterebbe maggiori difficoltà neh'accertare le situazioni di abbandono dei minori - dice Pasquale Candirla, dell'Associazione Italiana Magistrati dei Minori e della Famiglia - l'esclusione degli esperti non consentirà al giudice togato di ricevere l'apporto di altri saperi necessari ad interpretare le dinamiche relazionali ed affettive del nucleo familiare». Il Tribunale per i minorenni non è l'unico a occuparsi dei ragazzi. Divide, infatti, le competenze con il Tribunale ordinario e il Giudice tutelare. Una frammentazione che contestano per primi gh addetti ai lavori, un vasto mondo fatto di giudici e figure di assistenza sociale. Questa è infatti la peculiare natura del campo della giustizia minorile. Ci sono i ragazzi che delinquono e vanno recuperati in istituti di pena. Ma ci sono anche i bambini maltrattati, i figli di tossici che nascono già dipendenti dalle droghe, i neonati sieropositivi. Le vittime, insomma. Per questi bimbi si aprono due strade: l'adozione o l'affido. Ma i primi casi sono molto più rari dei secondi. Adozione significa il definitivo allontanamento dei genitori naturah. L'affido è una sorta di via di mezzo: il bambino non può tomare a casa, ma nemmeno essere adottato da un'altra famiglia. I ragazzi in questa condizione, secondo i dati di Telefono Azzurro, sono 28 mila. E dove vivono? O in famighe affidatarie o nelle comunità. «Il senatore Calderoli dice che le comunità guadagnano sulle pelle dei ragazzi? Per carità, anche nel no profit ci sono dei mascalzoni. Ma è ima generaliz- zazione che non ha corrispettivo nella realtà», dice Alessandro Fucili, gestore da 18 anni di una delle circa 600 case di accoglienza per bimbi tolti alle famighe. A sovvenzionare le comunità sono i Comuni di appartenenza e le «tariffe» variano da città a città. Il minimo è di 50 euro al giorno per ogni ragazzo, fino a un massimo di 100 euro. «Con quei contributi dobbiamo pagare gh stipendi agli operatori e garantire, oltre al vitto, una vita normale ai ragazzi - spiega Fucili - e quindi vestiti, medicine, attrezzature per lo sport, gite scolastiche. Insomma, abbiamo spese come una normale famiglia. Spese alte per cui spesso i fondi del Comune non bastano. Per fortuna, ogni tanto ci arrivano donazioni. La solidarietà, spesso, è la nostra salvezza». Sono 29 le istituzioni in Italia che si occupano dei più piccoli: dei ragazzi che delinquono da recuperare e delle vittime maltrattate da affidare o destinare all'adozione
Persone citate: Alessandro Fucili, Calderoli, Castelli, Del Ministro, Magistrati
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