«Bisogna eliminare gli arsenali dì Saddam»

«Bisogna eliminare gli arsenali dì Saddam» HARLAN ULLMAN LO STRATEGA CHE TEORIZZO L'ATTACCO «SHOCK 8t AWE» IMPIEGATO NELLA PRIMA PARTE DELLA GUERRA «Bisogna eliminare gli arsenali dì Saddam» «Nel paese c'è un'enorme quantità di armi che alimenta la guerriglia» Intervista Maurizio Mollnari corrispondente da NEW YORK - - D ISOGNA richiamare in ser*'D vizio l'esercito iracheno per rispondere alla sfida della guerriglia». Il suggerimento al Pentagono arriva da Harlan Uliman, stratega militare del Centro di Studi Strategici ed Intemazionali di Washington divenuto noto al grande pubblico per aver teorizzato l'attacco «Shock S-Awe» (Scuoti e intimidisci) che il ministro della Difesa Donald Rumsfeld fece proprio per dare l'assalto al regime di Saddam Hussein. L'abbattimento dell'elicottero americani a colpi di missile cambia la situazione militare? «No, affatto. E' stato un giorno brutto e ve ne saranno altri. Dovremo imparare a convivere con questo tipo di situazioni». La guerriglia riesce da sei mesi a colpire li militari della coalizione. Qual è la sua forza? «Innanzittutto si giova del fatto che sono in circolazione in Iraq centinaia, migliaia tonnellate di munizioni ed esplosivi. Fino a quando non saranno trovate, distrutte o messe sotto sicura questi attacchi continueranno». Quali sono i suoi obiettivi? «Sul piano militare è all'attacco su più fronti. Ha tre obiettivi differenti ma convergenti. Primo: scatenare il terrore fra gli iracheni, ed in particolare fra gli agenti della pohzia ed i funzionari governativi, per spingerli a non collaborare con la coalizione. Secondo: colpire obiettivi come le Nazioni Unite e la Croce Rossa Intemazionale per spingere le organizzazioni intemazionali ad andare via. Terzo: uccidere più americani possibile per mettere in difficoltà l'amministrazione Usa. Se fra uno, due o tre anni dovessimo ancora ave¬ re questo tipo di attacchi con dozzine di soldati uccisi l'America si tro.-erebbe ad avere un problema enorme». Qual è lo scenario di guerra a sei mesi da quando il presidente Bush annunciò la fine dei maggiori combattimenti? «E' ima corsa. Fra la nostra abilità a reclutare il più alto numero possibile di iracheni per difendere il loro Paese e il nemico che vuole impedir¬ lo. Il braccio di ferro è per decidere da che parte stanno gli ùacheni». Quali sono stati a suo avviso gli errori tattici finora commessi dagli americani? «Non c'è risposta militare possibile. Abbiamo sul campo centinaia di pattuglie, conduciamo indagini, abbiamo l'intelligence. Facciamo del nostro megho. Ma il punto è che le armi per attaccarci sono facilmente reperibili. E' come con il crimine: puoi riuscire a diminuirlo, ma prevenirlo sempre ed ovunque no. Il risultato è che gh americani sono obiettivi facili per autobombe, kamikaze, lanciagranate, razzi o missili. Non c'è alcuna maniera per proteggersi al cento per cento». Chi compone la guerrigUa? «Non ne conosciamo le dimensione. Se assumiamo che viene dai baathisti lealisti al deposto regime di Saddam Hussein allora dobbia¬ mo cercare fra i sunniti, che sono pari a circa il 15 per cento della popolazione, ovvero 3 milioni di persone. Quanti di loro, diciamo uomini compresi fra i 15 e 50 anni, escono ogni giomo di casa e combattcno perché vogliono cacciare gh americani? Se fossero il 10 per cento sarebbero 300 mila, se fossero l'I per cento sarebbero 30 mila ma anche se fossero appena 3 mila sarebbero a sufficienza per causare gravi danni. Non sappiamo le dimensioni dell'opposizione e potremmo non saperlo mai». Quale può essere la contromossa degli americani? «Arruolare quanti più iracheni possibili ovvero richiamare in servizio l'esercito regolare». C'è chi traccia paralleli fra llraq e il Vietnam. E' d'accordo? «Non ci sono paralleli possibih da un punto di vista militare fra Iraq e Vietnam: allora il Nord voleva occupare il Sud, era guidato da un leader che inseguiva questo obiettivo dal 1919, erano coinvolte superpotenze come Cina ed Urss ed i vietcong combattevano sostenuti attivamente dal Nord. La situazione tattica e strategica in Iraq è completamente diversa. Dove c'è invece un parallelo con il Vietnam è nel fatto che l'amministrazione Johnson era impreparata ad accettare la realtà come l'ammioistrazione Bush sembra esserlo ora. Non voghono fare autocritica, guardarsi dentro e questo impedisce di adottare le contromisure necessarie. Il rischio per l'amministrazione Bush è che la sua credibilità venga minata, se non distratta, dal fatto che prima siamo andati in guerra per eliminare anni che non si trovano ed ora non reagiamo ad una guerra di guerriglia perché non la trattiamo come tale». Che cosa dovrebbe ammettere Bush e cosa dovrebbe fare? «Dovrebbe ammettere che abbiamo troppo pochi soldati per la ricostruzione e che ne servono ancora. Bisogna prendere le seguenti decisioni. Primo: richiamare l'esercito iracheno così da raddoppiare in due-tre mesi il numero di iracheni con compiti di sicurezza, portandoli da 200 mila a 300-400 mila. Questa è un'urgenza assoluta. Secondo: creare al Congresso una commissione bipartisan che lavori assieme all'amministrazione per affrontare la situazione in Iraq. Terzo: sulla ricostruzione abbiamo bisogno di un maggior coinvolgimento intemazionale nella transizione, noi continueremo ad occuparsi della sicurezza ma gh altri Paesi devono fare la loro parte». 66 E' fondamentale che i generali si convincano che servono più uomini in campo e che occorre riportare in vita una struttura militare irachena 99 Harlan Uliman, stratega militare del Centro di Studi Strategici e Internazionali di Washington Il generale Ricardo Sanchez, comandante delle truppe Usa in Iraq, parla e l'amministratore civile, Paul Bremer, ascolta