La dolce Linnea e il sisu che avvelena di Giovanna Zucconi

La dolce Linnea e il sisu che avvelena UN LIBRO AL GIORNO La dolce Linnea e il sisu che avvelena Giovanna Zucconi MA che sarà mai, questo «sisu». Eppure bisogna cercare di capirlo, altrimenti molto sfugge anche in romanzi godibili come quelli di Arto Paasilinna. Dunque. Il «sisu» sta alla Finlandia come la saudade sta al Portogallo. Sarebbe quindi l'essenza, per quanto inafferrabile e intraducibile, di un popolo, della sua anima. Le cose però non possono essere tanto semplici, in un paese così stravagante da parlare una lingua complicatissima, non imparentata con nessun altra, e sdegnosa al punto di aver esportato un'unica parola, sauna. Una lingua che abbonda di cose per noi del tutto mutili (per dire; ci sono sedici declinazioni, ciascuna con sei diversi casi di luogo, e si coniugano perfino le negazioni), mentre manca ima quisquilia come la possibilità stessa di scrivere il proprio nome: nell'alfabeto finlandese non ce la lettera f. Anche questa faccenda del sisu, quindi, non può essere semplice, e infatti di sisu ce ne sono due, quello buono e quello cattivo. Quello buono sta per pazienza, determinazione, tenacia, ardore mescolato a placidità, comunque roba da duri che vivono in un posto tosto come il grande nord; e quello cattivo è invece irascibilità, testardaggine, violenza, una leggera follia... Paasilinna ha il «sisu» buono, molti suoi personaggi quello cattivo. Lui è un sessantenne corpulento e taciturno, natonell942suun camion bloccato in piena foresta mentre la sua famiglia fuggiva all'avanzare dell' Annata Rossa. Dei sette fratelli Paasilinna quattro sono scrittori; però non hanno neppure un vero e proprio cognome, quello stampato sui frontespizi l'ha inventato il padre dopo l'ennesimo litigio con i genitori. A diciassette anni Arto stava emigrando in Australia, invece è rimasto, ha fatto il guardaboschi («l'aristocrazia dei senza fissa dimora») poi il giornalista, ora vive fra Helsinki e la foresta, scrive tre ore al giorno, da tre a sette pagine, mai di notte, mai d'estate. Totale, un libro all' anno. Centomila copie a romanzo. Dalle sue parti è popolarissimo, tipo Beimi o Pennac. Dalle nostre, di parti, arriva con secoli di ritardo sulle prime edizioni (questo è deU'88), ma da L'anno della lepre in poi ha i suoi affezionati lettori. Il suo humour iconoclasta scardina stavolta l'idillio agreste, e quell'altro stereotipo dolciastro che è la vecchiaia placida e remissiva. Prima frase; «un'amabile nonnina in una tranquilla cornice campestre, che quadretto incantevole!». Qui, fra gatti sonnacchiosi e tendine alle finestre, irrompono tre spregevoli giovanotti, portatori di un «sisu» nefasto, che brutalizzano la vecchietta per estorcerle la pensione. E la nonnina, in una allegra variante nordica di Arsenico e vecchi merletti, approfitta dell'armadietto dei medicinali di un suo antico amante dottore, per sbarazzarsi soavemente dei persecutori. Questo noir farsesco non sarà forse il migliore fra i libri di Paasilinna, però fra una gag e una ferocia racconta di un paese, la solitudine dei vecchi, l'alcol, l'aids, l'ipocrisia, lo sbandamento. Sisu o non sisu. Arto Paasilinna I veleni della dolce Linnea Iperborea 204 pagine, euro 11,50 ;

Persone citate: Arto Paasilinna, Arto Paasilinna I, Paasilinna, Pennac

Luoghi citati: Australia, Finlandia, Helsinki, Portogallo