Dentro il Gabibbo si è infilato il miglior mimo d'Italia
Dentro il Gabibbo si è infilato il miglior mimo d'Italia Dentro il Gabibbo si è infilato il miglior mimo d'Italia Brano Gambarotta SE tutti i comid scrivono libri", deve essersi detto il Gabibbo, "perché io no?". Per fortuna non si è fatto spiegare come si fa dal suo collega dì Striscia la notizia Ezio Greggio, per il quale se una riga per pagina è poco due sono troppe. Giorgio Caldarelli, detto Gero, ha scritto un vero libro (322 fitte pagine con l'indice dei nomi dtati), che è il suo "romanzo di un giovane povero" o, se preferite, l'autobiografia dì un proletario dello spettacolo. Facendosi precedere da una prefazione al minimo sindacale dì Antonio Rìcd, Giorgio Caldarelli (nato a Torino ma milanese dall'età di sei mesi) scrive dì sé in terza persona, come Giulio Cesare. Questa scelta gli permette dì raccontare con suffidente distacco le tragicomiche avventure di un ragazzo che dall'età dì otto anni, persi i genitori a distanza di cinque mesi uno dall'altro, cresce in un orfanotrofio di Cesano Boscone. Qui, a undid anni, scopre la vocazione teatrale interpretando in una redta la parte della protagonista nell'operetta "La piccola Olandese". Usdto dal collegio a 15 anni con il diploma dì avviamento al lavoro, Gero lavora come antennista con il fratello e il cognato e frequenta il teatrino dell'oratorio dì sant'Andrea a Porta Romana. Come spesso accade ai piccoli dì statura (Gero smette dì crescere quando arriva a un metro e 53 centimetri) nutre un forte istinto di rivalsa e reagisce con ferrea determinazione ai colpi che la vita non dimentica dì infliggergli. Paolo Grassi non lo accetta alla scuola del Piccolo Teatro perché non è mai andato a vedere dei professionisti ("costa 2000 lire e io ne guadagno 500 a settimana") e così Gero è costretto a ripiegare sulla scuola di mimo anche se in quel momento non sa bene cosa sia un mimo. Un ripiego che diventerà nel tempo una scelta di vita. n lettore è condotto a seguire passo passo le vicissitudini dì un giovane che per fare teatro è disposto a correre tutte le avventure e che, nelle fasi di magra, contìnua a frequentare i tetti di Milano per impiantare quelle antenne che anni dopo porteranno in tutte le case il rosso pupazzo del Gabibbo. H suo interprete ha 62 anni e da un po' di tempo pratica il buddismo. Prima però, negh anni giovanili, ha coltivato miti utopie anarchiche e frequentando il circolo della Ghisolfa ha conosciuto da vicino Giuseppe Pinelli e Pietro Valpreda. "Il piccoletto", come l'autore ama chiamarsi, si scontrerà con l'elitaria altezzosità dei grandi teatranti di sinistra (da Strebler a Squarzina e Chiesa) che, raccontati dal suo punto di vista, perdono un po' della mitica aura che li circonda. Fitte storie di scuole aperte e chiuse, di cooperative, di compagnie (I teatranti, QuelhdìGrock), dì progetti, di spettacoli per grandi e per bambini, dì caroselli, storie che il lettore fatica un po' a seguire perché Gero non omette né un dettaglio né un nome; lui coltiva la rara pianta della riconoscenza e non dimentica chi Iha aiutato e ha creduto in lui, così come, con memoria da elefante, ricorda chi gli ha fatto degli sgarbi e l'ha trattato male. Dopo vent'anni, lavorando dodici ore al giorno fra insegnamento, spettacoli, caroselli e televisione, Gero riesce a vìvere "solo con la professione che aveva scelto, per cui smise di andare sui tetti ad installare antenne". "Da tempo ormai circolava la voce che per animare un pupazzo il ripieno migliore fosse Gero" ma, commenta con una punta dì malinconia, 'lo consideravano il miglior mimo in Italia e, per farsi notare, doveva nascondersi". Chiamato a Drive In a fare il ripieno di un orso conosce le persone che gh avrebbero cam- biato la vita, Antonio Ricci l'inventore e Lorenzo Beccati la voce del Gabibbo. Ma l'ora del Gabibbo non era ancora suonata. Suonerà solo nel settembre del 1990, dopo 180 delle 322 pagine del libro, dopo una profonda crisi della primavera dell'86, superata con l'aiuto della pratica buddista e dopo aver fatto, al festival di Sanremo del '90, il ripieno dì una chitarra. E qui cominda una storia che tutti conoscono o megho credono di conoscere perché raccontata dall'interno del pupazzo di peluche è tutta un'altra storia. I viaggi su e giù per ITtalia, con il sacco del pupazzo da indossare, le lunghe attese del momento propizio per fare irruzione sul teatro dello scandalo, dello spreco, delle tante opere incompiute che gh spettatori denundano a Striscia, l'incredibile simbiosi fra ì movimenti e i gesti di Gero e la voce di Lorenzo Beccuti. Il racconto di Gero è utile per cercare di capire il paradosso per cui si completano ospedah, ponti, scuole, si svelano misfatti e ruberie perché lo chiede un pupazzo. Qui si tocca con mano la genialità di Antonio Ricci: questo pupazzo rosso è un segno così forte e dirompente che spiazza tutti, comprese le forze dell'ordine che dovrebbero contrastarlo impedendogli l'ingresso nelle aree proibite o nei palazzi e invece lo applaudono e lo incoraggiano. E il soldato Gero è sempre lì, pronto a correre quando lo chiamano, conscio della missione da compiere e del mito che rappresenta presso ì bambini che rimarrebbero delusi se scoprissero che dentro il Gabibbo c'è qualcuno che lo anima. Un'ultima annotazione. Per un libro che porta il glorioso marchio Rizzoli, la quantità dì refusi che contiene è semplicemente indecente. Tragicomiche vicissitudini di Giorgio Caldarelli detto Gero, il «ripieno» del celebre pupazzo di «Striscia la notizia»: dalla gavetta nella Milano di Grassi e Strehler alla corvée televisiva Giorgio Caldarelli Una vita da ripieno Cronache dall'interno del Gabibbo Rizzoli, pp.322, e 12,50 MEMORIE
Luoghi citati: Cesano Boscone, Italia, Milano, Sanremo, Torino
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