Nei centri sociali: «Questi killer sono nostri nemici» di Fabio Poletti

Nei centri sociali: «Questi killer sono nostri nemici» INO GLOBAL DI MILANO PRENDONO LE DISTANZE DAI NUOVI ATTENTATI Nei centri sociali: «Questi killer sono nostri nemici» Viaggio nella città dove comparve la scritta «Galesi spara ancora» Farina: «AziOni di aSSaSSini autoreferenziali e iSOlati da tUtti» Fabio Poletti MILANO Altro che «sedicenti» e «compagni che sbagbano». Altro che né di qui né di là, come si diceva una volta. Francesco Purpura, 31 anni, educatore, centro sociale Bulk, area «disobbedienti», non risparmia le parole: «Le Brigate rosse non hanno nulla a che vedere con la realtà e con la pobtica. Di fatto, sono un nemico dei movimenti». Damele Farina, qualche anno di più, portavoce storico del Leoncavallo e oggi consigbere comunale di Rifondazione comunista, è ancora più espbcito: «Le Brigate rosse non sono nei posti cu lavoro, non sono nei centri sociali, sono un fenomeno evanescente, autoreferenziale, isolato da tutti». Vero, ina non del tutto. Su un muro di via Palestre, è sbiadita dal tempo ma si legge ancora una scrìtta accompagnata dalla stella a cinque punte: «Galesi spara ancora». E a fianco, stesso spray nero: «Guerra agb oppressori». Non sono state fatte di notte, da improbabib fiancheggiatori. Sono apparse un giorno di marzo e di sole, mentre sfilava la coda dì un corteo contro la guerra in Iraq e contro chi aveva appena ucciso Davide «Dax», ammazzato da una famiglia dì fascisti e teste rasate, coltello facile e zero cervello. Sonò apparse in via Balestro e poi anche sui muri dell'Arcivescovado e ne è nato un putiferio. Spintoni e cazzotti tra chi aveva fatto le scritte e non era nemmeno di Milano e chi non voleva mescolare il sorriso sui manifesti per «Dax» con la foto segnaletica di Mario Galesi, l'ultimo dei brigatisti morto con la pistola in mano. «Da quelle scritte, da quella manifestazione, è come se fosse passato un secolo», dice uno dei «vecchi» del movimento, mentre racconta la geografìa dei centri sociab di MUano, la mappa delle «realtà antagoniste», dove sono pochi quelli che si parlano tra di loro, dove è facile che ci si guardi un pr' così, dove il minimo comun denominatore si è perso da tempo per strada. «Come allo sciopero generale, dove ci sì va tutti, ma ognuno sta nel suo pezzettino cu corteo». E allora può anche capitare che qualcuno strabuzzi gb occhi, come alla manifestazione per il 25 aprile: «C'era uno striscione con la scritta "Contro la guerra imperiabsta, vicino ai popob arabi". Erano volutamente state scelte le stesse parole con cui la brigatista Nadia Desdemona Lioce aveva concluso il suo primo documento scritto in carcere». E allora bisogna capire bene, anche se le parole non sono pallottole. E la differenza sta tutta nel ragionamento che fa Francesco Purpura del Bulk: «Dentro il movimento ci sono degb idioti che blaterano di cose che non conoscono e non fanno, di cui hanno solo letto nei libri e di cui hanno un'immagine mitologica. Sono solo degb idioti. Purtroppo degb utib idioti». Detta così e fin troppo tranquillizzante. E quella sottolineatura suir«utìbtà», rimanda ai ritornelli dì sempre sul] a repressione che «non aspetta altro», sugb arresti dì Roma e in Toscana «fatti lo stesso giorno dello sciopero generale e non sarà mica un caso». Però sotto sotto, il movimen¬ to si interroga se anche questi arresti dì brigatisti sono di figb suoi. E lo fa nebe assemblee che si sono tenute un po' ovunque negb ultimi giorni. Tra i disobbedienti che si riuniscono al Reload, al Bulk, al Leoncavallo, al Vittoria di via Muratori dove al primo posto c'è la lotta a fianco degb immigrati, al T28 di via dei Transiti dove si preparano le occupazioni di case, al Conchetta dove da anni si fa soprattutto controinformazione e controcultura. E poi alla Panetteria di via Conte Rosso e al Garibaldi, dove la Digos tiene i fari accesi e l'ultima perquisizione a una trentina di militanti l'hanno fatta otto notti fa, ipotesi di reato associazione sovversiva, il pubbbco ministero Armando Spataro che sentenzia: «Milano è ima piazza strategica per le Brigate rosse». , Una piazza semideserta, visto che gb ultimi attentati sono stati alla Fiat di via Grosio nel 2002 e poi le fioriere con gb ordigni incendiari alla Cisl di via Tadino nel lugbo 2000. E poi basta. Un niente nella città in cui sono nate le Brigate Rosse, con le prime azioni alla Pirelli, il sequestro del dirigente Hidalgo Macchiarmi alla Sit Siemens e la colonna Walter Alasia che solo all'Alfa di Arese aveva 125 mibtanti e tutti conoscevano tutti. «Anche adesso tutti cono¬ scono tutti, però non ci si parla e si è molto diffidenti. Anche perché quelb che a parole sono i più duri, alla fine si fanno scavalcare dà chi certe pratiche le ha sposate per davvero e non solo a slogan». Dicono che l'ultima assemblea di tutto il movimento a Milano, centri sociab e Cobas, disobbedienti e Social forum, si sia tenuta pochi giorni prima del corte" lA 22 marzo al centro sociale Vittoria di via Muratori. C'era da preparare la risposta alla morte di Dax. C'era chi proponeva di «dare una lezione mibtante ai fascisti». E c'era chi, spalleggiato anche da «compagm che venivano da fuori», da quella sera ha promesso che si sarebbe mosso da solo: «Basta con certi schemi nei cortei. D'ora in poi tutto è permesso». Il risultato lo si è visto il sabato pomeriggio, a lato del corteo: con una bomba carta finita in una gioielleria e solo pochi giorni fa la Digos di Milano è andata a perquisire l'abitazione di uno che era arrivato a manifestare fin da Salerno. E con quelle scritte che inneggiavano a Mario Galesi, finite sui muri del centro di Milano e che alla fine non preoccupano più di tanto la memoria storica del movimento, che fa due conti: «Ad essere d'accordo, saranno al massimo in cinquanta». Una manifestazione del movimento a Milano