«Lasciare Baghdad? La gente si sentirebbe tradita»

«Lasciare Baghdad? La gente si sentirebbe tradita» IL COMMISSARIO STRAORDINARIO DELL'ORGANIZZAZIONE, MAURIZIO SCELLI «Lasciare Baghdad? La gente si sentirebbe tradita» Il capo della Croce Rossa Italiana: in centinaia sono venuti a chiederci di restare intervista Flavia Amàbile ROMA LA Croce Rossa Italiana non fa marcia indietro. Mentre a Baghdad ancora si scava tra le macerie dopo l'attentato al quartier generale deha Croce Rossa Memazionale e da Ginevra si sta valutando l'ipotesi di un ulteriore ritiro del personale, Maurizio Scelh, commissario straordinario deha Croce Rossa Italiana, chiarisce che l'Italia non si muoverà dalla capitale irachena. E' sicuro di questa decisione? «Sì, per tre ragioni. In primo luogo, la nostra è una missione operativa, stiamo lavorando da fine aprile e si è creato un clima di totale condivisione e intesa con la popolazione irachena, i medici locali, gh americani. In secondo luogo, siamo diventati un punto di nferimento per circa due-trecento persone ogni giomo, dunque siamo coinvolti e legati a doppio filo aha popolazione e alla missione. Lasciare ora sarebbe venir meno a una promessa. Infine, esiste un preciso programma definito con il ministero degh Affari Esteri con finanziamenti pubblici dei quah dobbiamo dunque rispondere che pur non essendo un vincolo, nel senso che non ne siamo dipendenti, è un impegno che ci spinge a non venir meno». Ma Ginevra sembra decisa a smobilitare... «In quel caso diventerebbe ancora più necessaria la nostra presenza, chiaramente compatibilmente con le decisioni prese di concerto con le oi^anizzazioni intemazionah. Lo sa che la popolazione irachena ieri (lunedì per chi legge, ndr) è venuta a scongiurarci di non andar via? In centinaia sono venuti a dirci che siamo la loro ultima speranza». Decisione presa all'unanimità? Nessuno ha chiesto di tornare? «Subito dopo l'attentato la prima telefonata che mi hanno fatto da Baghdad è stata per chiedermi: e adesso non è che ti verrà in mente di ritirare la missione? Le dirò di più: io stesso sono in partenza. Decoherò domani notte (stanotte per chi legge, ndr) con sei bambini curati in Italia accompagnati dahe rispettive mamme e che sarebbero di sicuro morti senza il nostro aiuto. Con noi ci saranno 36 persone che daranno il cambio ad altri per i quah il ritomo era già previsto. Nessuno ha dubbi suha necessità di rimanere, pensi che abbiamo liste d'attesa lunghissime di persone pronte a partire. Il problema è un altro, per la prima volta è stato colpito un quartier generale deha Croce Rossa, è venuto meno un valore assoluto, un simbolo universale deha neutralità, per questo oggi ci sentiamo tutti sconfitti». Che pericoli corrono gli italiani? «Gh itahani sono a rischio da fine aprile, non da ieri. Siamo stati per cinque mesi sotto le tende a operare, e abbiamo portato a tennine 25 mila interventi, 500 operazioni chinu^iche. H rischio è una componente deha nostra missione, chi accet¬ ta di prendervi parte accetta anche i pericoli di una situazione che è sotto gh occhi di tutti. In ogni caso le assicuro che ai pericoli si pensa quando si è a Roma, ma quando si è a Baghdad e ci si trova davanti un bambino ustionato al W/* non si ha nemmeno il tempo di prendere in considerazione ilpericolo». Gli italiani hanno una protezione speciale? «Sono stati protetti dai carabinieri del reggimento Tuscania fino a qualche settimana fa, quando eravamo sotto le tende. Da quando abbiamo preso in gestione il Medicai Center Hospital, il fiore all'occhiello deha sanità di Saddam Hussein, è venuta meno l'esigenza di una protezione estema. E' la struttura stessa a fornire una protezione ben più consistente e poi oggi la sicurezza è assicurata dal corpo di pohzia riachena ricostituito dagh americani». Fino a quando resterete?, «La nostra missione terminerà a marzo. Rimarremo fino ad allora, se poi dovesse capitare qualcosa di diverso lo valuteremo».

Persone citate: Flavia Amàbile, Maurizio Scelh, Saddam Hussein