«Una chiamata al padre ha tradito la Banelli» di Francesco La Licata

«Una chiamata al padre ha tradito la Banelli» LE ÌNDAGINi FINO ALL'IRRUZIONE «Una chiamata al padre ha tradito la Banelli» Gli agenti ricordano l'ansia prima del blitz: avevamo paura che fuggissero retroscena Francesco La Licata ROMA eUANDO siamo entrati, armi in pugno e cappucci iti sul volto, abbiamo solo compiuto l'ultimo atto di un lavoro che è stato paziente, lungo e complicato. Certo, l'arresto di terroristi è sempre un'operazione che ti dà qualche ansia, si pensa all'eventualità di una reazione armata, al possibile smacco per una fuga che vanificherebbe anni di lavoro». In questi casi, si sa, il poliziotto «cacciatore» teme la «sfiga», la fuga di notizie, la buccia di banana che manda tutto a gambe per aria. E invece la squadra ha vinto. Una squadra che non si è formata, ovviamente, al momento dell'irruzione contemporanea in più luoghi di più città, ma era in piedi sin dal momento che si è manifestato nuovamente lo spettro delle Brigate Rosse. Non è stata difficile, la cattura. Ma questo si può dire col senno di poi, dopo aver tirato un sospiro di sollievo per come tutto è filato liscio. La porta della casa fiorentina di Roberto Morandi, per esempio, ha ceduto in pochi secondi. Il tecnico radiologo dell'ospedale di Careggi si è trovato disteso sul pavimento, braccia dietro la schiena a manette ai polsi. Tutto in un attimo. Scene analoghe si svolgevano, in contemporanea, in casa di Cinzia Banelli a. Vecchiano, e a Roma, al Quarticciolo, al Tiburtino, in viaPescaglia. Cosa prova un poliziotto, in quel momento? A sentire imo dei più impegnati nell'inchiesta, vien fuori un racconto pacato, senza esùberi di adrenalina. Ostinazione si, però, e la volontà ferma di tagliare al più presto i fili della nuova tela brigatista. «Ma senza pretese sbrigative - precisa -, anzi con qualche battuta autoironica, all'interno della squadra, sul fatto che alla fine ci occupavamo di nostri coetanei, giovani molto simili a noi che non potevamo escludere addirittura di aver conosciuto sui banchi di scuola o all'università. Almeno quelli di noi che sono cresciuti tra Roma, Bologna e Firenze». «Ho guardato bene Morandi - aggiunge - ma non era quello che credevo di aver frequentato in gioventù. Lo avevamo tenuto sotto controllo per molto tempo, sin da quando avevamo avuto la conferma che fosse coinvolto nell'attività criminale «diretta» da Galesi e dalla Lioce». Un classico Br? «Un brigatista irregolare. Quindi non ancora clandestino, anzi. Una vita irreprensibile, dedicata alla moglie, costretta sulla sedia a rotelle da una grave malattia, ed alla figlia. Un giorno l'abbiamo visto agitarsi per comprare un motorino e pensavamo stesse tramando chissà quale trucco. Ci siamo ricreduti quando abbiamo visto la figlia, una ragazzina di 15 anni, correre sulla motoretta appena acquistata dal padre». A furia di «star sopra all'uomo», si entra quasi in simbiosi coi sospettati. Qualche volta si è tentati di abbandonare la pista. «Una traccia labile ci ha indotti ad insistere. GH indizi che venivano dalle schede telefoniche «trattate» dagli esperti ci davano centinaia di nomi. Tra questi un precedente antico: una perquisizione all'indomani dell'omicidio a Firenze di Landò Conti. Eccolo il Morandi, perquisito allora e probabile uten¬ te di una scheda che aveva contattato una delle ormai famose «utenze di organizzazione», certamente riconducibile alla operatività delle nuove Br». Questo, il segreto della squadra. Un manipolo di «sbirri» creato dal Vimin&le proprio per affrontare la nuova emergenza terroristica. Era marzo 2002, a Bologna cadeva il prof. Marco Biagi: un tragico replay dell'assassinio D'Antona del maggio 1999. La squadra prese il nome di «Gruppo Biagi» ed cominciò a lavorare esclusivamente alla finalità di rimettere insieme il mosaico brigatista, scombinato da anni di rimozione collettiva. Non era tutta in discesa, la strada intrapresa dalla squadra. L'intuizione, poi rivelatasi vicente, fu di toncentrare le notizie sulle diverse indagini e di scambiarsi ogni minimo particolare tra i vari organismi investigativi di Roma, Firenze e Bologna. Un lavoro immane, per esempio raffrontare tutte le richerche sul traffico telefoniche delle tre città, con l'inespressa «fede» sul fatto che un ruolo importante nella rinascita delle Br derivasse dalla vecchia «colonna toscana». Altri poliziotti andarono a rafforzare il nucleo di Firenze, perchè lì i risultati erano più che promettenti. Come dimostra la presenza nella regione dell'altra irregolare, Cinzia Banelli, anche lei impiegata in un ospedale e fortemente motivata sul lavoro. «Un'altra dalla vita irreprensibile - dice il poli¬ ziotto - e insospettabile. Abbiamo potuto capire con certezza che riusciva nascondere la propria doppia identità persino al marito che, al momento dell'arresto, era come se si trovasse una donna mai conosciuta prima». Anche la Banelli, come gli altri catturati a Roma, è «frutto» del lavoro investigativo sui telefoni. E sui palmari della Lioce che, dice il nostro interlocutore, «sono stati la rovina delle nuove Br». Un libro aperto, una sorta di diario degli ultimi anni di attività: «Per questo la Banelli, quando ci ha visti arrivare a casa sua, ha mostrato espressione di grande sorpresa che ha camuffato con un sorriso di scherno, esteso anche all'ignaro marito. Non capiva di quale entità fosse stato il "guaio" provocato dal materiale trovato addosso alla Lioce»: Un esempio? «Siamo arrivati a Cinzia da ima scheda telefonica utilizzata da una cabina di Pisa, ubicata a pochi metri da un ospedale. La scheda chiamava l'utenza intestata a Romolo Banelli, di anni 70, che ovviamente non ci diceva nulla. Ci siamo poi accorti che la stessa scheda era stata usata (chiamava Milano) il giorno della rivendicazione per l'assassinio di D'Antona e, ancora dopo, richiamava il settantenne Romolo Banelli. Abbiamo pensato che se qualcuno chiama un pensionato, dopo aver avuto contatti telefonici con uno dei cellulari in dotazione alle br, questa persona o deve essere un parente o intrattenere rapporti di lavoro. Ancora dopo entriamo in possesso del materiale della Lioce e siamo in grado di raffrontare i dati acquisiti con quelli relativi a due rapine compiute dai brigatisti. E' facile risalire, attraverso gli impulsi lasciati dai cellulari, alle presenze sospette sul territorio che è stato teatro delle "operazioni militari". Facciamo la radiografia alla famiglia Banelli e scopriamo l'esistenza di Cinzia, un lontano passato politico, che - guarda caso - lavora nell'ospedale S.Chiara, nel cui atrio è ubicata la cabina da dove chiamava la tessera di cui abbiamo parlato. Evidentemente era lei che telefonava alla famiglia, al padre. Andiamo a guardare nei registri dell'ospedale e scopriamo che, coincidenza, la donna era assente il giorno della rivendicazione dell'omcidio D'Antona. Il resto, tutto il resto che è ancora molto di più, è frutto di ulteriori acquisizioni, come i riferimento alla "compagna SO" contenuti nei computer di Nadia Lioce». L'antiterrorismo, dunque, aveva la certezza di trovarsi di fronte a dei brigatisti, seppure irregolari? La risposta è quasi ovvia: «L'esperienza conta molto nel nostro lavoro. Prendiamo il caso del radiologo Morandi: avete visto come i vicini lo definissero una brava persona, fino a paragonare il suo arresto ad un secondo caso Tortora. Ma il suo atteggiamento al momento della cattura, per noi, era già una conferma che avevevamo colpito nel segno. Neppure una parola, non una reazione. Non fa così un uomo perbene che alle tre di notte si ritrova in casa un branco di incappucciati che lo sbattono per terra e gli mettono le manette. Insomma, chiunque altro avrebbe mostrato sorpresa, avrebbe protestato. Poi, in caserma, chiede un avvocato d'ufficio. Ma quando gli spieghiamo bene in che guaio si trova pretende l'avvocato di fiducia e nomina un legale che ha difeso altri accusati di terrorismo. In quel momento sapevamo di essere nel giusto». Dopo iiualche»ora, infatti, si è dichiarato «prigioniero politico», con gran soddisfazione della squadra. «Morandi non pensavamo «Quella Cinzia appena che fosse un killer spietato ci ha visto era stupita da anni si dedica Poi ha guardato tutti alla moglie handicappata con un sorriso di scherno e cura la figlia adolescente» anche il marito disperato» La polizia ha sequestrato molto materiale ritenuto importante per le indagini