IL VELO DELLA DISCORDIA di Barbara Spinelli

IL VELO DELLA DISCORDIA DALLA PRIMA PAGINA IL VELO DELLA DISCORDIA Barbara Spinelli solitudini: la storia dei tre monoteismi ne è ricolma. Avere un'idea dominante, per tutta una vita, può esser cosa misteriosa, generosa e nobile: Alma e Lila aspiravano forse anche a questo, quando hanno giudicato troppo secolarizzati il padre ebreo, la madre algerina. La laicità non è un'ideologia che modera quest'intensità, che l'intiepidisce. Non esiste una scuola filosofica o religiosa cui i cittadini o gh immigrati siano chiamati a conformarsi, quando entrano in Europa. La laicità è di contro un metodo, una procedura elaborata lungo i secoli, il cui obiettivo è la convivenza non violenta tra religioni differenti, e tra persone che vivono la rispettiva fede più o meno intensamente. Non è un metodo che trasforma le fedi in nutrimenti tiepidi dello spirito ma le lascia così come sono, limitandosi a metterle tra parentesi in alcuni luoghi pùbblici precisi: scuole, uffici postali, commissariati, ospedali, parlamenti. In questi luoghi si entra lasciando fuori dalla porta la propria appartenenza a una famiglia religiosa, o a una tribù. Si rinuncia a un pezzetto della propria libertà personale perché sìa protetta la libertà di tutti. La laicità è come un cartello affisso sui cancelli - entri come individuo e non come collettivo, entri se non porterai con te le intolleranze del tuo gruppo - e in realtà tutela le religioni e la libertà di ciascuno. In particolare, tutela la libertà di tutti i musulmani che non desiderano il velo, o che hanno fatto propri i costumi d'Europa: sono la grande maggioranza dei musulmani che oggi devono esser difesi dal ghetto in cui una minoranza integralista e semplificatrice dell'Islam vuole rinchiuderli, nei paesi musulmani e in quelli occidentali. Proprio perché è un metodo e non una religione, la laicità non ha trionfi da celebrare quando in Francia si vieta il velo, o quando in Germania si discute sul velo di Fereshda Ludin, professoressa in una scuola del Baden Wurttemberg. Questi eventi sono un fallimento della convivenza, e come tali sono vissuti dai professori che hanno deciso l'espulsione di Alma e Lila dalla scuola di Aubervilliers. Un insegnante di quel liceo, Philippe Darriulat, lo ha spiegato bene in un articolo su Le Monde del 15 ottobre : «La laicità non è un concet¬ to vuoto di senso ma un problema concreto che riassumerei in una questione semphce: nei luoghi della scuola pubbhca dobbiamo applicare regole comuni alTinsieme delle persone che vi lavorano, o invece dobbiamo accettare che ognuno adotti comportamenti dettati dalle convinzioni personali o incoraggiati da raggruppamenti estemi alla scuola?». C'è una cosa che colpisce, nel caso della Germania. Molto spesso sono le scuole religiose, e in particolare le protestanti, ad avere una visione veramente laica dello spazio pubbhco. Il più delle volte esse proibiscono il velo, mentre nelle scuole pubbliche lo si ammette (tranne in sei Lànder dove una legge regionale h vieta). Questo significa che esiste oggi, nel pensiero laico europeo, un singolare senso di colpa verso questo spazio pubblico che si presenta come complicato e dunque confuso, che tollera le diversità ma anche alza barriere, tabù. Sono i figli del Sessantotto che oggi insegnano nelle scuole, e la loro tentazione è di condividere tutte le rivolte dei giovani contro le autorità, tutte le libertà che non conoscono limiti nella legge. Ma non c'è solo questo senso di colpevolezza, nella tolleranza di molti indulgenti: spesso il velo è favorito perché in fin dei conti ci si vuol contare, nei conflitti di dviltà che certamente vorranno e che forse già stanno accadendo. Le comunità ebraiche difenderanno megho i propri diritti, ì cristiani saranno meno complessati nella difesa delle proprie prerogative. Non si vuole più quello spazio confuso, complicato, die è la laicità: in questi tempi apocalittici si vuole chiarezza, e d si vuole contare. Si obietterà che il metodo laico non è applicato integralmente, in Europa. In Frauda non d sono i crocefissi nelle scuole pubbliche ma in altri paesi sì, e non pochi studenti possono portare la catenina con la croce o indossare la kippah, il copricapo ebraico. Ma oggi, il velo non ha la stessa valenza della croce o della kippah. In gran parte del mondo è un sìmbolo di oppressione, e chi non lo indossa è guardato dai correligionari come un apostata, contro cui laudare decreti di morte. La stessa minacda non grava su chi non porta la, croce, o la kippah. Inoltre, chi indos: sa il velo non sì limita a questa forma di secessione, nelle scuole: non frequenta le ore di ginnastica, di musica, dì fisica e chimica. Non può, perché i genitori lo vietano, partedpare a gite scolastiche troppo distantì da casa (il limite è 81 chilometri: lo spazio percorso da una carovana di cammelli in 24 ore). Il velo significa la maggior parte delle volte l'ordine stabilito neUe scuole dalle famiglie e dai clan, contro la libertà dell'individuo (corpo insegnante o studentesco) di credere molto, poco, o niente. La laicità ha successo solo se non diventa religione di Stato: se non è trionfalista, se non entra in concorrenza con le grandi fedì. Il suo compito deve esser quello di imporre regole comuni a tutti ma ben conoscendo e rispettando il credo di ciascuno, quale che sìa il modo in cui esso viene professato in privato. Non ha senso, ad esempio, dire che il velo non ha nuha di religioso, che è un'invenzione esclusivamente politica, esportata dall'Iran nel '79. Nella Sura 33, versetto 59, si legge: «O profeta, di' alle tue spose e alle tue fighe e alle donne dei credenti che d ricoprano dei loro veli; esd pennetteranno di distìnguerle dalle altre donne e dì far sì che non vengano offese». A volte il traduttore scrive mantelli, a volte veli: comunque i versetti del Corano prescrivono alle donne di coprirsi, anche se le interpretazioni restano innumerevoli. Lo spazio della laidtà non entra in queste disquisidoni, non gareggia con i mille ìnteipreti del Corano, non d mette a disquisire sulla religioàtà o non relìgìodtà d'un mantello. Non punta a intiepidire l'Idam, a relativizzarlo, ma fissa una frontiera, alza una barriera, quando la legge del ghetto tende a prevalere sulla res publica. Non alza barriere solo alTultimo apocalittico minuto, quando la guerra di religione già è scoppiata e ì terroristi già hanno colpito. " Il fondamentalista è convinto che le democrade liberali non credono in nulla. Questo è l'enorme equivoco, che spinge il penderò laico ad abbassare le braccia e a colpevolizzard. Il laico crede fortemente o non crede, non è questo quello che lo distingue. Quello che lo distingue è il limite che pone alla propria libertà, nel momento in cui entra in contatto con la libertà altrui. L'Europa di origine cristiana e umanista è giunta a questa saggezza: separa lo spirituale dal temporale, il religioso da alcuni spad pubbhd. I due ultimi papi hanno parlato della separadone inequivocabile fra Stato e Chiesa come di un «evento provvidenziale». Forse questa saggezza sarà raggiunta un giorno anche dalle altre religioni monoteiste. Fino ad allora, la scuola laica è un rimedio cui difficilmente d rinuncerà, se d vuol difendere un Idam europeo non monolitico ma per l'appunto confuso, compheato: praticato da da chi crede nd velo, sia da chi vuol credere senza dover portare il velo.

Persone citate: Ludin, Philippe Darriulat

Luoghi citati: Europa, Francia, Germania, Iran