Il «Signorino» protagonista dell'Ostpolitik di Igor Man

Il «Signorino» protagonista dell'Ostpolitik IL CARDINALE ACHILLE SILVESTRINI FESTEGGIA OGGI GLI 80 ANNI. GIOVANNI XXIII LO INVIÒ SEMICLANDESTINO A MOSCA Il «Signorino» protagonista dell'Ostpolitik Igor Man Aottant'anni non si è più vecchi, bensì «anziani». Ma i grandi vecchi rifiutano questa sorta di placebo d'una società edonista, ossessionata dalla fretta, schiava delle apparenze, succuba degli spot televisivi. Provate a dar dell'anziano a un grande vecchio (laico) come il poeta Mario Luzi - vi trafiggerà con una occhiata crespa. Provate a dar dell'anziano a Sua Eminenza il cardinale Achille Silvestrini che, proprio oggi, rallegrato fra l'altro da un affettuoso messaggio del Papa, compie ottant'anni vi regalerà un sorriso fra l'indulgente e l'ironico, per infine citare il Diario di un curato di campagna: «Tutto è grazia». Una affermazione convinta, questa, che Silvestrini arricchisce col Vangelo: «Quando eri più giovine ti cingevi la veste da solo e andavi dove volevi. Ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un Altro ti cingerà la veste (Gv 21,18)». Ecco, è nell'Altro il senso della nostra esistenza, del nostro lavoro: la vecchiaia può affliggere le membra, questo sì, ma rischiara la mente così accade che i rami secchi cadano e l'orizzonte schiarisca affinché tu possa riconoscerti nell'Altro. L'Altro, chi è l'Altro? A questa (terribile) domanda Maritain avrebbe risposto a Paolo VI: siamo noi, come ci vede agnosticamente Pirandello: uno, nessuno, centomila. Per Achille Silvestrini, Principe della Chiesa, epperò appassionatamente pastore sin da quando, il 13 di luglio del 1946, monsignor Giuseppe Battaglia lo ordinò sacerdote, poiché soltanto a Dio è dato d'abbracciarla moltitudine («Dio è come il sole, riscalda tutti») occorre umilmente («Non è facile, non è facile») accoglierlo chiunque esso sia, non importa da dove venga. L'Altro arriva al terzo binario d'una stazione senza tempo, là dove lungamente sostano gli accelerati in attesa dell'ultimo passeggero, l'Altro, cui è stato detto: «affrettati lentamente». Per il cardinale Silvestrini l'Altra è arrivato, sul terzo binario, tra la fine del 1953 e il principio del 1954. In quel tempo era ((minutante» di fresca nomina neLservizio, diplomatico, si occupava del sudest asiatico. Un giorno - (di giorno del destino» - Monsignor Tardini, il mitico Segretario di Stato, comunicò al giovanissimo don Achille ch'era «comandato in servizio a Villa Nazareth», il che significava sdoppiarsi: metà della giornata in Segreteria di Stato, l'altra metà a Villa Nazareth per la cura religiosa di quei giovani pensionati d'eccezione. A quell'annuncio il giovine «minutante» sentì, dentro, una «strizzatina» di sgomento. «Ce la farò a far l'uno e l'altro?». Ce la farai, ce la farai: prega un pochino di più, la forza della preghiera è incredibile, e vedrai che tutto andrà bene. Naturalmente comince- rai da domani, concluse Monsignor Tardini. «Naturalmente», assentì don Achille. Villa Nazareth, allora, era una borghese dimora confortevole in faccia alla Pineta Sacchetti, dono d'un divoto a monsignor Tardini che vi sistemò pochi «giovani meri.tevoli». Negli anni qu^l piccolo pensionato s'è ingrandito notevolmente, ha filiali in tutto il mondo: ospita e assiste giovani di talento che senza l'ospitalità e l'assistenza di Villa Nazareth non potrebbero frequentare l'Università in Roma o a Bologna eccetera. E' la versione laica della Parabola dei Talenti. Negli anni, da Villa Nazareth sono infatti uscite centinaia di laureati, molti dei quali, come suol dirsi, han fatto carriera: in medicina, in magistratura, nella scuola, nella burocrazia eccetera. Prefetti, generaloni, scienziati «danno una mano» a Don Achille e alla dottoressa Groppelli, una psicologa che accoglie e assiste i giovani pensionati, maschi e femmine, con soave seve¬ rità e allegra ironia: giusta la formula (vincente) di Monsignor Silvestrini. Singolare è che Villa Nazareth si preoccupi di forgiare buoni cittadini: pochissimi sono quelli che vanno in seminario. Ma il Cardinale, giusta il presentimento di Tardini, non si è limitato a prendere l'accelerato «colmo della grazia dei talenti» come ripete tra il commosso e il divertito. In forza della preghiera è anche riuscito a prendere un velocissimo supertreno. Complicato. Lo stesso che lo ha fatto assistente, consolatore, braccio destro del cardinale Casaroli, un Segretario di Stato forse irripetibile col quale ha vissuto la storica «avventura dell'Ostpolitik». Uso il termine avventura consapevolmente: in piena guerra fredda, un Papa Santo, Giovanni XXHI, decide di spedire, vestiti in borghese e dunque semiclandestini, due prelati di Curia a Mosca, roccaforte del comunismo sovietico, duro, prepotente, impietoso «per realizzare l'adesione della Santa Sede al Trattato sulla non proliferazione nucleare». Quel viaggio, a ben guardare, è la prima breccia - piccola ma insidiosa - dell'Europa cristiana nel Muro ateo che divide la Germania stabilendo, con la brutalità d'una violenza continua, la divisione del mondo in due blocchi contrapposti. La prima breccia, sissignori, in quel muro cui darà la spallata decisiva Giovanni Paolo II, il Papa slavo, lui, Wojtyla, il cristiano incandescente venuto dal freddo. Sempre dividendosi fra l'accelerato «colmo di grazia» che porta a Villa Nazareth e il supertreno che conduce alla Conferenza delle Nazioni Unite sull'uso pacifico del nucleare (Ginevra 1971) e, ancora a Ginevra, alla Conferenza (da lui magistralmente gestita) per l'attuazione del Trattato sulla non proliferazione delle armi atomiche (1975), Silvestrini, nel frattempo nominato arcivescovo, guiderà la delegazione della Santa Sede per la revisione dei Patti Lateranensi. «Il signorino», lo chiamava affettuosamente monsignor Tardini che a lui, a Silvestrini, lascerà la guida di Villa Nazareth. «Signorino» .perché indossa la tonaca con ipnata eleganza, e le sue camicie son •sempre immacolate e le mani curate («Ho imparato a curare le unghie in seminario, per rispetto deU'Ostia consacrata»); un «signorino» per quel suo sorriso affabile ma vagamente ironico, per le sue «curiosità intellettuali» che lo fanno amico di grandi scrittori e poeti, di geniali uomini di cinema, di accademici, di personaggi d'ogni razza e paese. «Ù signorino»: sono convinto che la difficile missione (quella spirituale di Villa Nazareth, quella diplomatica come «ministro degli esteri» e successivamente quale Prefetto della Congregazióne per le Chiese orientali) abbia fatto di Achille Silvestrini un cardinale invero diverso dagli altri Principi della Chiesa. Un cardinale che conosce i mille anfratti del Palazzo (apostolico), un diplomatico di rara esperienza (non si contano le sue delicate missioni all'estera), padrone delle lingue e della Storia di svariati paesi, ricco di implacabile metodicità intelligente; un pastore che cura un complesso gregge in una parrocchia della periferia ingrata di Roma, il maestra che guida e consola l'Altro di Villa Nazareth. Il confessore di grandi laici che ha aiutato con rara riservatezza a rimettere l'anima' a Dio: penso soprattutto a due perduti amici comuni: Giovanni Spadolini, Federico Fellini. In verità don Achille è un cardinale-pastore, un principe sacerdote. Il vecchio cronista ha molto viaggiato, ricalcando spesso le orme diplomatiche di Achille Silvestrini: da Mosca a Helsinki al Vietnam, dall'Argentina al Libano, dal Salvador al Libano all'Iraq e via così. D cammino diplomatico del Cardinale è segnato da successi mai pubblicizzati, dal sacrificio, anche fisico, che una così diffìcile missione comporta. Per lui far diplomazia è un modo di portare il Vangelo nel mondo. «Non importa come, quel che conta è farlo». ((Aristocratico nei modi, ma interlocutore instancabile, gentile, comprensivo ma inflessibile», così mi disse di don Achille il caro ambasciatore Vittorio di Montezemolo. «Personaggio eccezionale, fuori del comune: con una marcia in più», secondo il giudizio di Gennaro Acquaviva mentre l'ambasciatore Marcello Guidi lo reputava «uno dei cervelli più lucidi della Santa Sede». Questi i giudizi della «controparte» durante la revisione del Concordato. E Craxi, qua! è il giudizio di quello statista roccioso che non ci stava a perdere? «Silvestrini è imprevedìbile: ti lascia parlare. Tu parli e parli, lui prende appunti. Se non stai attento, quand'è il tuo turno sei cotto: in tre minuti è capace di smontare tutto il tuo articolato discorso. Un duello serrato, il nostro, ma nel segno del rispetto reciproco, per il bene comune». Ora che ha compiuto gli ottanta, lui, già considerato ((papabile», è fuori dal grande slam, dicono con rispetto ma: «Tutto è grazia», ripete Silvestrini con Bemanos. Quando ci incontriamo e lo Vedo sorridere a mia moglie, carezzare la fronte di mio figlio e infine benedire il cibo che Dio ha destinato alla mia tavola, osservando le sue mani muoversi nel gesto eterno della benedizione, mi sorprendo, ogni volta, a pensare, con Hegel, che la fede è meditazione misteriosa, non soltanto carità ma altresì speranza. Non solo in quanto attesa ma in quanto certezza: nel senso più profondo della parala. E ciò perché, come ripete don Achille, «U Regno è fatto di persone, ed il prezzo dell'ingresso è la libertà umana, mentre il dono del Regno è la libertà divina». Ammirato per l'eleganza raffinato diplomatico confessore di grandi laici amico di Spadolini e Fellini II cardinale Achille Silvestrini, ottant'anni