«Non ci fu mobbing», Ergom assolta

«Non ci fu mobbing», Ergom assolta LA DITTA DI BORGARO E UN CAPO TURNO ERANO STATI DENUNCIATI DA UN'OPERAIA: FU IL PRIMO CASO «Non ci fu mobbing», Ergom assolta La sentenza riapre il problema dell'interpretazione tra giudici Niente mobbing alla Ergom di Borgaro. La ditta e un suo capo turno erano finiti sui giornali come il primo caso di «vessazioni subite da una dipendente da parte di un suo superiore», in altre parole mobbing. Ma ieri, a sorpresa, il giudice Rita Chierici ha assolto l'imputato con formula ampia «perché il fatto non sussiste». Ha ritenuto cioè che tutte le angherie o presunte tali raccontate in aula dall'ex impiegata di 42 anni, parte lesa, non integravano il reato di maltrattamenti aggravati e reiterati, che è poi la traduzione nel codice penale del mobbing. Una sentenza destinata a far discutere e comunque a creare qualche problema di interpretazione anche tra gb stessi giudici. Infatti quattro anni fa il giudice del lavoro Vincenzo Ciocchetti aveva imposto alla Ergom Materie Plastiche di risarcire con poco più dì 5 mila èuro la donna per il danno biologico sofferto in azienda, aveva cioè ritenuto che una sorta di mobbing sussistesse. Non a tal punto però - così appare l'interpretazione della sentenza di ieri - da poter parlare di veri maltrattamenti. «Entrai in fabbrica nel maggio del '96 - ha raccontato la parte lesa in aula a Ciriè - e dopo una settimana il capoturno incominciò a tenermi fissa alla "macchina 140" che produceva dei bocchettoni per la benzina da sistemare nelle auto. I miei colleghi tutti i giorni cambiavano mansione e io ero sempre lì in quello spazio angusto, nascosta da macchinari e cassoni dove non mi potevo nemmeno muovere e dove quattro ore al giorno sarebbero state insopportabili, figurarsi otto». Poi aveva ricordato le parole del capoturno: «Quando mi rivolgevo a lui mi rispondeva di non rompergli le scatole, che se mi mettevo in orizzontale non avrei dovuto più stare in verticale, io cominciai a deprimermi, a dimagrire, a soffrire di agorafobia, così dopo le ferie presi una sessantina di giorni di mutua e poi mi licenziai». Tre mesi era durata l'esperienza alla Ergom. La donna si era rivolta al giudice del lavoro ed aveva vinto. Poi la vicenda era finita in penale, acquisita dal pool anti-mobbing del procuratore aggiunto Raffaele Guariniello (che in un anno ha raccolto oltre cento denunce di donne sottoposte a ricatti e molestie sul lavorale sostenuta in aula dal pm Quaglino. Erano seguite al tribunale di Ciriè quattro udienze infuocate, con la parte lesa e i suoi avvocati, Claudio Maria Papotti e Alberto De Sanctis, impegnati nel bissare anche in penale la vittoria ottenuta in civile, dall'altra il difensore Michela QuagUano e l'avvocato Carlo Mussa, a difendere la Ergom del presidente del Torino calcio. Franco Cimminelli, chiamata in causa come responsabile civile. [n. pie.] La Ergom di Borgaro fu la prima ditta denunciata per «vessazioni su una dipendente»

Persone citate: Alberto De Sanctis, Carlo Mussa, Claudio Maria Papotti, Franco Cimminelli, Primo Caso, Quaglino, Raffaele Guariniello, Rita Chierici, Vincenzo Ciocchetti

Luoghi citati: Borgaro, Ciriè