«La Nato andava sciolta coi Patto di Varsavia» di Renato Rizzo

«La Nato andava sciolta coi Patto di Varsavia» LA SESSIONE DI INSEDIAMENTO DELL'ORGANISMO PRESIEDUTA IERI DA MIKHAIL GORBACIOV «La Nato andava sciolta coi Patto di Varsavia» La provocazione di Andreotti a Torino alla presentazione del World Politicai Forum Renato Rizzo TORINO «Nel momento in cui è finito il Patto di Varsavia doveva sciogliersi anche quello Atlantico»: Giulio Andreotti sigilla con un'affermazione provocatoria la presentazione ufficiale del World Politicai Forum, il think tank etico-sociale che mette un formidabile Senato di «saggi» dell'intero pianeta al servizio di quanti sono chiamati, oggi, a guidare il mondo della pohtica e dell'economia. L'ex presidente del Consiglio segnala l'incongruenza, la «contradditorietà» d'una alleanza militare quando «non si sa neppure chi sia il potenziale nemico, visto che la Nato aveva il preciso scopo deterrente di scoraggiare l'Unione Sovietica dall'attaccarci. Quasi tutti, però, nel 1991, s'opposero al suo scioglimento. La giudicavano una cosa, come dire, bizzarra. Non io. E il mio dissenso è ricordato anche da Paolo Emilio Taviani nel suo libro». Gli fanno notare: oggi il capitolo difesa europea crea qualche confusione nel Vecchio Continente con due fronti che appaiono contrapposti: da una parte Francia e Germania, daU'altra l'Inghilterra. Lui replica: «Sì, è un discorso ancora aperto, con situazioni molto differenti legate anche al fatto che due Paesi hanno l'atomica e gli altri no. Credo che andrebbe restituita importanza all'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, quell'Osce che gli Usa prendono molto sul serio». Ma Andreotti, prima ancora che le luci dell'ufficialità s'accendano sul Forum, lancia un secondo consiglio ai governanti: riguarda l'immigrazione e l'atteggiamento da adottare nei confronti degh extracomunitari che bussano ai confini: «Dobbiamo cercare di capire, essere "molto larghi" perché noi stessi siamo stati un popolo d'immigrati». Ma è anche stabilire «regole certe perché nessuno è sprovveduto» pur se «l'opinione pubblica è abbastanza variabile: sulla spinta dell'emozione suscitata dai drammi tutti desidererebbero aprire le porte, salvo poi, la settimana dopo, voler abbassare le saracinesche». Quanto alla Libia, base di partenza dei boat people, il senatore crede «che si possa fare un accordo». C'è anche il tempo per irridere a Bossi che mette in dubbio Roma capitale: «Quando dice queste cose, noi, a Roma, non lo prendiamo sul serio: sono parolacce, come quelle per le quali, quando eravamo ragazzini, prendevamo le botte sulle dita». Oggi il Forum presieduto da Gorbaciov e che ha come copresidente il governatore del Piemonte, Ghigo, chiamerà a raccolta il suo parterre d'eccezione: cento rappresentanti di 25 Paesi per porre la prima pietra di quella che, come ha sottohneato Giuliette Chiesa - riprendendo temi espressi sia dal segretario generale dell'organismo, Rolando Picchioni, sia dal segretario del comitato scientifico Andreij Graciov e dal presidente della Fondazione Cri, Andrea Comba - «non sarà una parata, ma una grande sfida che richiederà sforzi economici e organizzativi» per trasformarsi in una struttura fissa. Al consesso torinese si viene per «insegnare», ma anche per «imparare», come testimonia Fatima Gailani, afghana, membro della Loya Jirga (l'assemblea tribale) e portavoce del Fronte nazionale islamico. «Al mio Paese stiamo scrivendo la Costituzione ed è importante, per me, confrontarmi con queste grandi personalità che hanno fatto la storia degli ultimi decenni». Ma è qui anche per un altro motivo: «Conoscere Gorbaciov, l'antico nemico». Parla della condizione femminile neh'Afghanistan d'oggi e del burka che, a volte, non è simbolo d'una adesione al fondamentalismo, ma mezzo di difesa in una società ancora gonfia di pericoli: «Le donne attraenti lo indossano per nascondersi agh occhi degh uomini e sfuggire alle loro molestie». Mikhail Gorbaciov a Torino