L' «ayatollah» della moneta forte alla guida della Bce di Stefano Lepri

L' «ayatollah» della moneta forte alla guida della Bce SI CELEBRA IL PRIMO NOVEMBRE IL CAMBIO DELLA GUARDIA ANNUNCIATO AL VERTICE DELL'ISTITUTO DI FRANCOFORTE L' «ayatollah» della moneta forte alla guida della Bce Arriva Trichet, il banchiere che ama il rigore e le poesie di Chateaubriand personaggio Stefano Lepri DI fronte a un grave scandalo bancario, una importantissima autorità politica accusa gh organi incaricati della vigilanza: «Mi spiace dover affermare che il controllo non è stato svolto seriamente». Italia del 2003? No, Francia del 1996. Il presidente Jacques Chirac accusava il governatore della Banca di Francia e l'allora direttore generale del Tesoro, Jean-Claude Trichet, di non aver saputo scoprire per tempo il marcio che c'era dentro al Crédit Lyonnais. Il principale risultato di quelle critiche, pronunciate in occasione della festa nazionale del 14 lugho, fu im bel «febbrone di ferragosto» (così lo chiamarono i giornali) per il franco francese. Ma Chirac cambiò presto idea, dal nero al bianco. Non erano passati nemmeno due anni che si batté come un leone, solo contro tutti gh altri capi di Stato e di governo europei, perché Trichet, e non Wim Duisenberg, fosse nominato primo presidente della Banca centrale europea. Dopo aver ottenuto il compromesso della staffetta tra i due, per vederla realizzata Chirac ha dovuto attendere - un contrappasso - che un tribunale assolvesse Trichet da ogni responsabilità sullo scandalo. Ora finalmente, dal 10 novembre, poco prima del suo sessantunesimo compleanno, Jean-Claude Trichet si insedierà nella Eurotower di Francoforte e metterà la sua firma sulle banconote che portiamo in tasca. Noteremo in tv le sue camicie, dal «collo itahano» secondo i termini della moda maschile di Parigi, a punte ampie e divaricate, tutto bianco su camicie a righe o celesti. Lo sentiremo parlare con la passione di convincere e la sicurezza di riuscirci: «sa come fare aderire l'interlocutore al suo punto di insta, mettendolo in condizioni di sentirsi molto intelligente se lo fa» è stato detto di lui. E' un'arte della parola, la sua. Avent'anni scriveva poesie; adesso, assicura, si limita a leggerne. Ne declama perché, sostiene, «la poesia nacque per essere recitata». Ne sa mo te a memoria, e gioca sul consumato doppio senso che nella sua lingua offre mpprendrepar coeur», imparare a memoria, imparare con il cuore. Capita anche giusto che due dei suoi autori preferiti, due grandi della letteratura francese, avessero notoriamente un pessimo rapporto con il denaro: Charles Baudelaire e Paul Valéry. Così può occuparsi di denaro mostrando al contempo di ritenere che ci siano nella vita cose più importanti dei soldi. L'hanno visto sulle mura della città dei suoi avi, Saint Malo (dove c'è anche un Guai Trichet, sul porto) declamare ad alta voce una poesia di Chateaubriand, nativo di lì. E' stato amico di scrittori, come Julien Gracq e il malinconico e bizzarro Georges Perec, l'autore di «La vita, istruzioni per l'uso». Gh è capitato di scendere in un pozzo carbonifero e di attaccare la roccia con un martello pneumatico, come parte del tirocinio per diventare ingegnere minerario àll'Ecole di Nancy, e di raccontarne più tardi che «ha conosciuto la fatica dei minatori descritta da Emile Zola». Insomma, un francese in tutto e per tutto, intellettuale ed elegante, appassionato della retorica e del suo Paese. Ha studiato solo in Francia, cosa davvero rara tra chi oggi si occupa di economia nel mondo. Però in patria a lungo l'hanno considerato una specie di marziano, un alieno che si era introdotto nei palazzi del potere per indurli con perfida intelligenza ad adottare politiche prima sconosciute, il rigore contro l'in- flazione, il franco forte, l'autonomia della banca centrale dal potere politico, l'attenzione al giudizio dei mercati. Lo insultavano, dieci anni fa, chiamandolo «ayatollah della moneta forte», «servo della Bundesbank», «monomaniaco del rigore». Giorni fa gh hanno chiesto se alla guida della Bce continuerà a difendere con la stessa severità di Duisenberg l'obbligo di contenere i deficit pubblici entro il 30Zo, di cui il suo Paese è un recidivo trasgressore. Ha risposto che naturalmente lo farà, «perché il limite al 30Zo del prodotto lordo è ima invenzione francese». Era un understatement garbato: fu lui in persona a proporlo, nelle trattative per stila¬ re il trattato di Maastricht, con l'idea che fosse più facile applicare un numero secco che l'esclusione delle spese di investimento suggerita dai tedeschi. Roba sua, il rigore. Ma lo stile nel difenderlo sarà diversissimo da quello di Duisenberg. L'obbligo di dire e non dire, di comunicare senza rivelare, che assilla i ban¬ chieri centrali, l'olandese lo ha affrontato parlando poco e limitandosi spesso a delle battute che però non sempre gh venivano bene. A Trichet, per quanto se ne sappia, non è mai sfuggito un lapsus. Nei dieci anni che ha guidato la Banca di Francia ha intrattenuto i giornalisti invitandoli a pranzo, tenendo incontri off records, rispondendo al telefono: sempre cercava di convincere, mai rivelava nulla che non dovesse. Se cambierà qualcosa nella condotta della Bce è difficile dirlo: anche questo corrisponde all'uomo Trichet. E' curioso che una personalità così spiccata, forte per carattere e per varietà di interessi, esponga ima visione dell'economia di geometrica freddezza, senza nemmeno una piccola sbavatura, poco originale insomma; al contrario, per dire, di Antonio Fazio che trae molto da Keynes che gh altri banchieri centrali poco amano e cita il suo San Tommaso, o di Alan Greenspan capace di trarre conclusioni controcorrente da dati che analizza lui stesso. Dicono i suoi critici che Trichet ha scelto freddamente di posizio- narsi nel mainstream, al centro della corrente che domina nel pensiero economico intemazionale, capendo che presto o tardi la Francia sarebbe stata costretta a confluirvi anche controvoglia. Ha una forte idea della storia: cerca di individuare una tendenza di lungo periodo per precorrerla. Ha fatto così fin da giovane. Nel 1969, naturalmente àilaEcole nationale d'administration (Ena), era di sinistra come tutta la sua generazione, predicava giustizia ed eguaglianza, firmò un appello «contro la repressione». Ma non riteneva certo che «lo Stato borghese si abbatte e non si cambia»: voleva cambiarlo lui entrandovi, tanto che di fronte alla minaccia del potere di non ammettere a pubblici incarichi i diplomati di quel corso riottoso si acquietò. Lui stesso racconta che con lo studio dell'economia gli «caddero i paraocchi», verso il '75: «Mi accorsi che le idee della sinistra di allora erano totalmente avulse dalla realtà». Da quella conversione gh è rimasta, racconta, (da scarsa fiducia negli esperti di qualsiasi genere, che secondo me una volta su due si sbaghano». E' dunque un pragmatico. A trentasei anni, nel '78, era già nello staff del presidente della repubblica Valéry Giscard d'Estaing. Non sempre gh è andato tutto per il verso giusto. Nella grande crisi valutaria del settembre '92 che portò all'uscita rovinosa di sterlina e lira itahana dallo Sme, come presidente del comitato monetario europeo, fu sospettato soprattutto dagli inglesi, ma anche dagli itahani - di giochi di prestigio fondati sul non riferire per intero le posizioni dei rappresentati di un Paese ai rappresentanti di un altro. Parve, per dirla in francese, un po' trichcur, vale a dire baro, negh interessi esclusivi della Francia e del «franco forte». Ora, promosso a Francoforte (bisticcio valido anche nella sua lingua), Trichet si troverà a fianco nel lavoro quotidiano, come personaggi più di spicco nel direttorio a 6, il greco di formazione americana Lucas Papademos, vicepresidente in rapida ascesa di reputazione, l'italiano cosmopolita Tommaso Padoa-Schioppa, il quintessenziale tedesco Otmar Issing. «Baro no, Trichet - dice sorridendo un economista che ha avuto occasione di incontrarlo spesso ma un pochino bugiardo sì, come spasso capita agh alti funzionari francesi, in nome di interessi che ritengono superiori». Gh piace mettere per scritto le sue indicazioni, inviando lunghi biglietti o e-mail. Gh piace convincere e vincere. Vorrà mostrare con garbo che comanda lui.

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