La rabbia in moschea «Solita storia, ma noi non c'entriamo»

La rabbia in moschea «Solita storia, ma noi non c'entriamo» «BIN LADEN VIVO? UNA BARZELLETTA» La rabbia in moschea «Solita storia, ma noi non c'entriamo» Abdel Shaari, presidente di viale Jenner: «Perché questo Rafik non è stato fermato prima?». Riccardo: «Nessuno di noi copre terroristi» reportage Brunella Giovata MILANO VISTA dalla loro parte, è «tutta una montatura». Un gigantesco complotto. Una strategia della tensione per danneggiare, alla fine, solo l'Islam. Così, quell'ttimam itinerante» appena arrestato li fa molto ridere. Come la cassetta di Bin Laden che minaccia il mondo: «una barzelletta». Una voce «che è troppo giovane per essere la sua», e quel via vai di registrazioni audio e video che arrivano ad AlJazeera «passando sotto gli occhi degli americani, poi», ha deir«mcredibile». E «probabilmente Bin Laden è morto a Torà Bora, con le bombe di profondità. Come Saddam. Morto». Probabilmente è morto, ma intanto i vertici delle comunità islamiche d'Italia ci fanno i conti anche oggi, con i «fratelli» che chiedono «ma sarà poi vero?», i tre arrestati con l'accusa di terrorismo, giusto ieri, e i telefonini che squillano le domande d'obbligo: «Ma lei che fa, si dissocia da Bin Laden? E l'imam di Cremona?». Si dissociano d'ufficio, ormai, e dopo fanno i loro distinguo più raffinati, in cui c'entrano i sondaggi di Bush e le effettive responsabilità di Bin Laden nelle Torri Gemelle, l'orgoglio di chi vive l'Islam in Italia, e anche la possibilità neanche tanto remota - che prima o poi un «fratello» decida davvero di farsi terrorista, «diventando così il capro espiatorio che i mass media stanno cercando tra noi». Così ragiona Hamza Roberto Piccardo, segretario nazionale dell'Unione delle comunità e organizzazioni islamiche italiane. Italiano di nascita e musulmano per scelta, ritiene che prima o poi, «uno su un milione» (tanti sono stimati gli islamici che vivono in Italia) potrebbe davvero compiere atti che naturalmente noi condanniamo, ma alla luce di quanto sta succedendo, potrebbe veramente fare». Un attentato, ad esempio? «Speriamo di no, è ovvio. Ma io immagino un fratello che ad un certo punto dice: "tutti pensano che noi siamo solo terroristi, e allora divento terrorista sul serio!". Vede, non tutti sono equilibrati, non tutti hanno una casa e una famiglia, un lavoro che li soddisfi... E allora può succederei». E lei che fa? «Io dico che nessuna moschea d'Italia copre dei terroristi. Dico che nessuno di noi coltiva progetti di eversione, e che ci interessa la pace, non la guerra. Anzi, stiamo giusto preparando il Ramadan, e venerdì ho predicato pubblicamente "perdonate quelli che vi fanno del male, perdonate le offese"». Detto questo, Piccardo si dichiara preoccupato per quel!'«uno su un milione di persone pacifiche quali noi siamo», quel «qualcuno» senza arte né parte che sì, potrebbe prendere le armi e raccogliere l'appello di Bin Laden. «Un capro espiatorio, che farà molto contenti i giornali e le televisioni. Uno spostato, un mentecatto come ce ne sono tanti. Tipo quello che voleva far salta¬ re i templi di Agrigento, e anche la metropohtana di Milano. Ricorda? Nessuno ne parla più, perché era solo un matto». Quanto agli arresti di ieri, «punto primo: noi non abbiamo imam itineranti, e la sola definizione ci fa ridere molto. Punto secondo: per me qui bisognava dare un segno, il giorno dopo l'allarme sulle presunte nuove minacce di Al Qaeda». E poi «grazie a Dio qui non è mai successo niente, e nemmeno in Europa, sempre grazie a Dio». E se succedesse davvero, stavolta? «Non lo credo possibile. La verità è che qualcuno ha buon gioco a tenere sotto stress l'opinione pubblica, per convincere i parlamenti a finanziare ancora di più la sicurezza. C'è chi ha interesse a creare un clima di tensione, in cui noi purtroppo siamo le vittime predestinate». Abdel Amid Shaari è presidente dell'Istituto culturale islamico di viale Jenner a Milano, tuttora al centro di alcune inchieste della procura (che vi ha individuato alcune cellule terroristiche e arrestato alcuni fedeli). Shaari non può escludere che i tre musulmani arrestati ieri abbiano mai frequentato il suo centro. «Può darsi, ma chi è in grado di controllare? Non io. Non chi apre la moschea a chiunque voglia pregare in pace. Personalmente non ho mai conosciuto questo Mohamed Rafik, ma è possibile che sia passato da qua, come migliaia, del resto. Entrano, pregano, se ne vanno». Ma «se è vero» che Rafik era già conosciuto per fatti di terrorismo ^compiuti in Maxffcco. «allora perché non è statò fermatoprima, prima che entrasse in Italia? Lo Stato italiano avrebbe dovuto muoversi per tempo, se è vero che è un terrorista». «Io ammetto che ci possono essere persone estremiste, e anche dei matti, capaci di compiere atti pericolosi», sostiene il dottor AymanAlsabag, porta-• voce della comunità islamica di Brescia, che è il punto di riferimento di circa 35 mila-musuK mani, la maggior parte dei quali impiegati nel settore dell'acciaio. «Ma rifiuto di codificare assieme il terrorismo e l'Islam. Quando sento parlare di terrorismo islamico mi arrabbio molto, perché nessuno parlerebbe mai di terrorismo cattolico o ebraico, che pure esistono». Naturalmente il dottor, Alsabag si dissocia completamente da Bin Laden' e dai siibi proclami («sempre che l'attentato alle Torri gemelle l'abbia poi fatto lui...»), ma pensa anche che tutto questo sia una colossale montatura: «Ogni volta che Bush cade nei sondaggi, ecco che esce dal nulla una cassetta che ci minaccia. E' tutta-una messinscena tesa a I diffamare l'Islam, e le comunità islamiche' collocate in Paesi non MàffiiclrOltre tatto, se Bin Laden potesse mettere in atto quello che minaccia di fare, non crede che l'avrebbe già fatto?». la cassetta di Osama? «La voce è troppo giovane per essere la sua» «Ogni volta che Bush cade nei sondaggi, ecco chespunta un nastro: incredibile, no?» Musulmani in preghiera