Al grande circo dei Monty Python

Al grande circo dei Monty Python Al grande circo dei Monty Python IL comico invecchia rapidamente; un certo tipo di comicità folle degli inglesi per gli inglesi è impossibile da esportare. Ecco due luoghi comuni smantellati dal successo in terra di Francia di molto materiale dei Monty Python, successo che ha incoraggiato l'iniziativa attualmente a Roma; una edizione italiana intitolata Monty Python's Flying Circus che i produttori sperano di poter tenere nello stesso locale neanche tanto piccolo, la Sala Umberto, per un minimo di quattro mesi, e forse molto di più. I Monty Python erano un gruppo di amici che prima di disperdersi e di diventare famosi singolarmente - Terry Gilliam, l'unico americano, come regista, John Cleese e Michael Palin, come attori di cinema; gli altri erano Graham Chapman, Eric Idle, Terry Jones - si esibirono, dal vivo, alla tv e poi anche con certi irresistibili filmetti - in un repertorio inventato collettivamente, fatto di scenette di durata variabile e di assoluta imprevedibilità. Qualche campione tra quelli scelti per l'odierna trasposizione. Uno starter spara ripetutamente la pistola per una gara di corsa tra atleti sordi, nessuno dei quali si sposta dai blocchi. Un pluriomicida chiede perdono in modo così patetico che il giudice stesso e l'accusa, commossi, decidono di perdonarlo. Un tale entra in un ufficio dove pagando si può litigare, ma continua a sbagliare stanza - va dove lo picchiano, dove lo insultano, ecc., senza mai trovare quello che vuole. Una coppia segnala una forchetta sporca in un ristorante di lusso, provocando prima le scuse più abbiette, quindi addirittura il suicidio del proprietario disperato... L'edizione ha lo spirito giusto: la regia di Daniela Giordano è allegra, precisa e inventiva, montando una specie di circo colorito, con musiche quasi tutte affidate alle incalzanti percussioni di Giuditta Santori; e i cinque interpreti Maruska Albertazzi, Roberto Giufoli, Michela La Ginestra, Fabio Ferrari e Riccardo Rossi posseggono il giusto equilibrio di energia,aggressività e impassibilità. La serata, meno di due ore in tutto, è veloce, e la gente sembra divertirsi assai. Ho poi rivisto Lady Day, musical diretto e co-scritto da Massimo Romeo Piparo sulla storia di Billie Hohday, la regina dello swing. L'edizione per i teatri (ora a Genova, poi a Trieste, Napoli, Milano) è più curata di quella che debuttò all'aperto, a Benevento, un anno fa, e tra l'altro ha saggiamente eliminato un truce numero sul Ku Klux San. Come allora comunque la protagonista assoluta Amii Stewart è deliziosa non meno delle molte stupende canzoni, di Cole Porter e compagni, che fa ascoltare, anche se è sicuramente agli antipodi della vera Billie. Di quella ci dicono attraverso dei quadretti sintetici che veniva dalla fogna, ex prostituta bambina, drogata incorreggibile, vittima di molti uomini senza scrupoli; mentre la Stewart sembra una crocerossina, impeccabile e irreprensibile nei gesti, nel portamento, nel contegno. Malgrado un contomo accettabile, con buone scene, musica dal vivo, balletto, Massmo Reale che si moltiplica come impresario, narratore, e come un Frank Sinatra giovane e stonato, lo spettacolo si compendia in lei, che del resto vale da sola il prezzo delbiglietto. i

Luoghi citati: Benevento, Francia, Genova, Milano, Napoli, Roma, Trieste