«Ero fascista per le Br, comunista a Palermo»

«Ero fascista per le Br, comunista a Palermo» FACCIA A FACCIA CON VIETTI ALLA FESTA DELL'UDC CHE SI CONCLUDE DOMANI SERA AL VALENTINO «Ero fascista per le Br, comunista a Palermo» il procuratore Caselli: la verità è che facevo soltanto il mio dovere dibattito Giuseppe Sangiorgio RAPPORTI tra poteri «forti», fra pohtica e magistratura. Con riforme «vissute male». Che creano polemiche «talvolta furibonde», per esempio sulla separazione delle carriere fra pubbhci ministeri e giudici. E che, alla fine, danneggiano entrambe le parti in causa, ma soprattutto quella «Giustizia giusta ed efficiente» al centro del dibattito di ieri, alla festa dell'Udo che si conclude domani al Valentino, fra il sottosegretario Michele Vietti, il procuratore generale della Repubblica, Giancarlo Caselli, l'ex esponente del Csm, Mauro Ronco, e il presidente del Tribunale di Torino, Mario Barbuto, moderati dal giornalista Rai, Luigi Piccitto. Secondo Vietti «non sarà la "grande Riforma", ma tante, piccole e graduali che consentano alla giustizia interventi più rapidi, anche se forse meno perfetti e cesellati, a risolvere il problema». E, se così l'attuale ordinamento, «vecchio e distorto» verrà adeguato alle esigenze di efficienza, se ne avvantagge¬ ranno gli stessi magistrati». Replica Caselli: «Tutte queste riforme per cui stiamo litigando ferocemente non risolvono, anzi peggiorano, il problema dei problemi: la durata vergognosamente interminabile dei processi. Se non si vucle ■jentire l'opinione dei magistrali, si facciano parlare i professori universitari, gli scienziati del diritto. I magistrati non convidono i modi della riforma, gli obiettivi sì. Sono sacrosanti e necessari». Ma la giustizia è stata davvero spesso utilizzata come un'arma impropria contro gli avversari? Risponde Caselli: «Quando a Torino feci il dibattimento contro i terroristi, fui definito "fascista", poi, arrivato t. Palermo, con il processo Andreotti diventai "comunista". La realtà è un'altra: in entrambi i casi cercai di fare il mio mestiere, il magistrato». A giudizio di Vietti, comunque, in un certo periodo della vita del Paese, la magistratura «ha condizionato la politica e il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica è indubbiamente avvenuto anche grazie ad iniziative di carattere giudiziario». «A questo punto - precisa Vietti - vorrei che si pelose fare una riflessione sulla ricaduta istituzionale dell'opera dei giudici in quella stagione: senza cercare capri espiatori». Questi i contenuti della riforma, elencati da Vietti: l'accesso, con cui si entra in magistratura dopo un concorso, «che ti rende giudice a vita, e non obbliga ad aggiornamenti quanto mai necessari». Quindi la separazione delle carriere e meccanismi in grado di snellire i dibattimenti. «Gli obiettivi della riforma segnalati da Vietti - osserva Caselli - sono sacrosanti. Al punto che l'Associazione nazionale magistrati (Anm) ha proposto l'istituzione di controlli di produttività su tutta la categoria». Diminuendo addirittura lo stipendio a chi non fosse in grado di dimostrare il necessario impegno. Ma i provvedimenti suggeriti dal ministro Castelli vanno in questa direzione? Secondo Caselli, non proprio. La critica - ripete l'alto magistrato - non arriva soltanto dai giudici, ma da centinaia di docenti universitari che si occupano del problema, in veste di giuristi e di insegnanti. «Perché i continui concorsi cui sarebbero sottoposti i magistrati per far camera andrebbero, per esempio, a discapito del tempo da impiegare nelle aule giudiziarie». Eh sì, visto che, a giudizio di tutti i relatori, il problema vero, sono le attese. «Per arrivare alla sentenza in una causa civile sono necessari 10 anni». E questa, per considerazione unanime, non è giustizia. Ma il presidente del Tribunale di Torino, Mario Barbuto, spiega come lui sia riuscito ad «abbreviare» tempi e procedure, mentre il giurista Mauro Ronco insiste: «La magistratura, in Italia, ha conquistato una posizione importante. Ha avuto il merito di far da supplente alle carenze della politica, ha combattuto, con e nella legalità, terrorismo e mafia, si è resa autorevole e adesso si oppone alla separazione delle carriere perché in tal modo perderebbe compattezza e, quindi, potere». Caselli conclude ricordando che i magistrati, nei processi a «personaggi eccellenti» sono portati sugli scudi se assolvono, e considerati nemici se condannano. «Si tratta di un teorema pericoloso. Basti un esempio per capirlo: i magistrati che in prima istanza avevano assolto Andreotti e condannato il super poliziotto Contrada erano gli stessi». Per il sottosegretario «non sarà la "grande Riforma", ma tante piccole e graduali che consentano alla giustizia interventi più rapidi, anche se forse meno perfetti e cesellati, a risolvere il problema» Il sottosegretario Michele Vietti con il procuratore Giancarlo Caselli

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