Biamonti, fuga di un poeta

Biamonti, fuga di un poeta UN CONVEGNO RICORDA LO SCRITTORE LIGURE Biamonti, fuga di un poeta Si è aperto ieri a San Biagio della Cima, e prosegue oggi e domani a Bordighera, netlo Chiesa Anglicana, il convegno «Francesco Biamonti. Le parole, il silenzio» dedicato allo scrittore ligure. Partecipano oggi, Surdich Costa, Croce, Cavallini, Conrieri, Barile, Franco, Beniscelli, Risset, Zublena, Oggero, Mullone, Pardini. Il convegno si chiude domani, con la tavola rotonda cui partecipano. Mauro Bersani, Giuseppe Conte, Davico Bonino, Ferrari, Marabini, Mauri, Mondo, Orengo. Bruno Quaranta IL cappello bretone, gli occhi acquosi, specchi dove si riflettevano (che riflettevano) i suoi «passeurs», una dolenzia che era una forma di assoluta fedeltà a se stesso, al suo lirico passo, le parole - montalianamente - come scabri ciottoli, ciascuna, ciascuno, da soppesare, da limare, da incastonare. Francesco Biamonti è una giornata lontana, di una bella estate, a Bordighera. In attesa alla stazione, ma non stordito, né infastidito. Un uomo che guardava passare i treni, via via indovinando un carattere, un'intermittenza del cuore, chissà, un solitario final. Ci si avviava lungo le stradine e le ville e fra le atmosfere che mai hanno smarrito un'aura britannica fino a raggiungere, in cima. San Biagio, le stanze affollate di cose. Dalla bottiglia morandiana al frutto di stagione, alla camicia abbandonata sulla sedia, come un sentimento assopito. E, soprattutto, i libri, le amatissime, simboliste ombre francesi, le folgori che dalle labbra di Biamonti sortivano delicatamente eppure incendiarie: «La vera vita è assente, noi non siamo al mondo». Fuori, il teatro della natura. Il coltivatore Francesco - perché coltivare fu il suo destino, di contadino, di bibliotecario, di scrittore nominava ogni albero, ogni fiore, ogni zolla. Lo sguardo catturato dalle magie d'oltreconfir e, dai paesaggi gonfi di masLtrale, di commedia dolce e ruvida, di azzardo e di spleen, di lavanda e di mimose, le «sorelle di luce», come le innalzò Emily Dickinson, a lungo accudite, fino a separarsene, a dimenticarle, «perché sfoggiano un giallo fatuo, ignaro della tenebra, del mistero». La poesia della terra. I limoni che (è un «osso di seppia») dissolvono «il gelo del cuore». E l'eucalipto biondo. E «l'immuable accalmie» scrutata da Mallarmé. E i fichi. E i cedri. E il mirto. E l'ulivo, «albero dall'aria sempre sacra e nuova». E il pino di Cézanne, «più marittimo del marittimo». Lungo i muretti, nelle vigne, tra i frutteti, Francesco Biamonti - insensibile alla leggenda del giardino paradisiaco - andava (stava) inquieto, in ansia - stoicamente - per il passato e per il futuro, oltre che per l'oggi, attore di un copione agonico, inconsolato, inconsolabile, avvolto in una malinconia balsamica, perché affila la dignità, la decenza. Diafano, inafferrabile, una immensa rèverie: ecco chi era Francesco Biamonti, un'anima in fuga dai miraggi, spalancato al mito (nella vicina Provenza abbacinata credeva potesse annidarsi Edipo cieco), un fantasma fra i fantasmi: «L'uomo - sapeva, ed era una abrasiva consapevolezza - non è pago se non chiama a raccolta i propri fantasmi, se non li avvicenda, li moltiplica, li mette quotidianamente in scena: come spiegare, viceversa, l'arte e la religione?». Nel fienile che un architetto, bizzarramente, aveva mutato in casa, il Vermentino e il Rossese, gli indigeni vini, sollecitavano ancora una confidenza, una verità, un rifcC di journal: «Le donne sono come le mimose: brillano, ma non illuminano» anacoreticamente rammentava Francesco, sicuro che, infine, i tappi di cera si sarebbero sciolti, le sirene avrebbero trionfato. Un abbraccio suggellava il viaggio nell'isola di Biamonti, ma rattenuto, sobrio, austero, educato, come tra i paysans di Bemanos che temono i sentimenti non meno della peste, così rispettandoli, salvandoli. L'angelo di San Biagio si dissolveva quando, come in sua pagina, «veniva scuro», e «tornavano già i gabbiani dalle rumentiere», e «sorvolavano rocce», e «intonacati d'aria andavano al mare ancora marmoreo come a un letto di pace».

Luoghi citati: Bordighera, Provenza, San Biagio, San Biagio Della Cima