Il «Booker» premia l'Australia di Claudio Gorlier
Il «Booker» premia l'Australia L'ESORDIENTE D. B. C. PIERRE S'IMPONE IN UNA MANIFESTAZIONE LETTERARIA SEMPRE PIÙ SIMILE A UN GIOCO D'AZZARDO Il «Booker» premia l'Australia Claudio Gorlier IL Booker Prize, il più prestigioso premio letterario per autori di lùigua inglese che ogni anno viene assegnato in Gran Bretagna, è «un avvenimento sportivo e un incubo per ogni scommettitore o giocatore d'azzardo». La definizione spetta a Robert McCrum, l'autorevole e temuto responsabile delle pagine culturali dell'altrettanto autorevole The Observer. Perfetto. Lo scorso anno sono stato poco tenero nei confronti dei severi giudici del Booker, per il premio assegnato, a mio avviso, al mediocre e melenso canadese Yann Martell, autore di The life of Pi. (Vita di Pi.). Sembrava che il Booker volesse, come dire?, de-intellettualizzarsi. Faccio ammenda: i giudici hanno voluto sorprenderci di nuovo, ma questa volta, lo riconosco francamente, per il meglio. Vernon God Little (pubblicato in Italia da Einaudi), il romanzo dell'esordiente australiano D.B.C. Pierre, merita la più viva considerazione. La sorpresa è duplice. In una prima selezione, il Booker aveva eliminato grossi nomi, a cominciare da J. M. Coetzee, prontamente rifattosi con il Nobel e che comunque al Booker era già arrivato due volte. A questo punto mi ero inserito tra gli scommettitori. Ye^ow Dog di Martin Amis? Non esageriamo. Il decimo romanzo di Amis, pubblicato a settembre, ha come al solito provocato un terremoto. Dei grandi rimaneva Margaret Atwood, con il romanzo Oryx and Crake, appena uscito in Italia con il titolo L'ultimo degli uomini, da Ponte alle Grazie. Ma mi sono detto: non verrà premiato ancora il Canada e poi la mia amica Atwood è ormai troppo di moda, collezionista di premi e oggetto di striscianti invidie. Allora ho annusato Brick Lane di Monica Ali, esplorazione romanzesca di una comunità pakistana a Londra: ancora un'esordiente, capace di toccare la nota dolorosa e quella ironica. Ho sbagliato, ma dopo tutto non me ne dispiaccio troppo. Un autorevole membro della giuria del Booker, D.J. Taylor, aveva espresso il suo «sincero desiderio» che il premio potesse andare «a qualcuno fuori del circuito alla moda di Londra». Che si vuole di più? Ancora una volta, il successo illumina uno scrittore che si trova, come si dice dai tempi di Kipling, «fuori dal centro». E' la rivincita del vecchio ma culturalmente vitalissimo Commonwealth e delle colonie, che, tanto per fare un caso, nel 1994 registrò la vittoria di. un altro mio amico, allora pressoché sconosciuto, il nigeriano Ben Okri, con The Famished Road, in italiano (Bompiani), La via della fame. L'Australia è Paese culturalmente ricco e provocante (Patrick White, Christina Stead) e D.B.C. Pierre ne esprime vigorosamente l'ultima generazione. Questa storia lascia il segno: asciutta, mai compiaciuta, vicenda di un quindicenne spostato che parla in prima persona, e confessa i suoi guai con un linguaggio tagliente come una lama: «I guai ti fottono persino le rocce». Non quelle del Booker Prize. D. B. C. Pierre
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