In Bolivia cresce la «rivolta del gas»

In Bolivia cresce la «rivolta del gas» CHIESTE LE DIMISSIONI DEL PRESIDENTE SANCHEZ DE LOZADA. LA FARNESINA SCONSIGLIA 1 VIAGGI In Bolivia cresce la «rivolta del gas» A La Paz scontri tra esercito e manifestanti: già 62 morti LAPAZ Strade bloccate, aeroporto chiuso, negozi con le serrande abbassate, nessun mezzo di trasporto e tanta violenza nelle strade: la «rivolta del gas» che da tre settimane sta portando la Bolivia sull'orlo del baratro, anche ieri non ha avuto tregua. A La Paz le proteste contro il progetto dell'esecutivo sull'esportazione di gas naturale a Stati Uniti e Messico hanno portato a un'altra giornata di scontri, tanto che il bilancio delle vittime nella capitale e nella cittadina di El Alto da sabato a ieri è salito a 62 morti, con l'opposizione - formata dal sindacato Cob, dal leader contadino Felipe Quispe e dall'ex candidato presidenziale Evo Morales - che chiede le dimissioni del presidente Gonzalo Sanchez de Lozada. Quest' ultimo ha sostenuto di non avere alcuna intenzione di andarsene, accusando il leader del Movimento al socialismo. Evo Morales, di lavorare per un colpo di Stato finanziato dall'estero. «Se prima il ritomo alla pace passava per la sospensione della vendita del gas, l'abrogazione della legge sugli idrocarburi e la revisione delle privatizzazioni, ora la richiesta del popolo è la rinuncia di un criminale, di un assassino come de Lozada», ha rilanciato Morales. Intanto ì militari hanno fatto sapere di non sostenere più «come persona» il Presidente, anche se continueranno a difendere un governo «insediatosi legittimamente». Ieri reparti dell'esercito e mezzi militari boliviani hanno preso posizione nel centro di La Paz a protezione dei principali edifici governativi nel timore che le manifestazioni previste potessero degenerare. Nella capitale erano giunti 750 minatori, oltre 5 mila militanti sindacali da Oruro e 4 mila contadini da Caranavi. Le strade di La Paz - disseminate di pietre, tronchi e spazzatura hanno reso difficile anche il lavoro delle ambulanze. La crisi si fa sentire anche sui generi alimentari di prima necessità, come carne, pane. Brutta e verdura. Le stazioni di servizio hanno chiuso i battenti, mentre anche le bombole di gas utilizzate dalle famighe sono diventate merce rara. Il portavoce governativo Mau- ricio Antesana ha definito la legge marziale che è stata imposta domenica «necessaria per garantire la sicurezza dei cittadini e proteggere la proprietà pubblica e privata». Manifestazioni antigovemative sono avvenute anche in altre zone del Paese. A Cochabamba e a Potosì molte migliaia di persone sono scese in strada, mentre i blocchi stradali, che finora interessavano solo l'Altipiano degli Yungas, si sono estesi a Chuquisaca, a Santa Cruz e Potosì. In quest'ultima località i contadini si stanno organizzando per occupare la miniera d'oro di proprietà del presidente de Lozada. Visto l'intensificarsi dei disordini, là Farnesina sconsiglia da ieri i viaggi nel Paese. I dimostranti boliviani ritengono che il gas naturale prodotto nella regione debba essere impiegato per uso domestico, mentre le autorità bohviane haimo in mente un programma di esportazioni verso Messico e Usa del valore di un miliardo e mezzo di dollari. Comunità indigene e sindacati, contrari a ogni progetto di privatizzazione delle risorse pubbliche, sostengono che i ricavati delle esortazioni non raggiungeranno mai le fasce più povere della popolazione. A suscitare l'ira popolare è stata anche la scelta di un porto cileno come punto di imbarco del gas : la Bolivia ha infatti perso l'accesso aU'Qceano Pacifico in, una gu^ra combattuta contro il Cile nel 1879, e il risentimento non si è sopito nel corso degli anni. le. st.] Un momento degli scontri fra polizia e dimostranti nella capitale boliviana La Paz

Persone citate: Evo Morales, Felipe Quispe, Gonzalo Sanchez, Morales