Bush: «Le decisioni le prendo io»

Bush: «Le decisioni le prendo io» Bush: «Le decisioni le prendo io» «Non seguo i sondaggi, faccio quello che è giusto» INTERVISTA AL NETWORK TRIBUNE BROADCASTING: OFFENSIVA MEDIATICA PER RECUPERARE LA FIDUCIA DEGLI AMERICANI intervista GrantRaropy PRESIDENTE Bush, lei ha detto agli americani e al mondo intero, come giustificazione alla guerra in Iraq, che Saddam Hussein possedeva armi di distruzione di massa che potevano essere utilizzate in qualsiasi momento. Ora, sei mesi dopo, gli ispettori non le hanno ancora trovate e i sondaggi mostrano che un numero crescente di americani si sente ingannato. Che cos'ha da dire? «Innanzitutto, usiamo le parole corrette. In primo luogo ho detto che Saddam Hussein possedeva armi di distruzione di massa e le aveva usate. In secondo luogo, che costituiva una minaccia incombente. Questa è una distinzione importante. In terzo luogo, il capo degb ispettori della Cia, David Kay, ha riferito nel suo rapporto al Congresso che Saddam aveva un programma per armi di distruzione di massa. Era dunque in chiara violazione della risoluzione Onu 1441 e potete sco^m-etterci che costituiva una minaccia incombente. L'America ha fatto la cosa giusta, a sbarazzarsi di lui». Presidente, lei ogni mattina legge le note della Cia e dell'Fbi. Che cosa vorrebbe dire agli americani sulle loro paure e le loro preoccupazioni? Da che cosa dovrebbero guardarsi? «In giro c'è ancora un gruppo di terroristi che detesta tutto ciò che noi rappresentiamo, ma gli americani dovrebbero sentirsi rassicurati dal fatto che noi stiamo dando loro la caccia. E non siamo soli, con noi c'è un gruppo di nazioni con le quali dividiamo le informazioni di intelligence. Poi abbiamo bloccato il flusso di denaro che li finanzia. E, tanto per fare un esempio, nei giorni scorsi è stato portato davanti a una Corte nelle Filippine uno di loro, uno che io ritengo fosse un terrorista, un killer. In altre parole, stiamo facendo progressi, ed è questo che gh americani devono sapere. Devono sapere che questo Paese non dimentica le lezioni dell'11 settembre». Lei allude ad attacchi dall'aria o con autobomba? «Non so.come potrebbero attaccare. Ovviamente, se avessimo una specifica minaccia, la affronteremmo in modo specifico, ma non sappiamo nulla di preciso. D'altronde, nessuno poteva immaginare che sarebbero stati capaci di dirottare aeroplani in serie e lanciarli contro edifici. Questa è gente dura e piena di risorse, ma anche noi lo siamo, anche noi siamo duri e pieni di risorse, e li stiamo portando in tribunale, Stiamo facendo eccellenti progressi nello smantellamento di Al Qaeda e delle persone collegate. E' un lavoro duro, ma io penso che gli americani capiscano». Membri della commissione Esteri del Senato, a cominciare dal presidente, il repubblicano Richard Lugar, sostengono che lei ha perso il controllo della politica irachena a causa di lotte intestine nella sua Amministrazione. Chi governa? Quando sapremo la data del nostro ritiro dall'Iraq? E se ce ne andassimo subito? «Se ce ne andassimo subito, sarebbe un errore spaventoso. Un Iraq libero e pacifico è nell'interesse del nostro Paese inoltre, e comunque abbiamo preso un impegno con quella stragrande maggioranza di iracheni che non vogliono il ritomo di Saddam Hussein né dei suoi aguzzini. Noi ce ne andremo quando ci sarà un Iraq libero e pacifico, fondato su una costituzione e su libere elezioni. Ovviamente, vorremmo che questo avvenisse il più presto possibile, ma sappiamo bene che cercar di accelerare il processo potrebbe creare le condizioni per un fallimento. Riuscire è importante, è nel nostro interesse nazionale. Quanto ai politici che qui a Washington ci criticano, debbo dire che hanno torto. Noi abbiamo avuto ima strategia sin dall'inizio e l'amministratore Usa in Iraq, Paul Premer, la sta realizzando. Stiamo facendo grossi passi avanti. Quanto al comanda, la persona che decide sono io». Passiamo all'economia. Gli indicatori, dicono gli economisti, sono al rialzo. Eppure milioni di americani non trovano lavoro. Come può riprendersi l'economia, se gli americani restano disoccupati? «E' vero, l'economia è in ripresa e stanno arrivando nuovi posti di lavoro. Io ho ben chiaro in mente che la gente vuole lavoro, per questo sto mettendo in atto una pohtica che incoraggi la crescita economica e la creazione di più posti di lavoro. Un aspetto-cluave del taglio delle tasse - che, secondo me, dovrebbe diventare permanente - è una riduzione delle imposte per le piccole imprese, perché è lì che nascono i nuovi posti di lavoro. Abbiamo avuto ima recessione, una guerra, un attacco al Paese, una serie di scandali nelle grandi società; tutto questo ha avuto i suoi effetti sull'economia. Io però sono ottimista». Dopo la prima guerra del¬ l'Iraq, il consenso per suo padre, Bush sr, andò alle stelle ma poi l'economia lo buttò giù. Lei teme per sé lo stesso destino, alle prossime presidenziali? «Se la gente nensa che io non faccia bene il mio lavoro, si trovi un altro presidente, se ci riesce. Io non prendo le mie decisioni sulla base dei sondaggi. Io attuo politiche che hanno implicazioni importanti, positive per l'America. Adesso il Paese è più sicuro, e il mondo intero sarà più pacifico grazie ad alcune mie decisioni. Io riconosco in pieno che non tutti sono d'accordo con me. Spero però che siano d'accordo sul fatto che io sono una persona che sa prendere le decisioni e attuarle. Una cosa voglio che la gente sappia di me: che sono qui per risolvere i problemi e affrontare le sfide e non li passerò ai futuri presidenti o alle future generazioni». Tornando alla guerra al terrore: l'esercito americano è dispiegato in Iraq e potrebbe esserlo anche nella Corea del Nord. Le nostre truppe sono troppo impegnate? Se ci fosse un'altra guerra proprio ora, saremmo in grado di farla? «Sì, saremmo in grado di farla. Abbiamo una doppia strategia: vinci decisamente, sconfiggi rapidamente. E abbiamo le truppe per portarle avanti entrambe. In Iraq stiamo vincendo decisamente. E abbiamo accora le risorse per battere rapidamente un altro fronte. Io spero che non ne avremo bisogno. La nostra diplomazia è al lavoro, ma siamo comunque perfettamente attrezzati qualora fallisse». Copyright Tribune Broadcasting éfe^k Se qualcuno ww pensa che io non faccia bene il mio lavoro, si trovi un altro presidente, se ci riesce lo attuo politiche dalle implicazioni importanti per noi e per il mondo Stiamo facendo grandi progressi nella guerra al terrorismo, ritirarci ora dall'Iraq sarebbe un grave errore 99 B« Il presidente Bush durante l'intervista nella quale ha replicato alle accuse del presidente della commissione Esteri del Senato, il repubblicano Richard Lugar: sarebbe troppo passivo di fronte alla nuova guerra intestina scoppiata fra le diverse anime dell'A. nministrazione