IL SEGRETO DEL RE Nel '42 Vittorio Emanuele trattò con gli inglesi

IL SEGRETO DEL RE Nel '42 Vittorio Emanuele trattò con gli inglesi ESCLUSIVO: LE RIVELAZIONI DI AMEDEO DI AOSTA. LE PROVE IN DOCUMENTI INGLESI E AMERICANI IL SEGRETO DEL RE Nel '42 Vittorio Emanuele trattò con gli inglesi retroscena inviato a CASTIGLION FIBOCCHI (Arezzo) SESSANTANNI FA, la tragedia di una guerra perduta, e di una guerra che continuava. H Presidente Ciampi ha detto che l'8 settembre non era la morte della Patria, ma anche la sua Rinascita. Altro dolore, altro sangue veniva, dentro a un Paese aRo sbando. H re, Badoglio, il governo erano a Brindisi. A Salò, la Repubblica Sociale. I tedeschi, da Roma in su. la quella tempesta anche gli Aosta vennero travolti dalla vio enza della Storia. Ma Amedeo d'Aosta rivela cose importanti e nuove che gettano una luce diversa su quel periodo: che suo padre, Aimone, trattava la resa dell'Italia con gli inglesi già nel '42, un anno prima dell'8 settembre, e molto prima dello sbarco in Sicilia e della crisi di regime; che i tedeschi, dopo l'S settembre, volevano rapire il piccolo Amedeo per fame un simbolo della Repubblica Sociale da contrapporre ai Savoia nel Regno del Sud; e che i servizi segreti dei tedeschi e degli inglesi combattevano quest'altra guerra sotterranea sulla «supposta divisione», come la definisce lui, Amedeo, all'intemo della famiglia reale, fra gli Aosta e i Savoia. In ogni caso, se è così, se le trattative con gli inglesi erano cominciate nel '42, dovremmo rileggere da cado la storia d'Italia. Nel'42, il fascismo cominciava a perdere la guerra, ma non l'aveva affatto già persa, come nell'estate del '43. E questo significa che già la monarchia s'era scollata dal duce e dalla sua scomoda alleanza in tempi non sospetti e con largo anticipo. Ma perché? E dal '42 quando? Dopo El Alamein, diciamo. Ma sin dall'inizio i Savoia non erano d'accordo? E la rottura con Mussolini a quando risale veramente? Amedeo di Aosta ripete che darà nomi e prove, solo quando leggerà le carte inglesi che stanno per arrivare. Però certifica; questo è successo. Questa è la verità. A Castighon Fibocchi, la strada del vino e questa villa di mura spesse, i filari di cipressi, i campi che salgono e scendono le colline, vigne aperte sotto al cielo, su e giù, divisi dai sentieri, delimitati dai boschi. C'è unabandiera Savoia appesa. Amedeo d'Aosta, qui dentro, tra foto e cimeli, mattina tenera d'autunno. In quegli anni tragici, i due rami della famiglia potevano essere divisi su molto, ma su una cosa convergevano: ilfasdsmo era finito. Dice, Amedeo, «Una distinzione che si può fare è questa: noi siamo anglofili, loro francofili». E poi: «Era talmente risaputa questa cosa che proprio per questo Vittorio Emanuele chiese a mio padre di trattare con gli inglesi la resa dell'Italia, già nel '42». Nel '42? «Sì, dopo la morte di Amedeo, viceré d'Etiopia, morto nel marzo, il 3 marzo». E cos'è che aveva convinto i Savoia a muoversi, un anno prima dell'8 settembre? «Dico solo quello che so con certezza. Nell'autunno '42 mio padre ebbe l'incarico di avere rapporti con l'Inghilterra per trattare la pace. La discussione arrivò anche in una fase molto avanzata, perché elencavano già quali unità schierare, come, dove. E se qualcuno dovesse saltare fuori a far rumore, scriva pure che io sono in grado di portare entro poco tempo appoggio a quello che sto dicendo». Ma perché gli Aosta? Non era troppo rischioso esporre un ramo della famiglia in una trattativa come questa? «Noi Aosta eravamo più liberi. Forse, erano gli inglesi stessi a gradirlo. Mio padre, dopo, ebbe un'importante decorazione dagli inglesi». L'Intelligence aveva studiato a lungo il duca d'Aosta: non aveva mai espresso un antifascismo netto, ma si era sempre circondato di persone che non orano fasciste. Amedeo, riassumendo: «Gli inglesi lo avevano molto in considerazione perché lo sapevano anglofilo». Dov'era suo papà in quel periodo? In Croazia? «No. Era stato nominato re di Aimone di Aost Croazia, ma si era rifiutato di andarci, quando aveva saputo quel che avevano fatto gli ustascia, rifiutava le loro violenze. Era nascosto in una villa in Liguria, in una base segretissima. Lui era il comandante dei mezzi d'assalto». Ci viene in mente una cattiveria: alcuni storici hanno sempre sostenuto che Vittorio Emanuele avesse investito molti dei suoi soldi in fondi inglesi. E quando scoppiò la guerra contro l'Inghilterra li terme h, anziché dirottarli altrove come poteva sembrare più logico. Forse questa trattativa è nata nella testa del re già all'inizio del conflitto? Amedeo d'Aosta neanche vuole sentirla. Vabene. Ma, ufficialmente, com'era la posizione degli Aosta all'interno del regime? «All'inizio eravamo molto favorevoli, ma la simpatia andò scemando con le ' leggi razziali». Voi cosa pensavate delle leggi razziah? «Fu una cosa orribile. Eravamo più che contrari. Nella mia famiglia mia madre era principessa di Grecia e aveva origini scandinave. Come potevamo esser d'accux-do?» Insistiamo: ma gli Aosta facevano parte di una fronda antitedesca? «Credo che i tedeschi non siano mai piaciuti molto a noi, Aosta, e agli italiani». Quindi sì, per forza. Ma questa fronda era evidente? «Abbastanza. Noi parlavamo troppo». E Badoglio faceva parte di questa fronda? «Badoglio non ebbe mai rapporti cordiali con gli Aosta, soprattutto dopo Caporetto, quando il duca Emanuele Filiberto, mio nonno, era comandante della Terza Armuta. Anche nella sua condotta come viceré d'Etiopia, lui governò in maniera molto diversa da Amedeo. Per apirci, quando andai in Etiopia, nel '69, il Negus mi disse: suo zio ha governato meglio di me. Con Badoglio eravamo diversi, e c'era molta diffidenza fra di noi». Anzi, aggiunge, questo forse può spiegare quello che avvenne dopo l'S settembre: «Mia madre Irene mi partorì il 27 settembre a Firenze. Due giorni dopo vennero subito i tedesdbi e le : M-oposero di portarmi a Salò, per 'armi diventare un simbolo da contrapporre ai Savoia del Regno del Sud, un simbolo del combattentismo, dell'onore e del valore, una sorta di Dalai Lama della Repùbblica Sociale. Si cercava ancora di strumentalizzare il supposto antagonismo di casa Aosta, ma anche la nostra rivalità con Badoglio. Volevano farlo in un modo assurdo, ma in quei tempi tutto era possibile. Pensavano di avere la meglio su una donna sola e spaventata. Non avevano fatto i conti con mia madre che era donna di grande coraggio. Reagì con forza. Rispose: dovete passare sul mio cadavere». Chi erano i tedeschi? «Una delegazione. C'era il comandante della piazza di Firenze, c'erano degli ufficiali, e anche dei gerarchi fascisti». Andò a finire che i tedeschi sequestrarono la famiglia, a Villa della Cisterna, a Firenze, e che fu ventilato il fatto che i tedeschi volessero rapire il neonato. La principessa Irene si convinse che potevano farlo. «Allora, venne il questore di Firenze e prese le mie impronte digitali. Lo accompagnava l'Arcivescovo di Firenze, il cardinale Elia Dalla Costa, per testimoniare che il nato ero io. Pochi mesi dopo fummo spediti in Germania: io diventai il più giovane prigioniero italiano». Si trovarono dall'estate del '44 deportati come ostaggi e merce di scambio a Hirschegg, nella Baviera austriaca, assieme a Francesco Saverio Nitti, ex presidente del Consiglio, il capo della polizia Carmine Senise, l'ammiraglio Luigi Rizzo, due volte medaglia d'oro, l'ex presidente del Consiglio francese Àiui.. t Sarraut, l'ex ambasciatore francese Francois Poncet. Amedeo: «Restammo prigionieri «Mio padre Aimone fu incaricato di cercare la pace un anno prima dell'8 settembre. Fu scelto perché la mia famiglia aveva fama di anglofilia. Era già deciso che truppe schierare» «All'inizio la mia famiglia era favorevole al fascismo, poi con le leggi razziali tutto mutò Ho parlato solo ora perché sto per ricevere i documenti del Foreign Office finora secretati» «Due giorni dopo la mia nascita i tedeschi vennero da mia madre Volevano portarmi a Salò per usarmi come simbolo da contrapporre ai Savoia nel Sud» «Mia madre rispose che avrebbero dovuto ucciderla. Allora ci portarono in Germania come ostaggi. Vennero a liberarci i francesi di De Gaulle nel '45» Il re Vittorio Emanuele III e Mussolini a una parata militare poco prima dell'entrata in guerra Aimone di Aosta con il principe Umberto Amedeo di Aosta