Martino: guai a cedere adesso in Iraq, è quello che vogliono i terroristi

Martino: guai a cedere adesso in Iraq, è quello che vogliono i terroristi IL MINISTRO PEUAPIFfiSA ANEW YORK; «MI AUGURO CHE PASSt LA RISOLUZIONE AMERICANA ALI/ONU, RISOi^RpBEWiOmt^E^ Martino: guai a cedere adesso in Iraq, è quello che vogliono i terroristi «E' il momento in cui i leader devono fare appello a tutte le loro capacità di autocontrollo. Non bisogna perdere la testa perché lo scopo dei violenti è proprio di indurre gli alleati ad arretrare» intervista Paolo Mastrolilli NEW YORK ADESSO non bisogna cedere, perché è proprio quello che vogliono 1 terroristi». Il ministro della Difesa Antonio Martino si è sveghato nel suo albergo di New York con la notizia del nuovo attentato a Baghdad, ma reagisce dicendo che la coalizione impegnata in Iraq deve rispondere dimostrando ancora dì più la propria determinazione: «Questo è il momento in cui i leader devono fare appello a tutte le loro capacità di autocontrollo, messe a dura prova da simili eventi. Non bisogna perdere la testa, perché è esattamente lo scopo dei violenti: terrorizzare e indurre la coalizione ad arretrare». Ministro Martino, gli analisti militari dicono che l'autobomha, non avendo raggiunto in pieno l'obiettivo previsto, ha dimostrato come le misure di sicurezza adottate negli ultimi tempi possano frenare i terroristi. Lei è d'accordo? «Sì, e lo ha dimostrato anche la nostra missione Nibbio in Afghanistan. E' stata l'operazione più pericolosa delle nostre forze armate dalla Seconda Guerra Mondiale in poi, ma i mille alpini e mille paracadutisti sono tornati tutti casa senza un graffio. Questi risultati non sono frutto del caso o della fortuna, ma di ima preparazione eccellente e precisa». Sabato lei ha detto che forse gli Stati Uniti ci chiederanno di prolungare la nostra missione in Iraq, probabilmente di altri sei mesi. Attentati come quello avvenuto ieri potrebbero cambiare la posizione del governo italiano? «Ho visto che quelle mie dichiarazioni sono state montate come uno scandalo, e onestamente non capisco perché. Io ho solo detto di presumere, realisticamente, che nella condizione attuale ci verrà chiesto di prolungare la nostra missione. Se questo avverrà, il governo prenderà in considerazione la richiesta e la sottoporrà all'approvazione del Parlamento». Lei ha anche detto di augurarsi che nel frattempo passi al Consiglio di Sicurezza dell'Orni la risoluzione americana per creare una forza multinazionale, che aprirebbe la porta ai contributi militari di altri Paesi. Se il documento non fosse approvato, e quindi non arrivassero i nuovi contingenti, l'Italia potrebbe aumentare il numero dei suoi soldati in Iraq? «Questa è un'eventualità che per il momento non prendiamo in considerazione. Noi ci auguriamo che la risoluzione venga approvata e che altri Paesi possano partecipare, in modo da offrire agli iracheni quello che chiedono in primo luogo, e cioè la possibilità di riappropriarsi del loro futuro». Negli ultimi giorni, soprattutto a Baghdad, alcuni gruppi sciìti legati al giovane imam al Sadr sono stati protagonisti di violenze, e il loro leader ha annunciato l'intenzione di formare un governo alternativo a quello insediato dagli Stati Uniti. Questi sviluppi aumentano la sua preoccupazione per i tremila soldati italiani schierati a Nassyria, proprio nel Sud del Paese controllato dalla maggioranza sciita? «I nostri militari sono ottimamente preparati per garantire la propria sicurezza. Rispetto alle preoccupazioni della vigilia dell'intervento, poi, la situazione è molto più tranquilla di quanto non si pensasse. La Turchia, ad esempio, temeva l'arrivo di più rifugiati curdi del 1991, quando varcarono il confine in 500 mila, e questo non è avvenuto. La zona Nord è perfettamente pacifica. Nella zona Sud si temeva che ci sarebbe stato un movimento sciita di tipo islamista, e questo finora non è emerso. Ci sono invece problemi di criminalità comune. Il mio collega inglese, il ministro delle Forze Armate Adam Ingram, ha dovuto mandare truppe aggiuntive, non per ragioni militari, ma per proteggere dai criminali gli aiuti umanitari che venivano portati alla popolazione. Non è però una zona particolarmente pericolosa, ed è lì che si trovano gli italiani. Il problema vero è un altro, e cioè quel triangolo di 80 chilometri per lato che sta fra Baghdad e Tikrit, dove ci sono cinquemila fedelissimi di Saddam Hussein e un numero im- precisato, ma enorme, di terroristi provenienti dai più disparati Paesi del mondo. A parte quella zona, però, il resto dell'Iraq è abbastanza tranquillo». Negli Stati Uniti il r.ancato ritrovamento delle armi irachene di distruzione di massa, i continui attacchi contro i soldati americani, e l'aumento dei costi dell' occupazione, con la richiesta di altri 87 miliardi di dollari da parte del presidente Bush, hanno provocato polemiche e ripensamenti. Nei sondaggi, la popolarità del capo della Casa Bianca è scesa ai livelli precedenti l'il settembre 2001: voi non temete un contraccolpo politico analogo in Itédia? «No, non credo. Gli italiani si sono resi conto che la condotta del governo è stata esemplare, nel senso che siamo riusciti a mantenere gli impegni internazionali dell'Italia - la fedeltà alle alleanze, l'amicizia con gli Stati Uniti senza esporre il Paese a decisioni che non sarebbero state comprese. La nostra decisione di non belligeranza dovrebbe trovare tutti consenzienti: siamo stati dalla parte dell'America e non di Saddam, ma al tempo stesso non abbiamo inviato truppe nell' intervento militare». Lei ha accennato anche all'ipotesi di un aumento della presenza italiana in Afghanistan: manderemo altri soldati? «E' possibile che cambi il tipo di impegno, perché da più parti viene chiesto che la missione Isaf, sotto mandato Onu e a guida Nato, non resti confinata a Kabul ma sia estesa poco per volta a tutto il Paese. Quando questo accadrà, ne parleremo». Nei giorni scorsi lei ha incontrato a Colorado Springs, al vertice dei ministri della Nato, il segretario alla Difesa americano Donald Rumsfeld, proprio mentre la Casa Bianca annunciava un cambiamento nella gestione dell'Iraq e dell'Afghanistan, dando la supervisione alla consigliera per la sicurezza nazionale Condoleezza Rice. Ne avete parlato? «No. In Colorado la cosa più importante è stata l'esercitazio¬ ne di reazione rapida - ambientata nel 2007 e dedicata a un attacco biochimico contro un' isola fittizia nel Mar Rosso che aveva lo scopo di farci capire i problemi che le nuove minacce rappresentano. All'interno della Nato abbiamo processi decisionah diversi e ritardi legati alla diversa organizzazione costituzionale, mentre nel dispiegamento delle forze ci sono lentezze dovute al fatto che non eravamo preparati a eventualità come quelle di oggi - attacchi terroristici o con armi di distruzione di massa - e quindi il dispiegamento delle truppe avveniva nell'arco di settimane, se non di mesi. Ora dovremmo poter dispiegare le forze nel giro di pochi giorni, il che richiede decisioni politiche rapide e operatività efficace». Quindi c'è un'accelerazione per il progetto di una Forza di reazione rapida della Nato? «Sì, c'è l'impegno solenne dell' Italia assunto dal presidente del Consiglio Berlusconi al vertice di Praga del novembre 2002, ed è a questo che stiamo lavorando. Io ritengo che si dovrà arrivare a una sorta di atto costitutivo della Forza, in modo da farlo approvare ai Parlamenti come attribuzione delle mansioni. Così, quando succede qualcosa, non si dovrà aspettare che i Parlamenti approvino lo spiegamento». Mentre lei era in America, in Italia si è discusso di voto agli immigrati e riforma delle pensioni. Vuole commentare? «Quando sono all'estero non mi occupo dei dibattiti intemi italiani». HA DETTO 66 Non capisco lo scandalo per le mie dichiarazioni sulla missione italiana Ho solo detto di presumere che nelle condizioni attuali ci verrà chiesto di prolungare la nostra permanenza Poi deciderà Afe il Parlamento 77 ^^ I nostri militari "P nel Sud del paese sono preparati in maniera straordinaria per garantire la propria sicurezza. Rispetto alle preoccupazioni della vigilia la situazione è enormemente più tranquilla di quanto si pensasse 99 ÉLifa Non credo "" che per le difficoltà nella fase di pacificazione ci saranno da noi reazioni simili a quelle che angustiano l'amministrazione Bush La condotta del governo è stata esemplare. Non abbiamo preso parte al conflitto 99 |C^ Si dovrà ™" arrivare a una sorta di atto costitutivo della Forza d'intervento rapido della Nato Così da poter fare approvare ai partecipanti l'atto come attribuzione delle mansioni. In questo modo non occorrerà più consultare i Parlamenti in caso A A d'intervento 77 6 Il ministro della Difesa Antonio Martino in raccoglimento a Ground Zero, dopo aver deposto una corona in memoria dei caduti dell'11 settembre

Persone citate: Adam Ingram, Antonio Martino, Bush, Condoleezza Rice, Donald Rumsfeld, Paolo Mastrolilli, Saddam Hussein, Sadr