Zorro? No, grazie. Meglio la giustizia normale di Marcello Sorgi
Zorro? No, grazie. Meglio la giustizia normale LETTERE DIRETTORE Zorro? No, grazie. Meglio la giustizia normale P" GREGIO direttore, a proposito della recmdescenza della corruzione in Italia, ho r" l'impressione che questa sia soprattutto da attribuire alla mancanza d'incisività a^i nell'applicare la legge. Si riesce sempre a sminuire le malefatte compiute, se non a giustificarle, e questo contribuisce a trasmettere un pessimo esempio di lassismo tra i futuri corrotti e corruttori. Bisognerebbe contrastare la riabilitazione di coloro che sono stati coinvolti in queste storie. Vi sono uomini di legge che contrastano, nell'anonimato, questa piaga sociale. Noi gente comune, però, sentiamo il bisogno di un fustigatore pubbbco (uno «Zorro dei nostri tempi») che sappia, perlomeno, farci credere che la giustizia possa essere la regola di una società sana. L'avevamo trovato, ai tempi di Tangentopoli, in un certo Antonio Di Pietro; forse, proprio perché sappiamo che la legge è quella che è, non ci resta che accontentarci di sapere queste persone alle prese con le proprie coscienze. Loris Nucera, Cogne (AG) GENTILE lettore, il problema che lei solleva meriterebbe certo una risposta più ampia. Ma non so se come lei scrive stiamo assistendo a una «recrudescenza della ^■* corruzione» in Italia; quel che posso dirle, guardando anche a esperienze recenti di Torino, è che mi pare sia venuto allo scoperto un sistema subpolitico, tecnocratico, seriale, di sicuro non meno allarmante, di corruzione. Il piccolo appalto comunale, con la mazzetta che vale quanto ormai una vincita al Totocalcio, pagata in un bar con l'auto parcheggiata in seconda fila. Lo scandalo sanitario che si affaccia nel grande ospedale e rispunta come metastasi nell'orribile storia delle valvole cardiache avariate, ma impiantate egualmente per cinico interesse, o in quella del primario che spedisce (a pagamento) i malati nelle cliniche private. Ora, di fronte a questo nuovo sistema (ammesso che sia nuovo) non credo che possa servire un giustiziere, «un fustigatore, uno Zorro» come invoca lei. Gran parte della gente comune fu delusa, non solo perché Di Pietro a un certo punto si tolse la toga e si buttò in politica; ma anche per quel che si venne a sapere, dopo, del modo in cui si era comportato, prima, da inquisitore. Un modo non sempre giusto, spesso privo di garanzie, fondato su un uso energico di carcere, manette e confessioni; e che nel prendere di petto una classe politica in gran parte corrotta, la atterrò senza distinzioni, lasciando per terra un numero limitato, ma significativo, di vittime innocenti. Per questo, pur sapendo che la corruzione è un male difficile da estirpare, a quella dei giustizieri continuo a preferire la giustizia normale, rispettosa delle regole, attenta nelle indagini e severa nei giudizi. La giustizia, per intenderci, che abbiamo visto in azione a Torino nei casi Odasso e Di Summa, che presto ci aspettiamo faccia definitiva chiarezza sul pasticcio Telekom-Serbia. Marcello Sorgi marcello.sorgi@lastampa.it
Persone citate: Antonio Di Pietro, Di Pietro, Di Summa, Loris Nucera, Odasso
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