Il Nobel mancato del Papa Meglio così di Lorenzo Mondo

Il Nobel mancato del Papa Meglio così PANE Al PANE Il Nobel mancato del Papa Meglio così Lorenzo Mondo N' ON ne aveva bisogno. A . mio parere, la mancata assegnazione del Premio Nobel al Papa non soltanto non deve suscitare scandalo, ma neppure rammarico. Specialmente tra i credenti. Non so se qualcuno dell'entourage vaticano abbia contribuito avventatamente a creare una attesa mediatica (alla quale si sono sottratti peraltro L'Osservatore Romano e Avvenire), non so se il comitato del Nobel ne abbia tratto qualche speculazione. Sembrano anche pure illazioni quelle che cercano di spiegare la presunta freddezza o resipiscenza di Oslo nei confronti di un riconoscimento a Giovanni Paolo II. Si tratta, hanno detto, di giurati che professano un rigoroso laicismo ed esprimono una catafratta cultura luterana: ancorandoli, con questo, a rancori da Guerra dei Treat anni, se non addirittura a pregiudizi da «leggenda nera» nei confronti della Chiesa cattolica. Hanno sottolineato il fatto che tre di essi sono donne, contrarie a certi principi morali predicati dal Pontefice, in particolare la sua opposizione al controllo delle nascite nel Terzo Mondo; accreditando loro un fondamentalismo laico che elude tra l'altro la posta in gioco, e cioè la pace. Più sottili ragionamenti ad exdudendum tenderebbero a privilegiare chi opera per la pace sporcandosi le mani in una pratica quotidiana e fattuale, sia essa politica o umanitaria. Come se il magistero morale, espresso con coerenza e super partes, fosse votato a una nebulosa astrattezza, non incidesse nella carne e nella storia dei nostri giorni. Come se la contrarietà del Papa alla guerra in Iraq, al di là delle posizioni ideali, fosse un ininfluente gesto di pacificazione nei confronti dell'Islam, non valesse ad arginare l'integralismo e a scongiurare una nefasta guerra di religioni e di civiltà. Sono, ripeto, semplici illazioni, che tuttalpiù segnalano ed enfatiz- zano la presenza di certi umori e sensibilità nel Nord europeo. Resta il fatto che il Papa non aveva bisogno del Nobel. Ne ha bisogno, ne trae vantaggio chi non dispone della stessa notorietà e si trova a operare in contesti politici e sociali di grande conflittualità, a rischio talora della propria vita. E il caso della signora Shirin Ebadi, la paladina dei diritti fondamentali nell'Iran degli ayatollah, che si batte per conciliare Corano e democrazia. Mentre la figura di papa Wojtyla, investita da fasci di luce, sta al di sopra, è fuori misura. Certo, è presumibile che, insignito del premio, avrebbe fatto l'impossibile per ritirarlo di persona. Lui che ha affrontato viaggi nei luoghi più sperduti del mondo per annunciare il Vangelo e i precetti che ne derivano, non avrebbe mancato di utilizzare questa occasione, questa ulteriore tribuna. In quello che, tutto sommato sarebbe stato un gesto di amabile disponibilità, se non di umiltà. Perché è l'istituzione del Nobel che si sarebbe onorata iscrivendo il nome di Wojtyla nel suo albo d'oro, non esente da ammende e disinvolture. Meglio così. Accantonato il modico tormentone del Nobel, le cronache continuano a parlare del Papa. E la sollecitudine per la sua salute rovinante, ad onta degli sforzi inauditi per tenersi, e morire, in piedi, a testimoniare, oltre che la fedeltà alla sua missione, uno straordinario amore alla vita, da delibare e servire fino all'ultimo respiro. È il vicino anniversario dei 25 anni di un pontificato ineguagliabile che si è battuto contro la tirannia del comunismo ateo senza fare sconti ai falsi dèi della ricchezza e del successo, che si è aperto a tutte le religioni del mondo esaltandone il nucleo di verità e lo spirito di buona volontà. Sempre al fianco degli ultimi, confidando in essi, evangelicamente, per una nuova Primavera della Chiesa. Uno scenario epocale in cui un premio Nobel, per quanto ben intenzionato, non può che apparire un marginale accidente. I credenti non devono scandalizzarsi né rammaricarsi: per il protagonista di un pontificato epocale il premio di Oslo sarebbe stato nient'altro che un marginale accidente

Persone citate: Giovanni Paolo Ii, Shirin Ebadi, Wojtyla

Luoghi citati: Iran, Iraq, Oslo