Maroni duro: non dialogo con ch'i minaccia di Giovanni Cerruti

Maroni duro: non dialogo con ch'i minaccia PRESA DI POSIZIONE DEL MINISTRO CONTRO «CHI USA OGGI GLI STESSI TONI DI UN ANNO E MEZZO FA» Maroni duro: non dialogo con ch'i minaccia «Mi sembra di essere tornato a quando le Br hanno assassinato Biagi» Giovanni Cerruti inviato a VERBANIA Anche qui, appena scende dalla macchina, dal gruppo di bandiere del sindacato parte un coretto di fischi al ritmo di «Vergogna! Vergogna!». Roberto Maroni è atteso dall'Unione Industriali di Verbania, bandiere e cori sono un fuori programma. C'è una certa agitazione, ma solo attorno al Questore: «Cosa facciamo, ministro? Dicono che vogliono parlare con lei...». Maroni risponde secco: «Se è per insultarmi non è il caso, se è per discutere non mi tiro indietro». E finisce che per un'ora gli industriali aspettano e Maroni sta chiuso in una stanzetta con i sindacalisti. Alla fine, evviva: Maroni presenterà un emendamento per i lavoratori esposti al rischio amianto. Sono quasi le otto di sera quando se ne andrà, e dal gruppetto di bandiere nessun «vergognai». «Ecco - commenta poi dalla macchina - anche questo piccolo episodio dimostra quello che vado dicendo. Quando sono arrivato insulti. Poi si parla, si discute, si cerca assieme una soluzione e se è possibile la si raggiunge. Ormai lo sto ripetendo da giorni, ma vedo che sono parole al vento. Cgil, Cisl e Uil continuano a parlar d'altro. Pezzetta dice che io chiedo il dialogo e invece mi dedico al monologo? Per forza, con chi parlo se loro si defilano? Non gli va bene la riforma delle pensioni, mi dicano qual è la loro proposta. Cos'è non gli va bene che i lavoratori abbiano più soldi in busta paga? Oppure avrebbero preferito che questa riforma, causata da un debito pubblico che s'ingoia tutto, partisse subito invece che nel 2008? Lo dicano, dicano qualcosa». Non è stata la busta esplosa giovedì al ministero del Lavoro, è da settimane che Maroni è preoccupato. «Purtroppo mi sembra di essere tornato ai primi mesi del 2002, quando poi le Brigate rosse hanno assassinato il professor Marco Biagi. Bisogna stare attenti a chi incendia le menti dei folli». Il ministro dice «spero non sia così, spero che ciò non avvenga, spero che non ci siano più pazzi squilibrati che si credono giustizieri». Però lo teme. «Invito tutti a discutere, Utigare e confrontarsi. Ma sul merito delle questioni e senza distribuire giudizi sommari e sentenze di condanna ». E vorrebbe, in tema di riforma delle pensioni, «che i sindacati non avessero la memoria corta». E si ricordassero dov'erano «negli anni allegri della spesa pubblica folle». Agli industriali della provincia di Verbania ha spiegato la riforma delle pensioni e la legge finanziaria, ((ben diversa da quelle che si facevano a colpi di emendamenti da mille miliardi di lire negli ascensori di Palazzo Chigi». Ha parlato di marchi contraffatti dalla Cina a chi, come il presidente Giuseppe Polli, aveva appena invocato: «La competizione deve essere ad armi pari, abbiamo diritto alla legittima difesa!». Ma per tutta la giornata Maroni si è speso per tentare di riannodare un filo con i sindacati. Per i ministri leghisti il canale più diretto restano le frequenze di «Radio Padania Libera». E così, a metà pomeriggio, in viaggio verso Verbania, Maroni aveva telefonato per far sapere «che è sempre giusto lasciare al sindacato la risposta che vuole...». Però, per Maroni, «questo sciopero è immotivato e ingiustificato». Uno sciopero, dice. deciso prima ancora di conoscere il contenuto della riforma pensioni. «L'altra sera, in tv da Bruno Vespa, c'era Pezzetta che continuava ad insistere sul fatto che noi volessimo eliminare le pensioni di anzianità. Lo sciopero, diceva, l'avevano deciso per questo. Come si è visto non è andata così, ma lo sciopero rimane e mi domando contro chi e contro cosa. O per chi e per cosa». Alla radio leghista deve parlare come piace ai leghisti. E se dalla redazione gli citano una dichiarazioni di Fassino sul governo che mette mano alle pensioni per far cassa risponde con un fulmine: «Fassino, con i problemi che ha con Telekom Serbia, è un po' distratto. Non ha capito». Aspetta un segnale dai sindacati, ma a quanto pare ci conta poco. «Se continuano a dire no, no e no c'è poco da sperare». Ma sempre a «Radio Padania» anticipa quel che potrebbe accadere la prossima settimana: la Dubbbcazione dei nomi di chi la pensioni privilegiate. «Qualcuno arrossirà quando i cittadini sapranno che i privilegi in campo previdenziale riguardano anche chi oggi dice di difendere i diritti dei lavoratori. Bisogna togliere il velo a molte ipocrisie e falsità. Diremo chi e perché non l'hanno mai detto». Privilegi che potrebbero riguardare le pensioni di sindacalisti? Maroni non lo dice, ma un aiutino lo lascia: «E' come quando Cofferati faceva la battaglia in difesa dell'articolo 18. E si dimenticava di dire che i sindacati non lo applicavano...». Il responsabile Welfare, accolto a Verbania da una contestazione, prima dice «se è per insultarmi non è il caso, se è per discutere non mi tiro indietro» Poi discute, e accetta anche un emendamento Il ministro del Welfare Roberto Maroni

Luoghi citati: Cina, Maroni, Serbia, Verbania