La falsa libertà delle donne 'irachene
La falsa libertà delle donne 'irachene SI MOLTIPLICANO I CASI DI RINUNCE AL LAVORO E ALLA SCUOLA A CAUSA DELLE INTIMIDAZIONI DEI FONDAMENTALISTI ISLAMICI La falsa libertà delle donne 'irachene Fondano riviste, ma tornano a indossare il velo per paura retroscena Francesca Pad POCHE settimane fa Sahera Zouhair ha avvolto intomo al capo il suo primo velo islamico: aveva resistito per anni. «Dalla fine della guerra ho cominciato a portare l'hijad», dice la cronista della rivista femminile «Equality», uno dei circa 103 giornali che dalla caduta del regime baahtista sono sbocciati nel Paese. «Mio marito non era d'accordo, ma io ho paura di essere uccisa», ammette Sahera. Se le ragazze di Kabul hanno assaporato un principio di emancipazione dopo l'intervento americano in Afghanistan, le coheghe irachene hanno assistito alla cacciata di Saddam Hussein con umore contrastante. Da una parte hanno finalmente la libertà di gestire autonomamente un periodico per sole donne, dall'altra assistono aha crescita del potere religioso sciita che rende la loro vita sempre più pericolosa. «L'insicurezza delle strade costringe madri e fighe a tapparsi in casa e ne impedisce il contnbuto alla ricostruzione postbeUica della società», denuncia Hanny Megally, responsabile di «Human Rights Watch» per Medio Oriente e Nord Afri¬ ca. Secondo l'organizzazione per i diritti umani si moltiplicano in Iraq i casi di rinunce al lavoro o alla scuola in seguito alle intimidazioni dei fondamentalisti islamici. L'ultimo rapporto intitolato «Climate of fear: sexual violence and abduction of woman and girls in Baghdad)) raccoglie testimonianze di percosse e sequestri. Come quella della quindicenne Mima B., fuggita l'S giugno scorso dalla casa aha periferia di Baghdad dove era stata rinchiusa per un mese cor due sorelle, una delle quah violentata. Mima B. ha confessato alla polizia militare americana di sospettare che i suoi rapitori volessero venderle a trafficanti di bambine. All'inizio dello scorso agosto r«Organization of Women Freedom», la lega deUe donne irachene, aveva organizzato un corteo nella capitale per chiedere protezione e garanzie. La fondatrice del gruppo, Yanar Mohammed, una archietto di 42 anni tornata dall'esilio canadese per sostenere i diritti femminili, parla di almeno 400 aggressioni sessuah dopo la fine deha guerra, a maggio. «La violenza sulle donne è anche una forma di vendetta politica contro padri o fratelli implicati fino a ieri col regime baathista», spiega Yanar Mohammed, che da quando è stata minacciata dorme ogni notte in un luogo diverso. Fino alI980 a Baghdad giovani e meno giovani erano autorizzate ad indossare l'abito preferito e all'università non si incontravano studentesse avvolte nell'hjiad, il velo islamico. Nel 1991, in seguito aha sconfitta della prima guerra del Golfo, Saddam Hussein sposò la causa religiosa per assicurarsi l'appoggio dei fedeli nel prevedibile nuovo scontro con gh Stati Uniti. Fece costruire nuove moschee ovunque nella capitale e ridusse in parallelo le libertà concesse alle cittadine. L'avvocatessa Mishkat Moumin smentisce l'immagine «soft» del regime diffusa all'estero dal partito Baath: «Volevano apparire paladini del laicismo, ma hanno sempre incoraggiato la discriminazione fra i sessi. U pi-imo giudice donna del mondo arabo è stato un'irachena, oggi dopo trentacinque anni di dittatura voghamo indietro il nostro ruolo». Tre ministre partecipano al nuovo Consigho di governo, Raja Habib al-Khuzaai, Sondul Chapouk, Akila al-Hashimi. Yanar Mohammed le guarda con fiducia anche se «due di loro indossano il velo, ed Akila non è mai stata una militante femminista». L'«Organization of Women Freedom» conta piuttosto sul potere della stampa indipendente, ora che c'è. «Equality» è già al terzo numero ed ha una tiratura di 3000 copie. Minacciate dal potere religioso molte di loro sono costrette a chiudersi in casa e a non contribuire alla ricostruzione Percosse e sequestri sono anche una forma di vendetta politica contro famigliari implicati col passato regime Una donna sciita a Najaf
Persone citate: Chapouk, Francesca Pad, Megally, Raja Habib, Saddam Hussein, Yanar Mohammed, Zouhair
Luoghi citati: Afghanistan, Baghdad, Iraq, Kabul, Medio Oriente, Stati Uniti
A causa delle condizioni e della qualità di conservazione delle pagine originali, il testo di questo articolo processato con OCR automatico può contenere degli errori.
© La Stampa - Tutti i diritti riservati
- Marito e moglie i trucidati del Tevere Fermato un amico: gravissimi indizi
- Brosio alle elettrici: un governo di centro per lo sviluppo del Paese
- Un'altra giornata di tumulti in piazza Statuto
- Indagini su gruppo neofascista a Rieti e a Parma: due arresti
- Condannato all'ergastolo querela la Rai per una trasmissione alla tv
- Inaugurato sotto la pioggia lo zoo del Parco Michelotti
- Sangue su un mito italoamericano
- CINEMA IN PIEMONTE E IN LIGURIA
- Le leggi sulla razza
- Tre morti sull'auto fuori strada
- Arrestate la studentessa-rivale e la madre per l'assassinio della giovane cantante Lolita
- Molto cibo tanto sesso
- Marito e moglie i trucidati del Tevere Fermato un amico: gravissimi indizi
- «So che esiste l'aldilà Lo ha detto mio figlio»
- La fucilazione dei due rapinatori
- «Ecco i cinque killer che uccisero Borsellino»
- � morto Peppino De Filippo se ne va la Napoli più estrosa
- Due auto si scontrano frontalmente Muore una giovane donna, 4 feriti
- La Cianciulli, da sola, no!
- Brosio alle elettrici: un governo di centro per lo sviluppo del Paese
In collaborazione con Accessibilità | Note legali e privacy | Cookie policy