Vetri che rispondono alla luce

Vetri che rispondono alla luce | CHIMICA | LE MOLECOLE FOTOCROMICHE Vetri che rispondono alla luce LA STORIA DEI MATERIALI CHE CAMBIANO COLORE IN RAPPORTO ALLA QUANTITÀ DI RADIAZIONE RICEVUTA Gian Angelo Vaglio (*) FIN dalla seconda metà dell'Ottocento, quando nacquero i primi coloranti sintetici, i chimici notarono una curiosa proprietà di alcune tra queste nuove molecole, e cioè la loro variazione di colore con la luce diurna. Il fenomeno, chiamato fotocromismo dai vocaboli greci phos (luce) e chroma (colore), divenne tema di ricerca verso la metà del Novecento e acquistò interesse commerciale una decina di anni dopo, quando le aziende inglesi Corning e Pilkington, produttrici di vetri speciali, svilupparono lenti oftalmiche in vetro fotocromico. Note in Gran Bretagna con il marchio commerciale "reactolite", si ottenevano da alogenuri di argento, simili a quelli usati per i film fotografici, i cui cristalli intrappolati in una matrice vetrosa tendono al nero quando sono esposti alla luce ultravioletta. Queste prime lenti avevano l'inconveniente di una riduzione troppo lenta dell'annerimento al diminuire della luminosità dell'ambiente, che lasciava temporaneamente accecati nel passaggio da ambienti soleggiati a locah con poca luce. In seguito, nonostante questi inconvenienti, la tecnologia è stata applicata a lenti in materiale plastico, che offrono numerosi vantaggi rispetto alle lenti in vetro, non solo perché infrangibili, ma anche perché sono più leggere e meglio lavorabili al fine di ottenere forme più nuove ed eleganti. Nei vent'anni successivi al 1970 numerose altre famiglie di molecole fotocromiche furono sviluppate da vari gruppi di ricerca. In particolare, in Gran Bretagna si studiarono gh effetti fotocromici di specie spironaftossaziniche e naftophaniche. Queste due classi di composti sono la base dei coloranti fotocromici noti con il nome commerciale di "reversacoh". In generale il fotocromismo è dovuto ad una trasformazione reversibile, indotta da radiazioni associate alla luce, di una specie considerata madre in una specie figlia. Nei reversacoh la reazione che porta dalla specie madre a quella figlia è l'apertura di un anello presente nella molecola. Viene rotto un legame tra l'atomo di ossigeno e il centro' spiro (atomo di carbonio comune a due anelli presenti nella molecola) nelle spironaftossazine, mentre nei naftospirani le radiazioni luminose scindono il legame tra l'atomo di ossigeno e l'atomo di carbonio legato a due anelli benzenid sostituiti. In seguito alla reazione le molecole di colorante assumono una struttura più planare e quindi una maggior coniugazione, doè maggiore interazione tra gh elettroni nei doppi legami delle molecole. Come conseguenza vengono assorbite energie più basse, associate alle radiazioni di zone differenti dello spettro delle radiazioni visibili. Il ritorno allo stato non colorato si ha con il processo inverso di chiusura dell'anello che si verifica in condizioni di luminosità ridona, quindi indotto fotochimicamente (fotocromismo di tipo P), o a seguito di variazione della temperatura (fotocromismo di tipo T). I colori richiesti per lenti ottiche sono il grigio e il bruno, simili a quelh ottenibili con la vecchia tecnologia basata sugli alogenuri di argento. Per ottenerli i produttori di coloranti dovettero inizialmente affrontare numerose difficoltà, perché occorreva la miscelazione di vari colori dello spettro visibile che dovevano soddisfare una serie di requisiti, in particolare dovevano possedere velocità molto simili di variazione di colore, effetti analoghi al variare della temperatura e tempi confrontabili di durata deUe caratteristiche fotocromatiche. Negh ultimi anni si sono fatti progressi notevoh grazie alla messa a punto della preparazione di singole specie molecolari in grado di fornire i colori neutri richiesti, grigio e bruno. Si tratta di molecole che hanno almeno due picchi di assorbimento di luce in due zone diverse dello spettro visibile con all'incìrca la stessa intensità e che sono caratterizzate, dal punto di vista strutturale, dalla presenza di un adatto sostituente su ciascuno degh anelli benzenicideha molecola. Sebbene il mercato deUe lenti oftalmiche sia il maggior destinatario dei coloranti fotocromici, negh ultimi anni il loro utilizzo è notevolmente cresciuto in vari altri campi di appheazione. A ciò ha contribuito la migliore comprensione del comportamento di queste molecole nei materiali polimerici, non tutti adatti a pennettere che le molecole fotocromiche diventino planari. Questa riorganizzazione strutturale si realizza in polietilene, polipropilene, pohuretano e pohvmilcloruro, mentre altri polimeri sono troppo rigidi per permettere movimenti all'interno delle molecole ed altri ancora richiedono temperature di lavorazione troppo alte in relazione alla stabilità termica dei coloranti. Oltre all'uso di queste molecole per la produzione di plastiche e «film» in architettura e in agricoltura, di giocattoli, di inchiostri speciali e di particolari prodotti cosmetici, sono molto importanti e interessanti le prospettive per la loro utilizzazione come «interruttori» ottici in elettronica e in microstrumentazione da utilizzare in campo medico e diagnostico con accensione e spegnimento mediante luce ultravioletta. (*) Università di Torino

Persone citate: Gian Angelo Vaglio

Luoghi citati: Gran Bretagna, Torino