PARADISO PERDUTO di Enrico Camanni
PARADISO PERDUTO LO STATO TAGLIA I FONDI, IL PARCO SOSPENDE LE VISITE PARADISO PERDUTO Enrico Camanni CON un comunicato del 29 settembre l'Ente Parco nazionale Gran Paradiso ha annunciato che "a causa dei recenti tagli del fondo ordinario statale per le spese di gestione, il primo parco nazionale italiano è costretto a sospendere i suoi servizi turistici e informativi». Vale a dire che chiudono i centri visita dislocati nelle varie valli, chiude la segreteria turistica di Noasca, cessano le escursioni guidate e le attività didattici^ cun le scuole. La notizia suscita diverse reazioni. La prima, la più immediata, è che uno stato che per quadrare il bilancio taglia i finanziamenti sui beni culturali e naturali è uno stato in declino. Per sostenere questa tesi non c'è neppure bisogno di scomodare la lunga e gloriosa storia del Gran Paradiso, ceduto dai Savoia all'Italia dopo la Prima guerra mondiale, salvato dai guasti della burocrazia fascista ai tempi della Seconda guerra e poi cresciuto per mezzo secolo fino a diventare un modello europeo di gestione territoriale e ambientale, attraverso una complessa e faticosa integrazione tra le «ragioni» della natura e quelle delle popolazioni locali. La seconda reazione, di segno opposto, è che comunque i guardaparco continuano a vigilare e gli stambecchi sono salvi. Cosi la pensa chi continua a interpretare i parchi secondo il vecchio modello della «riserva naturale», una specie di isola incontaminata dove gli animali vivono felici e gli umani restano fuori dalla porta. Salvo che poi, appena al di là del confine, si continua a fare quello che si vuole. E una visione che affonda le sue radici nei tempi eroici di metà Novecento, quando uno stambecco sottratto ai bracconieri era un animale graziato da sicura estinzione, ma che è stata completamente superata da un'evoluzione culturale che finalmente individua nell'equilibrio tra tutela e sviluppo l'unica prospettiva capace di assicurare il futuro: il cosiddetto «sviluppo sostenibile». Proprio per questo i parchi sono diventati fondamentali, non solo perché proteggono aree di eccezionale valore naturalistico e culturale, ma anche, e soprattutto, perché rappresentano i «laboratori» di quei nuovi modelli di gestione equilibrata che andrebbero esportati a tutto il resto del territorio. È chiaro, in questo senso, che un parco «chiuso» alle scuole e ai visitatori è un parco sterile, un parco dimezzato. Il Gran Paradiso vietato alle scuole è la sconfitta del buon senso: i nostri figli navigano nelle tumultuose realtà virtuali, ma non possono visitare gli unici luoghi dove l'utopia cerca di diventare realtà vera.
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