BLAIR La maledizione di Baghdad di Fabio Galvano

BLAIR La maledizione di Baghdad i | | i ii« SI APRE OGGI A BOURNEMOUTH L'ANNUALE CONGRESSO LABURISTA -•■; ^ ' i--.' : .'n. i - i..,-.:,,;.-,., ;,.' i; z1,,,: - ^-.:^^ .■n-,.- ^l,^ ."-s, ; ^ -', ^ l;ll;vlv.;:.l:.l.l:.-.,ll j-;,,,:,: ,:^^• - : ^:....:..:-::.;...-..:;.;-: .•■.-:^ z BLAIR La maledizione di Baghdad analisi Fabio Galvano inviato a BOURNEMOUTH SOLTANTO oggi la segreteria del Labour Party renderà noto il programma preciso - quali i dibattiti, quali le votazioni - dell'annuale congresso del partito, che apre i battenti sotto il paUido sole autunnale di questa Rimini albionica. E questo la dice lunga, forse più dei sondaggi che da qualche settimana suonano a morto per Tony Blair e per la sua «leadership di teflon» - immacolata, ingualcibile, sempre linda - oggi intaccata e pericolosamente ossidata dalle vicende irachene e soprattutto dal «caso Kelly». Da due giorni il premier non si fa più vedere: è impegnato, dicono i suoi portavoce, ad apportare gh ultimi ritocchi al discorso che pronuncerà martedì ai fedelissimi del partito, e con il quale cercherà di ricondurre nell'alveo del New Labour sia la sinistra da sempre scontenta delle sue tentazioni thatcheriane, sia le varie frange che lo hanno abbandonato alla luce delle vicende irachene. Di sicuro Blair è stato anche, ieri pomeriggio, con un occhio alla tv, alla manifestazione contro la guerra svoltasi a Londra, per tastare anche dalla protesta di piazza il polso di una nazione che non lo segue più come un tempo. Probabilmente è stato coinvolto con i suoi collaboratori più fedeli e con gh sjpin-doctor di Downing Street a discutere l'agenda di questo congresso che potrebbe rivelarsi cruciale non solo per la sua leadership ma per le fortune stesse del Labour Party. «Non c'è dubbio che sia nei guai - osserva il suo biografo John Rentoul -: molto più di quanto persino i suoi rivali auspichino». H momento è davvero difficile. Un sondaggio pubblicato ieri dal «Financial Times» rivela che secondo la metà dei cittadini britannici Blair dovrebbe dimettersi: in favore di un cambio della guardia a Downing Street è il 50 per cento, solo il 39 sarebbe propenso a lasciarlo al suo posto. Dati cosi negativi non hanno precedenti nella carriera pohtica di Blair, premier dal 1997 con alone d'invincibilità; peggio, il sondaggio indica che, qualora si svolgessero domani nuove elezioni, mighore fortuna avrebbe Gordon Brown, attuale Cancelliere dello Scacchiere (ministro dell'Economia) e da sempre delfino ufficiale di Tony Blair. Ma quel ricambio era previsto per la metà della prossima legislatura, attorno al 2008: si potrà attendere tanto? Per chi crede nel valore dei segni premonitori, proprio nei giorni scorsi ha chiuso i battenti «Granita», il ristorante italiano di Islington in cui Blair e Brown, legati da uno straordinario e ambivalente rapporto di amicizia e rivalità, decisero nove anni fa la staffetta per la poltrona di primo ministro in alternativa a una lotta intema che avrebbe potuto danneggiare entrambi. Quello del «Financial Times» non è il solo sondaggio che nelle ultime ore abbia fatto rizzare il pelo del primo ministro. C'è quello del «Guardian», quotidiano di insospettabile fede laburista, che ha interrogato 108 deputati della maggioranza per scoprire che 24 di loro auspicano immediate dimissioni e altri 25 ritengono che la transizione dovrebbe essere più ordinata ma abbastanza prossima, mentre soltanto 29 dichiarano il loro sostejno incondizionato a Blair. Il «Daiy Telegraph», pur tenendo in dovuto conto il suo ruolo di punta nello schieramento conservatore, rivela invece che i tre principali partiti britannici sono praticamente alla pari: con i Tories di lain DuncanSmith in testa (32 per cento), seguiti dal Labour (31 ) e dai liberaldemocratici di Charles Kennedy (31). Quest'ultimo, con il 21 per cento di preferenze personali, avrebbe scavalcato il leader dei conservatori (fermo a 18) avvicinandosi a Blair, che oggi registra appena il 28 per cento aei consensi contro il 52 per cento toccato nel 2001, l'anno delle ultime elezioni. Tony Blair ha sempre detto. confermandolo con i fatti, di infischiarsi dei sondaggi. Ma quelli, in passato, gh riservavano piccoli dolori passeggeri, mai raffiche a ripetizione come in questi giorni. «Fare marcia indietro sarebbe un suicidio», affermavano nei giorni scorsi alcuni membri del suo entourage, indicando che la linea del leader a Boumemouth sarebbe stata articolata attorno a un richiamo all'ordine e alla compattezza, per evitare lo sfascio a cui le divisioni inteme condannarono precedenti governi laburisti (per non parlare di quanto avvenne ai conservatori di John Major). Ma anche un altro elemento è emerso nei giorni scorsi, quell'« umiltà» che sarebbe per Blair un aspetto del tutto nuovo. Secondo le fonti vicine a lui, il premier utilizzerà il trampolino di Boumemouth - non solo il discorso di martedì, ma la struttura stessa di questa Conference - per rilanciare la sua leadership e per smentire chi vor- rebbe imporgli un cambio della guardia al vertice; ma al tempo stesso non esiterà a recitare un «mea culpa» quando dirà ai delegati del partito, e a tutta l'Inghilterra che lo seguirà sugli schermi tv, che il modo in cui prende le decisioni politiche deve cambiare se vuole riguadagnare la fiducia degh elettori, dei deputati e degh stessi coUe- ghi di govemo. Si impegnerà a «spiegare, ascoltare e concedere fiducia»: tutti aspetti dell'iter decisionale che non sempre, arroccato a Downing Street con i suoi consiglieri più fidati, soprattutto quell'Alastair Campbell costretto nelle scorse settimane a dimettersi nell'onda del «caso Kelly», egli ha saputo o voluto rispettare. Chi ha seguito Blair da vicino, nel corso dei suoi sei anni al potere, ne ha notato un progressivo cambiamento, anche fisico. Il Blair di oggi non è più quello sorridente e dinamico dei primi tempi. Appare invecchiato, stanco, teso. Anche preoccupato, quasi incapace di prendere parte agh scambi interpartitici con lo humour scanzonato che sovente contraddistingue la pohtica britannica. Nei giorni scorsi non è stato all'Assemblea Generale dell'Onu, che aveva invece richiamato a New York Chirac, Berlusconi, Schroeder, Putin e numerosi altri leader da ogni parte del mondo, preferendo invece fare un giro degh ospedah e farsi filmare neh'atteggiamento tipico dell'animale pohtico: sorridente fra mille strette di mano. Per dimostrare, ha subito indicato la grancassa di Downing Street, che i problemi domestici eli stannoinalto a cuore.'JNiente affatto; ha subito ribattuto la stampa a lui più ostile: per tirare il fiato e recuperare forze in vista del congresso che si aprirà oggi. E' possibile che entrambe le spiegazioni tengano. Da una parte Blair deve infatti tirare le reclini del partito e del govemo, salvare il «grande sogno» del New Labour, e per questo avrà bisogno nei prossimi giorni di grande energia e lucidità; dall'altra deve pensare agh elettori, che possono sì metterlo in croce per la sua insistenza nell'affiancarsi a Bush per la guerra in Iraq, o per il poco chiaro comportamento del governo che additando Kelly come «gola profonda» della Bbc avrebbe spinto lo scienziato al suicidio, ma ancor più si aspettano dai loro politici un occhio attento alle questione inteme. E i nodi intemi, oggi, sono numerosi e seri. Si parlerà allora, a questo congresso, non solo dei dolenti temi di pohtica intemazionale, ma anche delle due proposte del govemo laburista che trovano i maggiori ostacoli sulla via dell'attuazione: l'aumento delle rette universitarie e la parziale privatizzazione di quello che era un fiore all'occhiello dei governi laburisti nell'immediato dopoguerra: il servizio di medicina di Stato, oggi bisognoso di una seria ricostruzione. E poi c'è l'euro, su cui - anche per effetto del recente voto svedese - Blair sembra perdere la battagha, forse costretto da una diffusa ostilità nazionale a rinviare se non sopprimere il referendum che con ogni probabihtà intendeva indire per l'anno prossimo. E poi ci sono i sindacati: da non deludere, questa volta, in cambio della loro decisione di non girare il coltello nella piaga dell'Iraq. Secondo il «Financial Times» Blair avrebbe deciso di offrire loro alcuni ramoscelli d'ulivo, come l'ipotesi di applicare anche a livello nazionale un accordo stilato a livello locale in base al quale chi acquisisce servizi - sanitari, scolastici - si impegna ad applicare ai propri dipendenti contratti non meno favorevoh di quelli che vengono applicati negli stessi settori ai dipendenti pubblici. Blair sa che quella di Boumemouth potrebbe rivelarsi come la sua ultima spiaggia. «E' sul filo del rasoio, sa che la tolleranza del partito è al limite», osserva Patrick Dunleavy, professore di scienza del govemo alla London School of Economics. Il primo ministro ricorda bene che a far cadere Maggie Thatcher non furono i laburisti, ma gh stessi conservatori. Il suo vero impegno, nei prossimi giorni, sarà di scongiurare un'altra tempesta, di evitare che la storia si ripeta. L'ultimo sondaggio dice che il 50 per cento degli inglesi vorrebbe un cambio alla guida del Paese. Un altro dà i tre maggiori partiti quasi alla pari Per il premier questa è l'ultima spiaggia Oltre al «caso Kelly» lo tormentano una sinistra delusa dalle sue scelte, ma anche vari rami del Labour che lo criticano sulle sue scelte in tema di ospedali e università. E l'euro? Blair (a destra) la settimana scorsa con il presidente Chirac e con il cancelliere Schroeder Gordon Brown, il «delfino» di Blair Tony Blair è sempre più preoccupato dalla crisi che lo coinvolge: decisivo il congresso di Boumemouth

Luoghi citati: Baghdad, Boumemouth, Bournemouth, Inghilterra, Iraq, Londra, New York