Prodi: l'Europa deve fare un doppio salto mortale di Francesco Manacorda

Prodi: l'Europa deve fare un doppio salto mortale «DELOCALIZZARE È IMPORTANTE, MA SALVA PER POCHI ANNI. OCCORRE PIÙ RICERCA» Prodi: l'Europa deve fare un doppio salto mortale «Conto che l'economia Uè trovi al suo interno le energie per lo sviluppo» Francesco Manacorda inviato a PARMA L'Europa «deve fare un doppio salto mortale», non limitarsi a delocalizzare le produzioni a minor valore aggiunto in quei paesi dove il costo del lavoro è più basso, ma riuscire anche in quella rivoluzione tecnologica che ha fatto la fortuna della produttività statunitense. «Portare le fabbriche di scarpe in Romania è importante - dice Romano Prodi - ma è una soluzione che ti salva solo per pochi anni». Invece la strada da seguire è proprio quella degli Usa che ricorda - prima hanno spostato le produzioni tessili dal Massachusetts verso gli Stati del Sud per profittare del costo del lavoro più basso, ma poi hanno fatto sì che quelle produzioni fossero soppiantate dall'hi-tech. Il presidente della Commissione europea toma, come fa quasi ogni anno, al suo vecchio amore dell'economia industriale, nella sessione conclusiva del convegno della rivista «L'industria». In pratica una rimpatriata tra vecchi amici, qui a Parma, dove nel pomeriggio inaugurerà anche il nuovo collegio europeo. C'è il preside di Economia a Torino Sergio Conti che ricorda la fondazione della rivista ventisette anni fa, ci sono nomi come Gian Maria GrosPietro, Fabrizio Onida, Ignazio Visco e poi tutta quella filiera di professori dell'Emilia Romagna dei professori a cui Prodi è legato in modo indissolubile: Patrizio Bianchi, Angelo Tantazzi, il figlio di Nino Andreatta, Filippo... Economia industriale, ma anche e soprattutto «pohtica industriale, che dobbiamo tornare a fare in Europa, a utilizzare continuamente», dice il presidente della Commissione. Lo impone la situazione di distacco sempre crescente tra la ripresa Usa e quella di casa nostra, lo richiede l'assedio delle economie orientali sul fronte del commercio mondiale, ma adesso lo chiedono con urgenza a Bruxelles anche gli Stati mem¬ bri. «E' molto interessante dice Prodi riferendosi alla recente lettera di tre capi di Stato e di governo - che nelle ultime settimane tre paesi che in passato hanno avuto politiche molto diverse tra di loro come Francia, Germania e Gran Bretagna, abbiano chiesto insieme alla Commissione di lavorare contro la deindustrializzazione». E se si parla di politica industriale la strada maestra per raggiungere gh Usa e sfuggire al morso dei paesi emergenti passa prima di tutto per l'istruzione e la ricerca, ma anche per tutta una serie di canali di collegamento tra mondi oggi troppo lontani fra di loro, come la scuola e l'impresa. «Incorporare la ricerca nella propria società è una sfida grossissima, dice Prodi, ma si tratta di una sfida non solo economica ma anche sociale «perché quando i ragazzi vedono che il più pezzente dei loro compagni che si dedica ad attività commerciali guadagna il triplo di chi fa il ricercatore», allora diventa difficile attrarre nuovi ingegni. Le voci ancora in rosso sul provvisorio bilancio di pohtica industriale dell'Europa sono molte e Prodi le elenca - «la formazione dei giovani, la ricerca e sviluppo, politiche in grado di attirare migrazione qualificata» - ma la convinzione del professore è che la sfida per l'Unione europea «è certamente possibile perché abbiamo l'equilibrio, i valori, ima straordinaria capacità di attrazione». Insomma, il programma di Lisbona che, fissato nel 2000, prevedeva dopo un decennio di fare dell'Europa un'area di eccellenza economica è tutt'altro che sfumato, nonostante gh esordi siano per ora insoddisfacenti. «Conto che l'economia europea si sviluppi non dico da sola ma trovi al suo intemo le energie per svilupparsi». Anche perché tra allargamento e sviluppo demografico «presto saremo un'area da 500 milioni di persone. Significa la struttura economica più grande e importante del mondo finché non crescerà la Cina, e ci vorrà ancora molto tempo». «^^«^comns^^^^^M^,^