Ted Kennedy: «La guerra una truffa made in Texas» di Maurizio Molinari

Ted Kennedy: «La guerra una truffa made in Texas» FRA GLI INSULTI L'IRAQ RISCALDA LA CORSA ALLA CASA BIANCA Ted Kennedy: «La guerra una truffa made in Texas» «E stata fabbricata ad arte per sostenere le sorti elettorali di Bush». Replicano i repubblicani: comesi permette? E un pessimo patriota retroscena Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK TED Kennedy definisce Bush un truffatore che corrompe governi stranieri e i neoconservatori ribattono ricordando che Wesley C'ark incontrò senza autorizzazione il boja serbo che faceva strage di bosniaci. A venti giorni dall'inizio della campagna elettorale per le presidenziali del 2004 lo scontro fra democratici e repubblicani si concentra sull'Iraq con scambi di accuse e di insulti che poco hanno a che vedere con l'aplomb anglosassone e ricordano assai più da vicino l'irruenza degli scontri in alcuni ambienti politici del Vecchio Continente. A dare voce agli umori che albergano in casa democratica è stato il senatore del Massachusetts Ted Kennedy che, parlando a raffica su agenzie e tv, ha picchiato con durezza: «La guerra in Iraq è stata una truffa fabbricata ad arte in Texas all'unico fine di sostenere le sorti politiche del partito repubblicano». Il popolo americano sarebbe stato ingannato per consentire a Bush di vincere le elezioni per il rinnovo del Congresso nel 2002 e quindi essere rieletto nel novembre del 2004. Ma c'è di peggio: «L'amministrazione finora non ha documentato come riesce a spendere ben quattro miliardi di dollari al mese per la guerra e credo che molte delle spese non certificate sono state in realtà destinate a corrompere governi stranieri affinché decidano l'invio di truppe». La Casa Bianca viene descritta come un covo di ladri e bugiardi. «I soldi che non si trovano vengono distribuiti a leader di tutto il mondo per ottenerne i favori», incalza il fratello minore di J.F. Kennedy, riferendosi in particolare alla Turchia: «Annunceranno presto un prestito ad Ankara di 8,5 miliardi di dollari affinché mandi truppe in Iraq». Pur essendo noto come portabandiera della sinistra liberal Kennedy non si era mai spinto tanto in là: «Siamo alle prese con un inganno costruito a-fini politici e credo che tutte le minacce di cui ci hanno parlato negli ultimi mesi non esistano: Al Qaeda, l'instabilità in Afghanistan e le ambizioni nucleari della Corea del Nord sono un pericolo per il popolo del Massachusetts assai più di quanto non sia l'Iraq». Sul fronte opposto di Capitol Hill a duellare c'è un texano doc, il capo dei deputati repubblicani alla Camera dei Rappresentanti, Tom DeLay. «Queste sono le nuove bassezze dei democratici, disturba vedere come i democratici consumino la loro odiosa retorica più contro il presidente Bush di quanto abbiano fatto con il dittatore Saddam Hussein». DeLay accusa Ted Kennedy di mancanza di patriottismo e lancia un appello ai dieci candidati democratici alla presidenza e ai leader democratici di Camera Nancy Pelosi - e Senato - Tom Daschle - affinché si «dissocino», si affrettino a prendere le distanze dalle offese pronunciate contro il «comandante in capo delle forze armate» impegnate nella guerra che oppone la libertà al terrore. In realtà nessuno gh risponde tranne John Kerry, candidato aHa nomination e anch'egli senatore del Massachusetts, che invece di una marcia indietro gli regala un pepatissuno contrattacco: «Tom DeLay è solamente un bullo della poUtica, ha tentato di bulleggiare nei confronti dei democratici del Texas che però non si sono piegati di fronte ai suoi giochi politici e ora non gh consentiamo certo di brandire contro di noi l'arma del patriottismo perché si tratta di un valore che non appartiene solo a una fazione politica». In un'atmosfera politica che assomiglia sempre più a un. rodeo Nancy Pelosi e John Murtha, deputato democratico della Pennsylvania, aggiungono del loro chiedendo formalmente a Bush di «licenziare quei suoi collaboratori responsabili di incredibih errori di calcolo sull'opposizione armata che avremmo trovato in Iraq e sui costi della ricostruzione». Se l'opposizione punta a demolire Bush, per i neoconservatori il nemico su cui concentrare i colpi è il generale Wesley Clark, l'ultimo candidato a scendere in campo, nonché legato a doppio filo con il clan dei Clinton. Il settimanale «Weekly Standard» si è divertito a rendere pubblici sul proprio sito web i particolari indiscreti del curriculum dell'«eroe di guerra». A cominciare da quando il 27 agosto del 1994, durante una missione in Bosnia su incarico del Pentagono, «ignorò il monito del Dipartimento di Stato a non incontrare alti responsabili serbi sospettati di ordinare eccidi di civili nella campagna di pulizia etnica». In partico are Clark «fece una visita di cortesia al comandante Radko Mladic», uno dei principali accusati di crimini contro l'umanità di fronte al Tribunale dell'Aia. «Vi sono anche foto dell'incontro», fa sapere il combattivo settimanale di Bill Kristol, precisando per i lettori che Mladic per i bosniaci equivale al gerarca nazista Hermann Goering. E ancora: Clark ripete senza pensare che cosa scrive sul «New York Times» l'economista Paul Krugman, ha attribuito alla Casa Bianca il desiderio di cacciarlo dalla Cnn citando come fonte un suo amico canadese di cui nessuno sa nulla e ha cambiato opinione sulla guerra in Iraq nell'arco di 24 ore, dichiarando che avrebbe votato contro il conflitto poche ore dopo aver detto a numerosi giornali che «probabilmente» vi si sarebbe opposto. Con tali premesse gli americani si avviano a vivere una campagna elettorale molto europea. Il senatore: «Il governo non ha documentato come riesce a spendere quattro miliardi di dollari al mese per il conflitto I soldi servono a ottenere i favori di altri Paesi» I neoconservatori: «Nel 1994 Clark incontrò senza autorizzazione il generale Mladic, uno dei principali accusati del tribunale dell'Aja per i massacri in Bosnia» Ted Kennedy, senatore del Massachusetts