La notte in cui la Benearaata vendicò Geresoli di Gigi Garanzini
La notte in cui la Benearaata vendicò Geresoli NELLO STADIO DI TUTTE LE ITALICHE SCONFITTE UN'IMPRESA ATINTE NERAZZURRE La notte in cui la Benearaata vendicò Geresoli Gigi Garanzini PRIMA di raccontarla ai nipoti, c'era una volta Highbury e nessuna squadra italiana, nemmeno la nazionale campione del mondo del '34 ci aveva mai vinto, anzi aveva preso tre gol nei primi dodici minuti e il giovane Nicolò Carosio che debuttava da radiocronista a bordo campo aveva ben presto perso la voce, prima di raccontarla ai nipoti bisognerebbe provare a spiegarla ai contemporanei la metamorfosi dell' Inter, da Siena a Londra. Ed è lì il problema. Ecco, chi ricorda l'Italia tremebonda che pareggiò a Vigo con il Camerun e sei giorni dopo batté l'Argentina campione del mondo uscente al Sarrià potrebbe già essere sulla buona strada: ma ancora distante, molto distante dalla verità. Ad Highbury quel pomeriggio di novembre del '34, prima della doppietta di Peppino Meazza che aveva riacceso le speranze, erano stati i miracoli di Ceresoli a salvare l'onore azzurro. Tre gol in un amen, prima durante e dopo l'uscita dal campo di Luisito Monti: ma poi una serie innumerevo- L'argentino Cruz ha segnato il primo gol le di parate sull'assedio degli inglesi che infierivano per dimostrare chi fossero moralmente i veri campioni del mondo,a dispetto del loro rifiuto a partecipare, a misurarsi con i comuni mortali. Ripassando nei giorni scorsi la storia patria, Francesco Toldo si era fatto l'idea che a un altro portiere nerazzurro sarebbe toccato l'onore di rinverdire i fasti di Ceresoli. In fondo, l'impresa di battere l'Arsenal a domicilio gli era già riuscita con la Fiorentina, nel '99: non ad Highbury, questo no, ma a Wembley, platea non esattamente di ripiego. E comunque in capo ad una serie impressionante di parate decisive, su cui poi Batistuta aveva piazzato la ciliegina del gol-partita. Tutto insomma si sarebbe aspettato Toldo, e con lui la critica al completo, il popolo interista, e ovviamente quello londinese, ad eccezione di una serata da disoccupato. Elegante nel suo maglioncino azzurro cenere, un po' teso in avvio quando ancora pareva che i «gunners» fossero in grado di fare sul serio, regale nel distendersi sulla sinistra a deviare il rigore di Henry quando l'arbitro, lo spagnolo Mejuto Gonzales, aveva pensato bene di riaprire il match, già aperto e subito chiuso dall'uno-due di Cruz e Van der Meyde, premiando un tuffo di Ljungberg con un ridicolo calcio di rigore. Il resto del tempo a battere le mani, mica per scaldarsi, per applaudire le giocate dei suoi, la perfezione dei meccanismi di copertura, la pressione continua, la ricerca di spazi in cui liberare Martins. Con una stropicciata d'occhi, di tanto in tanto, nemmeno a lui quella che gh giocava davanti sembrava l'Inter cui si era abituato. Altro che Wembley, altro che Valencia. Una gita di piacere. Anicchita da qualche sfizio nel finale per negare ad Henry, a Kanu, a Bergkamp anche il gol della bandiera. Parate persino banali, altro che Ceresoli. Da raccontare ai nipoti con l'aria un po' annoiata. Nemmeno la nazionale campione del mondo del '34 qui aveva mai vinto, prendendo anzi tre gol in 12 minuti E al giovane Carosio debuttante in radio era mancata la voce
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