Urso: «Servono nuove regole» di M. Me

Urso: «Servono nuove regole» iL ViCEMiNIStRO; POSITIVO IL RUOLO DEI 21 Urso: «Servono nuove regole» infervista dall'inviato a CANCUN Adolfo Urso, viceministro conia delega per il commercio estero, ha partecipato a nome della presidenza di turno dell'Ue ai lunghi e tormentati negoziati di Cancun. A conferenza chiusa non dà un giudizio negativo sul Gruppo dei 21 e sottolinea la necessità di riformare l'Organizzazione mondiale del commercio. Quale è stata la genesi del fallimento, chi ne porta la maggiore responsabilità? «La genesi di ciò che è avvenuto è nella stessa struttura del Wto, un organismo cresciuto molto, forse troppo, che ha ampi poteri sanzionatoli ma che non ha ancora una struttura, dei meccanismi decisionali tali da poter consentire di prendere decisioni necessarie in tempo utile. Il Wto ha oggi al suo intemo 148 Paesi con delle differenze economiche, culturali e sociah profonde. Ed ognuno detiene il diritto di veto». Pensate al voto a maggioranza qualificata? «Non proprio. Pensiamo alla definizione di aree omogenee, come quella del Gruppo dei Ventuno, affinché il numero degli attori faciliti il dialogo e la comprensione. Potremmo inoltre trasformare le sedute mini-ministeriali che si svolgono ogni due mesi a Ginevra in organismo di tipo intermedio delegato a scioghere in quella sede alcuni problemi ed evitare così che l'Assemblea generale del Wto si trovi a dover decidere contemporaneamente su tutto, ingolfando i lavori». L'idea di ima riforma del Wto fa temere ai paesi in via di sviluppo che il Nord del mondo voglia cambiare le regole di un gioco che non controlla più? «Ragioniamo un momento. Seattle fu un fallimento. Doha è stata un successo ma eravamo in un clima di necessità subito dopo gli attacchi dell'I 1 settembre. Ora siamo ad un altro fallimento, anche se si tratta di un vertice di medio termine. Ci dobbiamo chiedere se c'è qualcosa che non va nella struttura del Wto». Il round di Doha è a rischio? «Sono a rischio i tempi. La scadenza fissata per completare i negoziato, il 1 gennaio 2005 adesso sembra irraggiungibile, potrebbe slittare. Abbiamo perso giorni preziosi, dobbiamo recuperare nelle prossime settimane, vedremo se vi saranno o meno i margini per farlo». Che opinione si è fatto del Gruppo dei Ventuno? «E' positivo che si sia manifestata una consapevolezza pohtica, una leadership nel Sud del mondo che sia guidata da paesi come il Brasile che hanno una cultura molto simile alla nostra, delle strutture democratiche radicate ed affidabili e quindi capacità e responsabilità per contribuire a questi organismi multilaterali. E' meglio avere interlocutori politici rappresentativi invece di una rappresentanza frammentata che rende impossibile arrivare in breve a decisioni comuni». La rottura è avvenuta sui «temi di Singapore» ma il dissenso più forte è stato sull'agricoltura. Non è un paradosso? «Forse può sembrarlo ma a ben vedere anche a Doha si rischiò il collasso sui "temi di Singapore". Allora fu l'India a non dare il proprio consenso ed a costringerci ad altre 36 ore di negoziati, concluse con la formula di rinviare il tutto a Cancun. Qui abbiamo falhto ma il nodo si era manifestato da tempo». Quali sono le responsabilità dell'Unione Europea, crede di aver commesso degli errori? «L'Unione Europea si era detta disponibile ad una flessibilità sui "temi di Singapore", la responsabilità del fallimento è di altri anche se non voghamo porre nessimo sul banco degli accusati. Pensiamo a costruire. L'Europa ha fatto il possibile». Resta il fatto che sull'agricoltura, che doveva essere il tema centrale, il negoziato non è neanche incominciato... «Forse avremmo fatto megho ad affrontare prima l'agricoltura e poi i "temi di Singapore"». [m. me]

Persone citate: Adolfo Urso, Urso