«Pintus ha fatto affari con il figlio di Milosevic» di Claudio Laugeri

«Pintus ha fatto affari con il figlio di Milosevic» MARINI ALLA VIGILIA DELL'AUDIZIONE DEL CROATO IN COMMISSIONE «Pintus ha fatto affari con il figlio di Milosevic» Claudio Laugeri LE dichiarazioni del faccendiere «pentito» Igor Marini arrivano ai media con una settimana di ritardo. Ma alla vigilia della prima udienza autunnale della Commissione parlamentare d'inchiesta su «Telekom Serbia». Nomi vecchi, circostanze nuove. Riguardano Curio Pintus (altro faccendiere in carcere a La Spezia con l'accusa di riciclaggio su richiesta della Procura di Reggio Calabria e oggi davanti alla Commissione d'inchiesta) e Marko Milosevic, figlio di Slobodan, ricercato in tutto il Mondo per associazione per delinquere, aggressione e reati finanziari. Curio e Marko sarebbero soci in affari, secondo Marini. Tanto da scambiarsi la carica di procuratore generale in due società: Milosevic nella «Curiopintus S- Co.» con sede nelle Isole Cayman, il faccendiere italiano in un'azienda intestata al figlio di Slobodan in un altro paradiso fiscale. Anche Marini e Pintus sarebbero stati in affari insieme. Il faccendiere {(pentito» era titolare della società «Jundor Trading», che lui stesso indica come destinataria di 120 milioni di dollari ricavati dalla ((plusvalenza» nella compravendita di «Telekom Serbia». Marini aveva acquistato la società, ma non aveva poteri decisionali, passati dal notaio Gianluca Boscaro a Pintus. La conoscenza tra i due e gli incontri legati ad affari condivisi spiegherebbero perché la «gola profonda» di «Telekom Serbia» custodisca tanti segreti. Codici, nomi e numeri di conto, qualche pagatore e alcuni destinatari: tutto fissato nella memoria ((fotografica» di Marini. E riversato nelle 170 ore di interrogatori tra Commissione parlamentare d'inchiesta, magistratura svizzera e italiana. Le ultime, nel carcere torinese de ((Le Vallette», dove ha affrontato confronti con altri ((indagati» e ((trappole» tese dal procuratore Marcello Maddalena e Roberto Furlan. Gli inquirenti non si sbilanciano sull'attendibilità di Marini, ma dubitano della sincerità di molti altri personaggi coinvolti nella vicenda. Come Thomas Mares, intestatario del conto ((Zara» della società ((Zara International», destinatario a suo dire di 120 milioni di dollari arrivati dalla Serbia. Mares nega. E rimane in carcere. Oggi, i giudici del Tribunale della Libertà decideranno se lasciarlo in cella. Lui si è difeso spiegando che sul conto «Zara» non sono mai transitati soldi. ((Avevo ricevuto l'incarico di "negoziare" una garanzia bancaria, ma non è stato possibile» ha detto ai magistrati. Lo stesso vale per Zoran Persen, ingegnere di origine croata e passaporto austrahano da qualcuno descritto come ((personaggio vicino a Milosevic» e coinvolto in un altro «affare» (mai concluso) da 50 milioni di dollari con Marini. Persen è in carcere a Novara e questa è l'unica certezza. L'ambasciata croata in Svizzera non giura sulla sua identità. E nemmeno sul suo passato. Lui, secondo voci non confermate, aveva l'inclinazione a farsi passare per altri, comportamento appreso in patria, forse addirittura nelle file dell'Udva, il servizio segreto dell'ex Jugoslavia. Il biglietto da visita, però, racconta tutt'altro: «director business development» e ((managing director» in altrettante società di Singapore. Finito in cella per bocca di Marini.

Luoghi citati: Jugoslavia, La Spezia, Novara, Serbia, Singapore, Svizzera, Zara