LA SINFONIETTA CELEBRA TAKEMITSU di Giangiorgio Satragni

LA SINFONIETTA CELEBRA TAKEMITSU SETTEMBRE MUSICA LA SINFONIETTA CELEBRA TAKEMITSU Giangiorgio Satragni L'importante rassegna che Torino Settembre Musica ha dedicato all'autore giapponese Tom Takemitsu si è chiusa con una formazione storicamente votata al contemporaneo, la London Sinfonietta, impegnata al Conservatorio sotto la guida del compositore Oliver Knussen. Lungo lo sviluppo della monografia si è passati dalTindentità di Takemitsu in rapporto con autori storici europei o con la tradizione nipponica all'intreccio della sua figura con autori successivi, lo stesso Paul Crossley che al Pohtecnico ha eseguito l'integrale pianistica. In maniera simile anche Knussen ha impostato i suoi programmi, non solo badando ai legami, ma pure giocando sui contrasti, certo mettendo al centro i punti di riferimento di Takemitsu. Nel primo concerto la grande suggestione acquatica dei suoi ultimi anni era presente in «Waterways», dove la melodia resta indefinita e il timbro diviene un elemento costruttivo come in Debussy, oppure in «Archipelago S», che rimanda sì ad arcipelaghi geografici, ma ne crea al tempo stesso di musicali, disponendo gh strumenti in isole, col fascino del suono che proviene da fonti diverse. E' un procedimento tipico della musica d'oggi, come tipiche della sperimentazione sono le modalità esecutive che Takemitsu in precedenza scelse per «Waves», i suoni frullati del clarinetto solo (Mark van der Wiel), il suono del trombone riflesso dalla membrana di un tamburo, quello del comò daldiscometalhco di un tam-tam. In mezzo stavano poi l'evidente struttura alla Webem e le suggestioni da Boulez in «Stanza 1», dove pure una voce femminile (Claire Booth) intona Wittgenstein, e appunto i contrasti e i legami. Se Takemitsu faceva leva sull'indistinto, Jo Kondo intende (dsthmus» come una scansione ritmica netta e ironicamente stravinskiana, e addirittura recupera in «An Elder's Hocket» gli incastri ritmici dell'hoquetus medievale. Knussen ha invece presentato di suo le suggestioni melodiche di «Songs without Voices», riallacciandosi all'ultimo Takemitsu assetato di melodia: anche una maniera per dire che il Novecento non è stato solo avanguardia pura.

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