La disperazione dei poveri gela i balletti degli accordi

La disperazione dei poveri gela i balletti degli accordi DE GUSTIBUS DISPUTANDUM EST La disperazione dei poveri gela i balletti degli accordi Carlo Petrlnl ASSISTIAMO al pericolare dei negoziati al vertice dell'Oi^ganizzazione Mondiale del Commercio di Cancun in attesa della sua conclusione, di quello che si preannuncia come il secondo clamoroso fallimento Wto dopo Seattle '99. Sono convinto che di queste giornate messicane, a fare storia, al di là delle questioni negoziah, resterà soprattutto un'immagine: il contadino coreano Lee Kyang Hae e la sua stilettata al cuore in diretta mediatica. Un coltellino svizzero nel petto, per un suicidio ingigantito dalla potenza di quelle immagini che hanno fatto Ù giro del globo e che non lasciano più spazio all'indifferenza verso le condizioni disperate di milioni di contadini del pianeta. La disperazione, nella vita dei contadini, è un elemento ben presente: profonda e ancestrale tanto che per me non è difficile rievocare i gesti estremi di tanti contadini di Langa del passato, in quel passato di fame e povertà che ha preceduto le note ricchezze enologiche attuali. Ci s'impiccava, ci si buttava «En tei pus» (nel pozzo), oppure «a Tanaro», lasciandosi prendere dalle acque del fiume. Oggi non accade praticamente più dalle mie parti, ma non posso dimenticare che sono anni che Vandana Shiva racconta e mi racconta di migliaia di contadini indiani che si suicidano ogni anno: più di seicento all'anno nella sola regione meridionale del Kamataka, dove i debiti causati dalle esportazioni sovvenzionate dei ricchi del mondo sono insostenibili, dove recentemente la rabbia dei contadini ha prevalso fino a fargli distruggere un ex centro di ricerca, ora deposito, della Monsanto. Lee Kyang Hae, nella sua lettera-testamento, ricorda: «Una volta sono accorso ad una casa in cui un contadino si era tolto la vita bevendo del veleno per i debiti che non poteva pagare. Non ho potuto fare altro che ascoltare le urla di dolore della moglie. Come ti sentiresti al mio posto?». Cose all'ordine del giorno nelle campagne coreane, dove i prodotti importati costano sei volte meno dei loro analoghi autoctoni. Ma sentir parlare di tutta questa disperazione, di que- ste morti, è una cosa: vederla in diretta a Cancun invece restituisce tutta la drammatica quotidianità di tante semplici vite contadine. Probabilmente mi sbaglierò ma, secondo me, il gesto di Lee Kyang Hae resterà come uno dei simboli di questo momento storico: una fase deheata in cui la questione contadina si rivela sempre più centrale e urgente, in barba a tante elucubrazioni sterili sulla globalizzazione dei mercati. Di Cancun - che forse ha ridimensionato pesantemente l'utilità del Wto -restano da registrare un dato importante e un'impressione. Prima di tutto il compattamento dei così detti G22 (o 21 o 23?), quelli che vengono definiti i paesi ex-sottosviluppati, neo potenze come Cina, India, Brasile e Messico, che portano in dote quLsi il 9007o della popolazione contadina del mondo. Il muso duro con cui hanno affrontato le pretese di Unione Europea e Stati Uniti è una presa di posizione forte come non mai, che davvero apre nuovi scenari e che prima o poi costringerà i paesi ricchi a fare clamorosi passi indietro. Questi Stati hanno tutto il diritto di cercare la via di sviluppo che più gli si addice e devo dire che (d'accordino» preventivo con cui Uè e Usa pensavano di risolvere l'appuntamento messicano fa una figura meschina di fronte a tanta sacrosanta determinazione. Sembrava che la partita dovesse giocarsi in uno scambio tra tutela dei prodotti tipici europei dalle contraffazioni da una parte e cauta accettazione degli ogm a stelle e strisce dall'altra: in realtà i nostri vini, prosciutti e formaggi stonano in maniera considerevole di fronte alla disperazione incarnata da Lee Kyang Hae. I lettori sanno bene qual è la nostra posizione in merito alla tutela del tipico e delle eccellenze alimentari, ma vien da pensare che forse un Chianti si difende da sé se è buono, che un Prosciutto di Parma non teme rivali se è fatto come si deve, che un Pecorino Sardo a confronto con il suo omonimo argentino non perdera mai la sfida della qualità. Se vogliamo sederci e contrattare sulla globalizzazione, cerchiamo di dare il giusto peso a quelli che sono i veri problemi: ora non se ne può proprio più fare a meno. Il suicidio del coreano Lee Kyang Hae resterà uno dei simboli di questa fase in cui la questione contadina si rivela centrale di fronte alle elucubrazioni sterili sulla globalizzazione dei mercati

Persone citate: Carlo Petrlnl, Vandana Shiva

Luoghi citati: Brasile, Cina, India, Messico, Seattle, Stati Uniti, Usa