«Quella notte alla Diaz polizia senza regole»

«Quella notte alla Diaz polizia senza regole» I DIRIGENTI ACCUSATI DI NON ESSERSI OPPOSTI ALLE VIOLENZE «AVENDONE L'OBBLIGO E IL POTERE» «Quella notte alla Diaz polizia senza regole» Per la procuraci Genovaxi sarebbero «gravi responsabilità» dei vertici documento Guido Ruotoio ROMA QUELLA drammatica notte alla Diaz-Pertini di Genova, tra il 21 e il 22 luglio del 2001, a leggere le «carte» della Procura di Genova si consumò un drammatico strappo democratico: le forze di polizia senza rispettare le regole, costruirono a tavolino false prove per giustificare i pestaggi e per arrestare (illegittimamente) i 93 noglobal che si trovavano all'interno della scuola. Di più, anche i livelli «apicali» delle forze di polizia presenti quella notte alla Diaz parteciparono a questo attentato alla democrazia. Lascia inquieti e perplessi la lettura dell'avviso agli indagati della conclusione delle indagini preliminari. Naturalmente, la lettura degli atti, ormai a disposizione degli indagati, consentirà una valutazione più approfondita degli indizi raccolti dagb inquirenti. Per valutare le ipotesi di accusa della Procura conviene comunque partire dai fatti, così come li hanno ricostruiti i pm titolari dell'inchiesta. E, in particolare, dall'irruzione nella scuola. Secondo gli inquirenti, furono gli uomini del comandante del I Reparto Mobile di Roma, Vincenzo Canterini, del suo vice, Michelangelo Foumier, degh otto capi squadra del Reparto, che «durante le fasi d'ingresso all'interno dell'istituto» provocarono gran parte delle «lesioni (molte delle quali gravi) a ottantasette» noglobal. Canterini, m particolare, «per assicurare a se stesso e ad altri pubbhci ufficiali l'impunità per i reati così commessi», attestò «fatti e circostanze non vere nella relazione di servizio al questore di Genova», sottolineando che prima di entrare nella scuola e anche all'interno dell'istituto incontrarono «una violenta resistenza da parte degli occupanti». Il sospetto ancora più grave degli inquirenti è che Canterini «determinava e rafforzava i diretti sottoposti, Nucera e Panzieri, ad attestare falsamente l'aggressione da parte di uno dei predetti indagati (noglobal, ndr), fermato ma successivamente non identificato, ai danni dell'agente Nucera che sarebbe stato attinto da una coltellata vibrata all'altezza del torace che avrebbe provocato lacerazioni alla divisa e al corpetto protettivo interno indossati dal medesimo agènte». Questo del falso accoltellamento è il primo dei due episodi di «prove» costruite a tavolino contestato agli uomini del I Reparto Mobile di Roma. Il secondo, riguarda il ritrovamento all'interno dell'istituto di due molotov. Episodio che, secondo l'ipotesi accusatoria degh inquirenti, sarebbe da attribuire al vicequestore aggiunto Pietro Troiani, «al comando di operatori appartenenti al Reparto Mobile non meglio identificati», e al suo autista. Michele Burgio. Troiani, in sostanza, «consegnava, per il tramite dell'assistente Burgio da lui all'uopo diretto, due bottiglie molotov a colleghi e funzio¬ nari di polizia superiori per grado, intenti alle operazioni di perquisizione e in particolare alla ricerca di armi». Le due molotov, erano state rinvenute «nel pomeriggio del 21 luglio del 2001, nelle adiacenze di Corso Italia». Dunque, l'individuazione di una parte degli autori dei pestaggi, della messinscena del falso accoltellamento e del ritrovamento delle due molotov dovrebbe rappresentare un punto fermo delle indagini genovesi. Ma l'inchiesta genovese va oltre, ritenendo di aver individuato gli strateghi di questo complotto nella catena di comando della Polizia presente alla Diaz. E se non proprio gli strateghi, comunque i responsabili per omesso controllo di ciò che è accaduto quella notte. Si tratta di Francesco Gratteri, Giovanni Luperi e Lorenzo Murgolo che, costituivano, «per posizione gerarchica assunta», «il livello apicale di riferimento per i diversi reparti ed uffici della Polizia di Stato concretamente presenti e impiegati nell'operazione». Va precisato che i tre dirigenti in questione non hanno firmato alcun atto relativo a quella notte, né la richiesta di fermo dei 93 noglobal né le relazioni di servizio, anche perché non l'avrebbero potuto fare non essendo autorità di polizia giudiziaria. Per loro, come del resto per i diversi funzionari e dirigenti che hanno sottoscritto quegli atti, l'accusa dovrà dimostrare «il dolo» nelle loro scelte, nei loro silenzi, nella abdicazione di ima funzione di controllo che gli viene contestata. A Gratteri, Luperi e Murgolo, «partecipando con funzioni di controllo e, comunque, per la qualità rivestita, di responsabilità di comando, all'organizzazione e alla conseguente esecuzione di una perquisizione» che si concludeva con «l'arresto in flagranza» di tutte le persone che si trovavano nell'edificio con l'accusa di «associazione per delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio, resistenza aggravata a pubblico ufficiale, possesso di congegni esplosivi ed armi improprie», «al fine di costruire un compendio probatorio a carico di tutti i predetti arrestati, nonché per giustificare la violenza usata nei confronti dei medesimi arrestati in occasione dell'irruzione all'interno dell'istituto e la causazione di lesioni alla quasi totalità di costoro», «attestavano fatti e circostanze non corrispondenti al vero». Insomma, essendo testimoni diretti di quello che stava accadendo, i tre dirigenti «determinavano e indicevano gh agenti e ufficiali di pg presenti, alcuni dei quali loro diretti sottoposti, materiali redattori e sottoscrittori degli atti sopra indicati, ad attestare falsamente, e comunque ne rafforzavano e agevolavano il proposito, non opponendosi, avendone l'obbligo e il potere, a che attestassero falsamente», la resistenza attiva e violenta dei noglobal, il ritrovamento di mazze, bastoni, picconi, spranghe, molotov, l'episodio dell'accoltellamento dell'agente Nucera. E, infine, con la loro condotta «incolpavano, sapendolo innocente, ciascuno dei predetti indagati (i noglobal, ndr)».

Luoghi citati: Burgio, Genova, Gratteri, Roma