Meno dazi e barriere, ma più aiuti alle imprese

Meno dazi e barriere, ma più aiuti alle imprese INVECE DI DIFENDERE PRODUZIONI A BASSO COSTO SAREBBE UTILE SPINGERE LE AZIENDE A PUNTARE SULL'ALTA TECNOLOGIA Meno dazi e barriere, ma più aiuti alle imprese Riccardo Viale OGGIGIORNO una vacca americana incassa 2 dollari di sussidi al giomo quando il reddito medio di un africano non arriva a tanto». Questo paradosso denunciato dai Paesi africani è esemphficativo dei molti problemi che si trova ad affrontare il vertice della Wto (Organizzazione Mondiale del Commercio) in via di svolgimento in questi giorni a Cancun. Il commercio intemazionale oggigiorno si trova più imbrigliato di quello dell'inizio del secolo scorso. Stati Uniti, Europa e Giappone sono prigionieri delle varie lobbies agricole ed industriali che vedono nella libertà di commercio un pericolo alle loro rendite di posizione. I sussidi agricoli nel Nord del mondo hanno toccato 311 miliardi di dollari, sei volte più degh aiuti ai Paesi poveri. I Paesi ricchi applicano tariffe alle importazioni di beni dai Paesi poveri quattro o cinque volte superiori a quelle fra di loro. Queste tariffe costano 27 milioni di posti di lavoro solo nel settore tessile. Per ogni posto di lavoro salvato nei Paesi industrializzati ne vengono persi 35 nei Paesi del Terzo Mondo. Se questi dati sono emblematici ancora più perversa è la logica protezionistica che ne è alla base. Le tariffe sono basse sulle materie grezze e crescono progressivamente con lo sviluppo del manufatto. Ciò ha portato molti Paesi a bloccare i processi di industriahzzazione ed a limitare l'esportazione soltanto a poche materie grezze come i semi di cacao per il Ghana e la Costa d'Avorio p il cotone grezzo per il Mali ed il Burkina Faso. Questo comportamento dei governi occidentah non fa che impoverire i Paesi del Terzo Mondo oltre cbe le tasche dei suoi cittadini, sia per il costo dei sussidi, sia per quello derivante dai prezzi mantenuti artificialmente alti dalle barriere tariffarie. D'altra parte in questo gioco a somma negativa anche i Paesi poveri fanno la loro parte. Le barriere tariffarie nel commercio fra Paesi poveri sono, ancora.più altesda quattro a otto volte di quelle apphcate dai governi occidentah. Ciò è particolarmente grave se si pensa che ben il 70 per cento del commercio di,qviei,Paesi avviene tra loro. A Doba, capitale del Qatar, nel novembre 2001 i negoziati multilaterali avevano messo in luce la gravità dei problemi e le possibili vie d'uscita. Un recente studio della Banca Mondiale ha valutato come alcune misure di riduzione tariffaria nei Paesi ricchi e poveri proposte a Doba accrescereb- be entro il 2015 il reddito globale di 520 miliardi di dollari di cui ben due terzi andrebbero ai Paesi del Terzo Mondo. Ciò significherebbe far uscire dallo stato di povertà ben 140 milioni di persone. Cancun avrebbe dovuto rappresentare un reale passo in avanti in questa direzione. La sua preparazione però sembra non alimentare molte speranze. Nei Paesi ricchi vi è il desiderio non troppo nascosto di abbandonare il modello dei negoziati multilaterali. Le pressioni inteme delle lobbies agricole ed industriali sembrano più addomesticabili con una politica di negoziati bilaterali in cui individuare delle misure ad hoc adatte per ogni singolo caso. Ciò significherebbe il fallimento della Wto con conseguenze devastanti in molti altri settori come la politica degh investimenti, del lavoro, della tutela della proprietà intellettuale, eccetera eccetera. I segnali positivi che sono emersi negli ultimi mesi come l'accordo per l'importazione a basso costo di farmaci per combattere alcune piaghe come l'Aids nei Paesi in via di sviluppo o la proposta di Stati Uniti ed Europa per liberalizzare il commercio agricolo sembrano più artifizi retorici che reali passi in avanti. I Paesi occidentali e l'Italia fra essi devono cominciare a considerare seriamente cosa pesa di più sul piatto della bilancia dell'interesse pubblico. Ad esempio, è meglio liberalizzare l'importazione di pomodori dai Paesi in via di sviluppo o essere costretti ad importare clandestini che vengono utilizzati nella raccolta dei pomodori nostrani? In definitiva è preferibile cercare di rafforzare il sistema produttivo e la capacità commerciale dei Paesi poveri, andando contro gli interessi deUe nostre lobbies o proteggere le nostre produzioni ad alto costo stimolando l'im. migrazione selvaggia e il disagio sociale derivante? La risposta a questa domanda introduce un altro problema cruciale. Per quanto tempo il nostro Paese potrà ancora essere competitivo in produzioni a basso valore aggiunto e bassa tecnologia senza creare degh steccati protezionistici discutibili quanto aleatori verso le produzioni a basso costo dei Paesi in via di sviluppo? Non sarebbe meglio elaborare misure di incentivazione fiscale e finanziaria per aiutare il sistema delle nostre imprese, piccole e medie, a diversificare la produzione verso settori a più alta tecnologia e maggior valore aggiunto? presidente Fondazione Rosselli E meglio rafforzare il sistema produttivo dei paesi più poveri piuttosto che farei conti con l'immigrazione illegale

Persone citate: Riccardo Viale