«Ora finalmente vedremo i verbali» di Guido Ruotolo

«Ora finalmente vedremo i verbali» «Ora finalmente vedremo i verbali» Il Viminale: qualche accusato potrebbe chiedere un confronto analisi Guido Ruotolo ROMA LA prima reazione ai piani alti del Viminale alla notizia della chiusura dell'indagine della Procura di Genova sui fatti del G8, sui pestaggi alla Diaz e alla caserma di Bolzaneto, è un sospiro di sollievo: «Ora finalmente potremo vedere le carte». Il seguito della reazione è un annuncio che potrebbe essere foriero di novità non di poco conto: «Dopo aver letto le carte - spiegano al Viminale -, qualcuno degli indagati potrebbe cbledere un confronto con altri, altri ancora potrebbero decidere di farsi interrogare e infine potrebbero essere depositate delle memorie difensive». Insomma, la reazione del Viminale è di attesa, fiduciosa che «la verità venga ristabilita» e, soprattutto, non è quella di una difesa d'ufficio di tutti gli indagati. Anzi, al Viminale sono consapevoli che per quei fatti, per i pestaggi alla Diaz e alla caserma di Bolzaneto, «andranno perseguiti i colpevoli». E, dùnque, che soltanto adesso, sulla base della conoscenza delle «carte», e cioè degli indizi di colpevolezza ipotizzati dai pm, gli indagati potranno difendersi meglio. Una reazione prevedibile, confermata anche dalle parole del ministro dell'Interno, Bep¬ pe Pisanu, che commentando la notizia di Genova ha detto: «La polizia italiana è cosi sana che può serenamente affrontare qualsiasi giudizio e, se sarà necessario, prendere tranquillamente le decisioni di carattere amministrativo che un evenutale giudizio della magistratura rendesse opportune». Una doccia fredda per chi già ipotizzava sospensioni dal servizio nei confronti dei funzionari e dei dirigenti indagati. Semmai, conferma il ministro Pisanu, questo è un tema che si affronterà al momento del giudizio, al processo. Naturalmente, al di là del clima «sereno», l'annuncio di Genova per il Viminale è una conferma di una «tesi accusatoria» abbracciata dalla Procura sin dal primo momento, e cioè - soffermandoci solo sull'episodio del pestaggio e dell'arresto di 93 «presunti black bloc» ospitati alla scuola Diaz-Pascoli - che quell'operazione di polizia giudiziaria era stata pianificata dai massimi vertici della Polizia presenti sul posto: l'allora direttore dell'Antiterrorismo, Arnaldo La Barbera (morto un anno fa), il suo vice Gianni Luperi, l'allora direttore dello Sco, Francesco Gratteri e il suo vice, Gilberto Caldarozzi. Forse, nelle prime fasi delle indagini, la Procura di Genova ipotizzò anche una responsabilità del Capo della Polizia, Gianni De Gennaro, tesi poi abbandonata subito. A questo impianto accusatorio la procura di Genova sem¬ bra restare fedele dopo due anni di indagini. Nei confronti di Gratteri - oggi a capo dell'Antiterrorismo -, di Luperi - diventato nel frattempo responsabile del settore analisi dell'Antiterrorismo -, e di Caldarozzi (oltre che dell'allora dirigente della Digos di Bologna, Murgolo) vengono contestati i reati di abuso d'ufficio, di calunnia e di falso con una ipotesi che lascia «perplessi» i vertici del Viminale. In sostanza, Gratteri, Luperi, Caldarozzi e Murgolo poiché avevano ruoli di responsabilità e si trovavano alla Diaz dm-ante l'irruzione, non potevano non essersi resi conto di ciò che stava accadendo. Non l'hanno impedito e, anzi, sapendo quello che era successo non si sono opposti all'arresto dei 93 noglobal (Caldarozzi è l'unico dei quattro che ha firmato, insieme ad altri, l'atto di fermo). Una tesi che non solo lascia «perplessi» ma che viene contestata alla radice: «Intanto spiegano al Viminale - si deve dimostrare che i quattro dirigenti sapessero effettivamente quello che stava dietro a ciò che stava accadendo alla Diaz». E cioè che sia il ritrova¬ mento delle due molotov all'interno della scuola che la denuncia di un tentativo di accoltellamento di un poliziotto (Massimo Nucera) in realtà erano due episodi costruiti a tavolino, per giustificare i pestaggi. Le due molotov, infatti, erano state ritrovate quel pomeriggio: secondo quanto emerso dalle indagini, fu il vicequestore Massimo Troiani, ex del Reparto Mobile poi agli Affari generali del Viminale, che diede ordine al suo autista, Antonio Burgio, di portare quelle due molotov all'interno della scuola. E anche l'episodio Nucera, anche lui in forza al reparto Mobile di Roma, rientrerebbe nel tentativo di costruire prove «false» per giustificare la violenza dei pestaggi. Una violenza per la quale sono stati indagati, tra gli altri, il capo del Reparto Mobile di Roma, Vincenzo Canterini, e il suo vice, Michelangelo Fournier. Adesso, dunque, le «carte» della Procura di Genova saran¬ no a disposizione degli indagati, che potranno replicare alle accuse. Poi, spetterà ai pm formulare una richiesta di rinvio a giudizio, a un gip valutarle e decidere quali indagati dovranno difendersi al processo. La «serenità» ostentata in queste ore dai vertici del Viminale, dallo stesso ministro dell'Interno, Beppe Pisanu, nasconde anche una certa irritazione: «I magistrati di Genova non sanno che la polizia di sicurezza non può rispondere dei comportamenti della polizia giudiziaria. E quella alla Diaz era un'operazione di pg. Del resto - è lo sfogo raccolto al Viminale - anche a Bologna la Procura ha chiesto l'archiviazione dei dirigenti dell'Antiterrorismo per la mancata scorta al professore Biagi, Contemporaneamente, però, ha voluto contestare le metodologie e l'organizzazione del lavoro dei nostri uffici». Come dire, la «serenità» in queste ore si accompagna all'amarezza.