Il DNA somiglia più a un tubo che a una collana

Il DNA somiglia più a un tubo che a una collana Il DNA somiglia più a un tubo che a una collana SCOPERTA DI RICERCATORI ITALIANI SPIEGA LE FORZE IN GIOCO NELL'INCAPSULAMENTO DEL GENOMA VIRALE NEI BATTERI M OLTE deUe nozioni tradizionali sul comportamento fisico di biomplecole - proteme, DNA ed RNA - sono state rivoluzionate negU ultimi anni daUa nuova generazione di esperimenti "a singola molecola". Utilizzando queste tecniche d'avanguardia, U gruppo di Carlos Bustamante, a Berkeley, ha investigato come alcuni virus (in particolare U batteriofago phi29) riescano ad immagazzinare al loro interno U filamento di DNA con cui infettano i batteri. L'incapsulamento del genoma virale è prodotto da un potente motore molecolare (costituito da proteine) posto aUa base del virus. Utihzzando deUe "pinzette laser" gU sperimentatori hanno ripetutamente bloccato U motore e ne hanno quindi misurato la forza svUuppata che, su scala molecolare, è risultata enorme. Per avere un raffronto deUa pressione esistente aU'intemo del virus, basti pensare che, scalato aUe nostre dimensioni, U processo di caricamento del DNA può essere analogo a costringere un tubo lungo 20 chUometri e spesso 5 centimetri in una bidone cilindrico con 1 metro di raggio e alto 2 metri. La forza che il motore molecolare deve vincere per inserire tutto U DNA è paragonale a quella richiesta a un uomo per soUevare un Boeing 747. La pressione del genoma confinato viene poi liberata dal virus nel momento in cui, attaccandosi al batterio, vi inietta U DNA. L'elevato valore deUa forza è un risultato del tutto inatteso per i fisici e i biofìsici teorici, che tradizionalmente semplificano la descrizione del DNA assimilandone la successione di basi ad un fìlo di perle resistente aUa curvatura. A questa rigidità di curvatura, nonché aU'autorepulsione elettrostatica del DNA, si imputava tutta la resistenza del DNA ad essere confinato nello spazio angusto deUe capsule viraU. Il raffronto con i dati sperimentali ha rivelato che tah fattori rendevano conto al massimo di un quarto del lavoro e deUa forza di compressione osservati sperimentalmente. La grossolana discrepanza segnalava che U modeUo teorico tradizionale dovesse essere migUorato. La ricerca dell'ingrediente mancante è stata recentemente intrapresa da due ricercatori itahani, Davide Marenduzzo deUUniversità di Oxford e Cristian Micheletti deUa SISSA di Trieste, entrambi membri deU'Istituto Nazionale di Fisica deUa Materia. Basandosi su una serie di studi già realizzati nel campo deUe proteine, essi hanno osservato che U modeUo del DNA a "fìlo sottile" non teneva adeguatamente conto deUo spessore non trascurabile del DNA, che risulta molto più grande (circa otto volte) deUa separazione deUe basi neUa doppia eUca. Ipotizzando che quindi U DNA fosse megho rappresentato come un "tubo spesso" anziché da una coUana di perline, i ricercatori ne hanno caratterizzato le proprietà usando sia tecniche matematiche sia simulazioni al computer. I risultati hanno confermato l'attesa intuitiva che per "impacchettare" un tubo molto grosso è necessario uno sforzo superiore rispetto al caso deUa "coUana di perle". Il risultato sorprendente, di imminente pubblicazione suUa rivista americana «Journal of Molecular Biology», è che questa forza ulteriore è così grande da rendere conto precisamente deUa forza residua osservata negli esperimenti e prima non spiegata teoricamente. [ts. t.l

Persone citate: Cristian Micheletti, Davide Marenduzzo

Luoghi citati: Berkeley, Oxford, Trieste