«Un errore la nostra politica a Baghdad» di Paolo Mastrolilli

«Un errore la nostra politica a Baghdad» L'EXCOMANDANTE NATO VINCITORE DI MILOSEVIC E PROBABILE CANDIDATO PRESIDENZIALE «Un errore la nostra poliytica a Baghdad» Il generale Clark: ma parlare agli americani era un dovere intervista Paolo Mastrolilli NEW YORK PARLA già da candidato presidenziale il generale Wesley Clark: «La pohtica americana in Iraq verrà vista sempre di più come un errore». Risponde al telefono con l'abituale gentilezza, ma avverte che ha fretta, perché il tempo a disposizione nelle sue giornate si sta facendo sempre più stretto. Tutta l'America sa che l'ex comandante supremo della Nato, vincitore di Slobodan Milosevic senza sacrificare neppure la vita di un soldato, sta meditando da mesi il grande passo: il 19 settembre ha in programma un discorso nello lowa, e per quella data dovrebbe dire al Paese se tra i democratici determinati a scalzare George Bush c'è pure lui. Domenica sera, quindi, non si è messo davanti alla televisione come un cittadino qualunque o un ex militare, ma come un potenziale pohtico che medita di stare dall'altra parte del podio presidenziale tra poco più di un anno. Che impressione le ha fatto il discorso del capo della Casa Bianca? «Spiegare agli americani i costi elevati di questo intervento, tanto dal punto di vista umano quanto da quello economico, era un dovere necessario da molto tempo. Allo stesso modo, era necessario ricorrere all'Onu per intemazionalizzare la crisi già parecchi mesi fa. Ora il problema è capire se stiamo compiendo questo passo nella maniera giusta, dopo gli attriti avvenuti prima del conflitto, e se basterà a risolvere i nostri problemi, al punto in cui sono arrivati». Il Presidente ha chiesto agli americani dì investire altri 87 miliardi di dollari per la stabilizzazione e la ricostruzione di Iraq e Afghanistan, sullo sfondo di un deficit di bilancio che secondo le stime del Congresso sfiorerà la soglia dei 500 miliardi di dollari l'anno prossimo. Spendere tutti quei soldi in Iraq, mantenendo le riduzioni fiscali per mille e trecento miliardi di dollari volute da Bush, significherà molto probabilmente ridurre gh investimenti sul piano interno, dalla scuola alla sanità, dalle pensioni alle sovvenzioni per le medicine. Gh americani, secondo lei, sono pronti a fare questo nuovo sacrificio? «Per il momento sì, anche perché non abbiamo molte alternative: il fallimento in Iraq non è un'opzione che possiamo considerare. Con il tempo, però, i risultati determineranno la reazione del pubblico. Se saranno negativi, sul piano intemazionale o su quello intemo, probabilmente ci saranno ripercussioni politiche domestiche». Il capo della Casa Bianca ha chiesto ai Paesi membri dell' Onu di assumersi le loro responsabilità, perché la crisi in Iraq è un problema che ormai riguarda tutto il mondo civile. Secondo molti analisti questa è un'inversione di rottaa 180 gradi per l'Amministrazione, che a marzo aveva deciso di andare in guerra senza l'autorizzazione del Consigho di Sicurezza. Lei, che per anni ha interagito con gh alleati europei a Bruxelles, ma è andato in Kosovo senza chiedere il permesso all'Onu, cosa ne pensa? «Io credo che nel prossimo futuro la nostra politica in Iraq, e in particolare il modo in cui ci siamo avvicinati al conflitto, verrà vista sempre di più come un errore». Il Presidente ha collegato l'occupazione in Iraq e la presenza in Afghanistan alla guerra al terrorismo, dicendo che sta combattendo i nemici sul loro terreno per evitare di doverli affrontare ancora sul suolo americano. Gh attentati dell'I 1 settembre, però, furono organizzati nell'arco di due o tre anni da una ventina di persone, più gh appoggi estemi, spendendo forse meno di 500 mila dollari. Come può essere sicura l'Amministrazione che AI Qaeda, mentre fa saltare bombe in Iraq, non stia preparando anche qualche nuovo attacco contro gh Stati Uniti, impiegando pochi uomini infiltrati già da tempo? «Non può esserne sicura, appunto. E questo è uno dei problemi strategici principali collegati al grande impiego di uomini e risorse in Iraq». Secondo gli ultimi sondaggi la popolarità di Bush sta calando. Pochi giorni fa lei ha confermato la sua affiliazione al partito democratico e tutti sanno che potrebbe annunciare la candidatura presidenziale nel giro di pochi giorni. Le parole che ha sentito domenica sera dal capo della Casa Bianca hanno rafforzato o indebolito 1 suoi propositi pohtici? «Sto valutando da mesi l'idea di candidarmi alle elezioni presidenziah, e naturalmente le questioni relative alla sicurezza nazionale sono un elemento molto importante di questa scelta. Come ho promesso, m breve tempo conóscerete la mia decisione». Il generale Wesley Clark

Persone citate: Bush, George Bush, Slobodan Milosevic, Wesley Clark