Bush: ci vuole pazienza per sconfiggere il terrore di Maurizio Molinari

Bush: ci vuole pazienza per sconfiggere il terrore IL PRESIDENTE AMERICANO HA CHIESTO FONDI PER LA RICOSTRUZIONE E INVOCATO UN ACCORDO ALL'ONU Bush: ci vuole pazienza per sconfiggere il terrore Un nuovo nastro di Al Qaeda: «Attaccheremo in modo devastante» Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK Pazienza e determinazione per sconfiggere la guerriglia, spendere «quanto necessario» per ricostruire l'Iraq ed un accordo all' Onu per garantire la sicurezza nel dopo-guerra. Incalzato da sondaggi che danno la sua popolarità in calo - per Time è al 52 per cento, per la Cbs al 46, per Zogby al 45 il presidente americano, George W. Bush, si è rivolto alla nazione per la prima volta da quando sul ponte della portaerei «Uss Lincoln» dichiarò la fine delle maggiori ostilità in Iraq. «La nostra strategia in Iraq ha tre obiettivi - ha detto parlando dalla Casa Bianca - distruggere i terroristi, ottenere il sostegno delle altre nazioni per un libero Iraq ed aiutare gli iracheni ad assumersi la responsabilità per la loro difesa ed il loro futuro». Il discorso di quindici minuti pronunciato quando in Italia erano le 2 del mattino di oggi è servito per rilanciare l'immagine del presidente come «comandante in capo». «Gli Stati Uniti sono un Paese in guerra con il terrorismo e l'Iraq adesso è Io scenario centrale di questa guerra, i nemici della libertà stanno disperatamente tentan- ' do di insediarsi lì, ma- devono essere sconfitti, ciò avrà, bisogno di tempp-e^saerificoif ha detto il presidente, sottolineando che i soldati americani si battono contro persone «nemiche della libertà e della civilizzazione». Ed invitando alla pazienza: fDue anni fa dissi al Congresso ed al Paese che la guerra sarebbe stata lunga, di tipo differente, combattuta in molti luoghi e su molti fronti». L'imminente secondo anniversario degli attacchi dell'I 1 settembre - celebrato da un serial tv iniziato quasi in contemporanea con il discorso alla nazione - è la cornice nella quale Bush ha ricordato che la campagna irachena è stata decisa per rendere (d'America più sicura» e che adesso la sfida della ricostruzione è ostacolata da un'alleanza fra ex miliziani di Saddam e terroristi di Al Qaeda, uniti nel desiderio di bloccare il cammino verso la democrazia a Baghdad. Per rispondere da un lato ai dubbi sollevati dallo stillicidio di soldati morti o feriti e dall'altro alle critiche lanciate dai nove democratici in corsa per le presidenziali del 2004, Bush ha disegnato la strategia dei prossimi mesi chiedendo agli americani di non avere fretta nel ritiro dei soldati dall'Iraq e lanciando al Congresso una sfida da decine di miliardi di dollari: «Spenderemo quanto sarà necessario per ottenere la vittoria nella guerra al terrore, per promuovere la libertà e rendere la nazione più sicura». In questa cornice la proposta di risoluzione Onu per consentire l'invio di contingenti di altri Paesi in Iraq è la decisione che Bush presenta come gesto di dialogo per superare la divisioni avute durante la lunga crisi: «Ci aspettiamo dai partner un contrihuto fra i 10 e 15 mila soldati» ha dichiarato il Segretario di Stato Colin Powell, confermando che Washington guarda a Turchia, India, Pakistan e Balgladesh come ai più probabili fornitori di contingenti. «Non credo che Francia e Germania invieranno dei soldati quali che siano le clausole del testo che saranno concordate all'Onu» ha sottolineato. Sul Medio Oriente Bush ha aggiunto: «Può diventare un luogo di progresso e pace oppure da dove si esporta terrore che miete vite americane e di altri Paesi». Nelle ore precedenti al discorso si è avuta notizia da Baghdad del lancio di due missili a spalla avvenuto sabato - contro un aereo da trasporto americano C-140 dopo il decollo dall'aeroporto della città. A Najaf intanto si respira un'aria di crescente tensione. Nella città dove è stato assassinato il grande ayatollab sciita Mohammed al-Hakim gli sciiti si sono armati e le nuove milizie pattugliano alcuni quartieri e moschee. I comandi americani ieri hanno fatto sapere ai leader locali che ciò non può essere tollerato e che «entro sabato tutto le armi dovranno essere consegnate». In caso contrario si «procederà all'arresto» di chi ne sarà trovato in possesso. «Non obbediremo che ad Allah» è stata la risposta di alcuni capi clan locali. E' la prima volta che, dalla caduta del regime di Saddam, si profila una situazione di attrito fra il comando della coalizione e gli sciiti, che costituiscono il 65 per cento della popolazione. Primo discorso alla nazione da quando dichiarò la fine delle ostilità: «Gli Stati Uniti sono un Paese in guerra» Il segretario americano alla Difesa, Donald Rumsfeld, durante l'incontro di ieri con il primo ministro afghano Hamid Karzai

Persone citate: Bush, Colin Powell, Donald Rumsfeld, George W. Bush, Hamid Karzai, Zogby